Nando Pagnoncelli per “Il Corriere della Sera”
La politica contemporanea è caratterizzata dalla forte personalizzazione e dall’accresciuta importanza dei leader e dei media. È la democrazia del pubblico, com’è stata definita con un’efficace espressione dal politologo francese Bernard Manin.
matteo renzi otto e mezzo
In Italia c’è un termine che da almeno tre anni risuona sempre più spesso in ambito politico e non solo: disintermediazione. Si tratta della crescente tendenza a mettere in discussione le diverse forme di rappresentanza, dai partiti ai sindacati, ma lambisce anche le realtà associative e, in generale, i cosiddetti corpi intermedi della società. È un processo a due vie.
Infatti si esprime «dal basso», come conseguenza del rapporto sempre più critico dei cittadini nei confronti della politica, ma anche «dall’alto» e la complessa dialettica del premier Renzi con i sindacati rappresenta un esempio eloquente in tal senso. Ne consegue che i leader politici stabiliscono con i cittadini relazioni immediate, cioè non mediate. Comunicano direttamente con loro, si mettono in gioco in prima persona per acquisire consenso ma, nel contempo, sono più esposti al rischio dell’impopolarità e spesso fungono da parafulmine. Non sorprende, quindi, che sempre più frequentemente i sondaggi misurino la fiducia nei confronti dei leader per verificare la sintonia con i cittadini e il consenso del proprio operato.
san silvio berlusconi con renzi
Il sondaggio odierno prende in considerazione i leader dei sei principali partiti e movimenti politici. La graduatoria che ne risulta vede nettamente al primo posto Matteo Renzi, sostenuto dalla fiducia del 54% degli italiani. Si tratta di un valore molto elevato, sebbene in calo rispetto a quanto registrato all’indomani del successo alle elezioni europee, e rappresenta quasi il doppio del livello ottenuto dal secondo classificato, Matteo Salvini (28%). A seguire si colloca Silvio Berlusconi (24%), tallonato da Angelino Alfano (22%), quindi Beppe Grillo (19%) e Nichi Vendola (15%).
Com’era lecito attendersi ciascun leader risulta molto apprezzato dal proprio elettorato ma lo è molto meno tra gli elettori dei partiti avversari, con l’eccezione di Renzi che gode della fiducia del 74% degli elettori centristi (alleati di governo), del 49% di quelli di Forza Italia (a seguito del dialogo sulle riforme) e del 25% dei grillini (molto sensibili al cambiamento e alla rottamazione).
ANGELINO ALFANO MATTEO RENZI
La relativa trasversalità di Renzi rappresenta un’eccezione nel panorama politico italiano, che negli ultimi 20 anni è stato caratterizzato da elettori-tifosi, poco inclini a esprimere fiducia e apprezzamento per i leader degli avversari. È un atteggiamento tutt’ora diffuso, come si può osservare analizzando i dati del sondaggio: nella quasi totalità dei casi i leader considerati risultano invisi a oltre due elettori avversari su tre, con punte che superano l’80% e raggiungono persino il 90%.
Matteo Salvini e Guido POdesta LA PADANIA NON è ITALIA
Il caso di Angelino Alfano è emblematico: si conferma più popolare tra gli elettori del Pd (30%) rispetto a quelli di Forza Italia (25%), in entrambi i casi a seguito dell’uscita dal Pdl e la nascita di Ncd, giudicata dai primi come una coraggiosa scelta di un alleato fedele ai governi di larghe intese (Letta e Renzi) e dai secondi come un vero e proprio tradimento.
Ogni leader ha un proprio bacino sociale di riferimento: Renzi ottiene una fiducia più elevata rispetto alla media tra i ceti più popolari, le persone meno giovani e meno istruite, i pensionati, i residenti nei piccoli Comuni e i cattolici praticanti.
Matteo Salvini
Lo stesso profilo, sia pure con valori differenti, si registra tra i fan di Berlusconi e Alfano, mentre risulta molto diverso quello dei simpatizzanti di Grillo, Salvini e Vendola: i sostenitori del leader del Movimento 5 Stelle sono prevalentemente maschi, di età compresa tra 35 e 54 anni, molto istruiti, appartenenti ai ceti medi impiegatizi; quelli di Salvini, oltre a essere ovviamente più concentrati nelle regioni settentrionali, sono più concentrati tra 45 e 64 anni e tra i cattolici praticanti (assidui e saltuari) mentre non hanno particolare caratterizzazioni in termini di istruzione e condizione occupazionale.
Da ultimo, i fan di Vendola sono più giovani (da 18 a 34 anni), più istruiti (laureati e diplomati, come i sostenitori di Grillo), più concentrati nelle regioni meridionali e con una quota di studenti e di disoccupati maggiore rispetto alla media.
Tutte queste differenze aiutano a comprendere la diversa agenda e il diverso stile comunicativo dei leader politici, sempre più consapevoli che la fiducia rappresenta un’importante apertura di credito nei loro confronti ma non è certamente una cambiale in bianco priva di scadenza.