giovanni angelo becciu
Franca Giansoldati per www.ilmattino.it
Sorpresa. L'udienza in Vaticano del processo del secolo slitta ancora: dal primo di dicembre passa al 14 dicembre. Le motivazioni di questo nuovo rinvio si conosceranno solo nei prossimi giorni, intanto la notizia sta rimbalzando in Vaticano ed è motivo di stupore poiché Papa Francesco aveva dato un preciso compito ai suoi magistrati: fate presto. E così il maxi processo che vede imputati finanzieri, funzionari vaticani, monsignori e anche un cardinale – Angelo Becciu – coinvolti nella pasticciata operazione dell'acquisto del palazzo di Londra rischia davvero di andare alle calende greche.
giovanni angelo becciu papa francesco bergoglio
Un po' come temeva il presidente del Tribunale, Giuseppe Pignatone che, la volta scorsa, aprendo i lavori in aula, si era lasciato sfuggire una frase sibillina: «Ci vuole ancora tempo per cominciare, se riusciremo a cominciare». Si riferiva al fatto che il processo non può partire fino a quando i pm non avranno depositato tutti gli atti. «Non si possono cominciare a esaminare le questioni di questo processo se la difesa non avrà una conoscenza completa degli atti». Il punto nodale, infatti, è costituito dalle prove in mano alla difesa che sono mancanti, carenti e persino dubbie. «Troppi omissis».
giuseppe pignatone 1
Che sullo sfondo di questo caso complicatissimo si stesse delineando una guerra di posizioni tra il Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi e il Presidente del Tribunale, Giuseppe Pignatone era sembrato chiaro già all'inizio, quando il Promotore di Giustizia non aveva rispettato i termini di consegna delle prove, rifiutandosi di depositarle per supposte ragioni di privacy. Cosa che poi ha fatto in seguito, fino al nuovo stop, stavolta determinato dall'alzata di scudi di tutti gli avvocati degli imputati. In blocco i legali hanno denunciato l'impossibilità di celebrare un giusto processo in Vaticano.
ALESSANDRO DIDDI
In particolare, tra i punti che dovrà chiarire il 14 dicembre il Tribunale, c'è il ruolo del Papa visto che l'avvocato Luigi Panella, difensore del finanziere Enrico Crasso, ha evidenziato come nelle prove audio-video depositate (in ritardo) dal Promotore di Giustizia mancherebbero le frasi di Papa Francesco, come si sembrerebbe dall'interrogatorio fatto in aprile da Diddi a monsignor Alberto Perlasca, ex responsabile dell'ufficio vaticano e curatore dell'acquisto del palazzo, ma la cui posizione processuale è stata archiviata probabilmente in virtù della sua collaborazione con l'accusa.
fabrizio tirabassi enrico crasso gianluigi torzi
Secondo l'avvocato di Crasso il Papa resta un testimone cardine dell’accusa e come tale andrebbe sentito in aula anche se le supposte dichiarazioni di Francesco non siano state depositate e messe agli atti. «Il codice italiano del 1913 che vige in Vaticano non ammette che il Monarca possa essere sentito. I promotori dicono loro stessi di averlo fatto» aveva detto Panella.
A giudicare dallo scontro sotterraneo in atto tra accusa e difesa sarà il Presidente Pignatone, a dover spiegare come procedere da ora in avanti. Lo avrebbe fatto in aula già il primo dicembre, se non avesse deciso di far slittare tutto al 14 dicembre. In ogni caso se Pignatone dovesse dare ragione all'avvocato Luigi Panella forse il processo potrebbe pure saltare. Chissà.
ENRICO CRASSO
Mentre se decidesse di confermare la versione del Promotore di Giustizia Diddi (il quale avrebbe tirato in ballo il Papa durante l'interrogatorio di Perlasca solo per citare un passaggio di una intervista papale ai giornalisti) è scontato che sul terreno resterebbero ombre e sospetti. Elementi che naturalmente non gioverebbero a dare una immagine credibile alla giustizia vaticana già sotto l'esame dell'Europa di Moneyval. Oltre che del mondo intero.
ALBERTO PERLASCA