Nando Pagnoncelli per il Corriere della Sera
MARIO DRAGHI
Lo scenario politico di fine anno mostra qualche segnale di cambiamento rispetto al mese di novembre. Iniziamo degli orientamenti di voto. Il dato più significativo è rappresentato dalla diminuzione dell'«area grigia» costituita da astensionisti e indecisi che torna al di sotto del 40%, attestandosi al 39,5 (-2%).
Cambia anche la graduatoria dei partiti, con il controsorpasso per il secondo posto della Lega (20,1%, in aumento di un punto) su FdI (18,8%, in flessione di un punto), mentre il Pd si conferma in testa con un dato stabile (20,7%). Ma una distanza di due punti tra il primo e il terzo partito è statisticamente poco rilevante e l'istantanea odierna non autorizza né entusiasmo né sconforto tra i loro elettori. Al quarto posto il M5S con il 16,4%, in aumento dello 0,9%, seguito da Forza Italia con l'8,7%.
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Gli altri partiti si attestano tutti sotto il 3% e alcuni di questi, in vista delle prossime elezioni, potrebbero essere indotti ad aggregarsi per poter superare la soglia di sbarramento del 3% nel futuro Parlamento che, è bene ricordarlo, sarà ridotto di un terzo dei suoi componenti.
Passando dagli orientamenti di voto per il singolo partito alla stima delle preferenze per le possibili coalizioni, il centrodestra, composto da Lega, FdI e FI, con il 47,6% prevale nettamente sul centrosinistra «tradizionale» (31,2%) e sulla possibile alleanza giallorossa (rappresentata dalle forze che hanno sostenuto il governo Conte II con l'esclusione di Italia viva) che si attesta al 40,1%, mentre una poco probabile coalizione comprendente tutti i partiti che si collocano tra Sinistra italiana e Azione farebbe registrare un pareggio con il centrodestra.
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Riguardo al gradimento dei leader, le variazioni di maggiore rilievo riguardano Conte e Berlusconi. Il primo, pur rimanendo il più popolare, risulta in calo di quattro punti (da 43 a 39) a seguito, come già osservato, del consolidamento del proprio ruolo di leader del M5S che ha determinato la significativa perdita del consenso trasversale derivante dalla precedente immagine istituzionale; la flessione di Berlusconi (da 31 a 28) è da attribuire alle voci sulla possibile candidatura a capo dello Stato che, sebbene auspicata da una quota tutt' altro che trascurabile di elettori del centrodestra, radicalizza le opinioni: in altri termini, rispetto a questa eventualità, Berlusconi non incrementa significativamente il consenso tra il proprio elettorato e suscita contrarietà in una parte di quello a lui non distante né tampoco ostile.
Nel complesso i singoli leader faticano ad essere apprezzati da elettori non appartenenti al proprio partito e all'area politica di riferimento. È pur vero che in tempi recenti, con l'eccezione dei due Mattei (Renzi tra il 2014 e il 2015 e Salvini tra il 2018 e prima del Papeete nel 2019), non sono emerse personalità in grado di essere apprezzate dalla maggioranza degli italiani. Ciò può dipendere anche dall'anomalia della stagione attuale - caratterizzata da un governo di larghe intese - e dalla figura dell'attuale presidente del Consiglio che si è imposto sulla scena pubblica relegando in secondo piano gli esponenti politici.
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E, a proposito dell'apprezzamento dell'operato del governo e del premier, il sondaggio fa registrare un arretramento rispetto ai dati di novembre, infatti l'indice di gradimento dell'esecutivo è in diminuzione di quattro punti (da 63 a 59) e quello per il presidente Draghi di due punti (da 64 a 62). Si tratta pur sempre di un consenso elevato, ma nelle ultime settimane sono affiorati motivi di insoddisfazione da ricondurre principalmente a due fattori: le preoccupazioni per il crescente numero dei contagi e la frustrazione per non poter trascorrere le festività natalizie come i cittadini avrebbero sperato.
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Questi atteggiamenti generano sia pure minoritariamente, qualche dubbio sulle misure di contrasto adottate. Inoltre, il calo di consenso può essere attribuito all'iter di approvazione della legge di Bilancio che non è stato privo di contrasti all'interno della maggioranza e tra il governo e le parti sociali, basti pensare allo sciopero generale indetto da Cgil e Uil (ma non dalla Cisl). Dopo le festività natalizie si entrerà nel vivo dell'elezione del prossimo presidente della Repubblica ed è molto probabile che il clima politico sia destinato a surriscaldarsi e possa avere conseguenze di rilievo sulle opinioni dei cittadini, a partire dalla fiducia per le prospettive economiche e sociali del Paese.
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