Flavio Vanetti per corriere.it
SOFIA GOGGIA
«Esaminata» da un astrofisico, sulla base di uno studio che risale al 1997. Sofia Goggia ha partecipato a un podcast organizzato dalla Red Bull e ha avuto modo di raccontare aspetti inediti della sua personalità e anche della sua vita: un «viaggio» particolare, che Luca Perri, lo scienziato conduttore, ha affrontato «passando dal guardare l’universo con il naso all’insù alla navigazione nelle profondità della mente».
Assieme a Sofia sono stati intervistati altri 11 tra atleti e atlete di alto livello, tutti appartenenti alla scuderia di sportivi seguita dal gruppo di Dietrich Mateschitz. Tutto prende le mosse – così ci racconta Perri, che tra l’altro è bergamasco come la campionessa azzurra – da «Experimental generation of interpersonal closeness».
staffelli goggia tapiro d'oro
Era un test basato su 36 domande formulate per creare a tavolino intimità fra due persone. Il suo ideatore, lo psicologo Arthur Aron della Stony Brook University di New York, voleva scoprire se due soggetti, dopo che si erano posti a vicenda queste domande, si sarebbero sentiti più vicini, e se fra loro sarebbe nato un legame più diretto e intimo.
Sembra paradossale che sia stato coinvolto un uomo che si occupa di galassie, stelle e altre realtà del cosmo, ma a pensarci bene non è poi così assurdo: «Che cosa fa un astrofisico quando cerca una risposta? Rivolge lo sguardo lontano, anzi lontanissimo, a centinaia di migliaia, se non a milioni, di anni luce da sé. Ed è esattamente quello che ho fatto quando il mio sguardo è caduto sul mondo dello sport, davvero quanto di più distante ci possa essere dalla mia persona».
Un (piccolo) rimpianto
BRIGNONE GOGGIA QUARIO
Il racconto è molto articolato e tocca vari temi: dalla sua trama è bene estrapolare alcuni passaggi suddividendoli per argomenti. Il punto di partenza è uno sguardo al passato: Sofia rifarebbe tutto? Non precisamente. «Sceglierei ancora questa carriera, ma forse cambierei il mio percorso e mi metterei prima a fare preparazione pre-sciistica, cosa che invece non ho mai fatto quando ero piccola. Vengo da una famiglia che non ha alcun imprinting culturale sportivo e la carriera sarebbe magari ancora più vincente e costellata di meno infortuni... Però a dire la verità gli infortuni mi hanno sì tolto dalle gare, ma mi hanno anche dato una forza interiore incredibile».
Una furia fin dalla nascita
goggia
Perché Sofia ha una carica agonistica tanto alta? Perché è nel suo Dna: «Mia mamma mi ha sempre descritta come una furia: sono uscita dalla sua pancia che già piangevo e come dice lei tiravo giù le tende. Sono sempre stata una bambina molto solare e con tante passioni, ma la voglia di vincere ha prevalso su tutto.
La mia forza interiore è la cosa di cui sono più grata alla vita perché è stato il mio aiuto più grande, anche se in realtà devo ancora scoprire il suo massimo potenziale. Quando ho capito di poter diventare una campionessa? Non c’è stato un momento preciso: credo che questa sia una convinzione innata».
Il maestro di sci
Foppolo (precisazione del bergamasco Perri: «Non deriva da “foppare”, che nel nostro dialetto vuol dire anche vomitare, ma da “foppa”, che significa conca») è il luogo in cui è cominciata l’avventura sulle nevi di Sofia Goggia e dove la futura campionessa ha conosciuto Nicola, il primo maestro.
sofia goggia
«Gli devo tantissimo: mi ha forgiato perché è stato sia insegnante sia educatore: mi ha trasmesso la fame, con il significato di voler aver fame e voler essere affamati. Questo si è tradotto nel desiderio di vincere la competizione, mi ha insegnato la disciplina, mi ha insegnato tutto…».
Gli affetti di una vita
Una volta scoperte le origini della passione, è fondamentale comprendere quali altri elementi hanno partecipato a far diventare Sofia la persona che è oggi. «La fortuna della mia vita è di avere avuto e di avere ancora una famiglia che mi supporta e soprattutto il fatto di aver avuto una volontà che mi ha tirato fuori da buchi neri incredibili...
Ho due o tre persone a cui voglio veramente bene: sono sostanzialmente le persone con cui sono cresciuta. Il mitico Ferdi (Nicolò) lo amo come se fosse un fratello; poi ecco la mia migliore amica, la dottoressa Federica che era una compagna sia mia sia di Ferdi ai tempi del liceo. Le voglio bene come se fosse una mia sorella»
A ritroso sì, ma solo per Belle
sofia goggia
È noto l’amore di Sofia per Belle, un pastore australiano che ha rimpiazzato il precedente cane di famiglia, un setter morto all’età di 17 anni. Ma nel podcast spiega come questo legame con l’animale, che qualche volta ha fatto capolino perfino sui podi della Coppa del Mondo, sia speciale: «Se potessi tornare indietro, ripeterei il momento in cui sono andata a ritirare Belle: aveva due mesi e mezzo… Rivivrei un po’ la gioia di avere un cucciolo in casa, il mio cane per me costituisce un mondo. Amo tantissimo Belle, forse rivivrei un po’ il suo tempo quando era cucciolo».
La sfida dell’amore
A proposito di affetti e di questioni di cuore. Sofia Goggia ammette che il tema è un po’ complicato per lei, almeno per le esperienze attraverso le quali è fin qui passata: «Che ruolo gioca l’amore nella mia vita? Allora, non ho avuto tante relazioni. Anzi, ne ho avuta una e pensavo fosse amore; invece mi ha distrutto. Sono sempre alla ricerca di amore, soprattutto di amor proprio, l’amore per me stessa, e cerco di sperimentarlo il più possibile… So che la mia sfida al di fuori delle gare di sci è proprio quella».
Compleanno e crisi
sofia goggia
Anche una campionessa capace di essere decisa ha i suoi momenti di debolezza. Della sciatrice Sofia Goggia conosciamo i momenti di «up» e di «down», oltre alle circostanze in cui ha versato lacrime (per le conseguenze degli infortuni, prima di tutto).
Ma in questa occasione la sciatrice fredda e vincente svela un cedimento di ordine umano e personale: «L’ultima volta che ho pianto davanti qualcuno è stata nel corso di una videochiamata con mia mamma. All’alba dei 29 anni sono andata in crisi perché quel compleanno mi ha un po’ spaventata: è l’ultimo prima dei 30 anni e alla fine ho avuto un momento di difficoltà… Dopo ho detto: “cavolo faccio questa vita da sempre e al di fuori non è che mi sia costruita tanto”».
Il lavoro del cervello
Vincere non è solo questione di talento, coraggio e buona preparazione. Di mezzo, per arrivare al vertice, serve anche lavorare con la testa. Un momento chiave, in questo senso, per Sofia è quello che precede il sonno: «Prima di andare a dormire dico al mio cervello “riguarda la discesa e sognala, con le linee giuste”... È come dargli un compito, è un modo di continuare a studiare e di immagazzinare le informazioni, per esempio dopo le prove. Quindi il cervello lavora per me ed è sempre così».
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E se il mondo finisse ora?
Nel podcast troverete tante altre curiosità sulla Sofia campionessa e donna. Vi proponiamo l’ultima che abbiamo scelto, legata a una provocazione estrema: e se il mondo finisse tra poco? «Allora, se scoprissi che il mondo finirà stasera, esprimerei tutto il mio amore alle persone che amo. Direi loro che le amo immensamente e di sicuro farei sentire il più possibile quanto amore provo nei loro confronti».
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