Estratto dell'articolo di Roberto Gressi per il “Corriere della Sera”
salvini festa lega
Eccolo qui, l’eterno ritorno del nemico. Il tempo dell’avversario, quello con il quale si duella e ci si confronta, ci si sfida e ci si rispetta, pare ridotto al lumicino
I l confronto, anche quando c’è, sempre più di rado, si traduce in un gioco di furbizie, teso più a scoprire il fianco dei rivali che a cercare una via di compromesso. È il nuovo corso del bipolarismo autoreferenziale, pressato anche dalle prossime elezioni europee, che rifiuta anche perfino l’ipotesi del dialogo, quello attraverso il quale, pur mantenendo le proprie idee guida, si esce tutti almeno un po’ cambiati, visto che gli schieramenti sono almeno due, anzi di più, ma il Paese, con i suoi problemi, è uno solo. Il nuovo clima si riflette anche sulle feste di partito. È così per la festa nazionale dell’Unità di Bologna, aperta alle opposizioni e non al centrodestra, vale per Pontida, dove gli oratori saranno esclusivamente leghisti.
Fa eccezione Fratelli d’Italia, che non ha ancora un programma definito visto che l’appuntamento di Atreju si svolgerà a dicembre, ma che pare intenzionata a mantenere la tradizione degli inviti agli avversari, con il rischio però, il Pd non lo esclude, di sentirsi rispondere «no, grazie». Eppure, non fu sempre così.
berlusconi veltroni festa unita
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È la fine degli anni Settanta e si comincia con un autoinvito. Un giovane Silvio Berlusconi esce dalla villa di Arcore con la scusa di andare a protestare per la musica troppo alta della locale festa dell’Unità. Resterà lì per due ore a fare l’affabulatore, fino addirittura a dire che «Vedete, miei cari, sono un compagno anch’io, come voi, però riformista, dovreste imparare da Craxi».
Non sarà la sola volta. Siamo nel 2007, Berlusconi lascia l’ultimo congresso della Quercia, dopo la relazione di Piero Fassino, quasi commosso. Lo hanno pure applaudito. E si sbilancia pure a gigioneggiare: «Se questo è il futuro Partito democratico, al 95 per cento sarei pronto a iscrivermi anch’io…». Allerta spoiler: alla fine non si iscriverà.
schlein festa unita
A una Festa dell’Unità Berlusconi c’era già stato, nel 1995, su invito di Massimo D’Alema. Lungo discorso, anche spigoloso. Ricorda Gianni Cuperlo: «Per far respirare la platea fu buttato in pista un operaio metalmeccanico, Salvatore Buglio, che parlava a fatica tra i brusii, ma fu bravissimo. Si interruppe e disse: sono un operaio, non uno spot». La frase gli valse un’ovazione e la popolarità, e poi anche una candidatura al Parlamento.
Ma Alleanza nazionale non fu da meno. Una giovanissima Giorgia Meloni portò sul palco di Atreju il presidente della Camera Fausto Bertinotti a discutere con il segretario del partito Gianfranco Fini. Parlarono di capitalismo e globalizzazione, si scontrarono sulle droghe leggere, Bertinotti condannò i carri armati a Budapest e a Praga e l’intera ideologia sovietica, ma difese Fidel Castro. Giorgia lo sfidò poi a dire «ramarro» con la sua erre blesa e lui declinò, perché, raccontò, già alle elementari aveva avuto una maestra che per «guarirlo» lo faceva parlare con dei sassolini in bocca.
d alema montanelli
Soprattutto poi Meloni si augurò che nel futuro confronti come quello, tra leader così diversi, potessero diventare la quotidianità della politica. Walter Veltroni fu il primo a portare Fini a una festa dell’Unità, della quale era direttore, lo ha ricordato su Sette a Cesare Zapperi: «Confrontarsi tra schieramenti avversari con rispetto e nel comune obiettivo di lavorare per il bene del Paese è un’ambizione che dovrebbe essere recuperata e rilanciata». Nel 1994 su quel palco salì perfino Indro Montanelli, direttore della Voce e reduce dai suoi scontri con Silvio Berlusconi. Fu talmente investito dalle ovazioni della platea che fu costretto a ricorrere all’ironia per schermirsi: «Basta applausi, ve lo chiedo per legittima difesa».
SCHLEIN SUONA LA CHITARRA a castiglione del lago
Certo, sulle varie partecipazioni non è mancato il sarcasmo. Per tutti un tweet di Pietrangelo Buttafuoco: «Applausi per Roberto Fico alla Festa dell’Unità. Attenzione. Per Gianfranco Fini erano sempre ovazioni. E poi finì come finì». Ci fu il dialogo di Luciano Violante sui ragazzi di Salò, Renato Schifani ospite del Pd da presidente del Senato, ancora Veltroni ad Atreju, a presentare un libro di Antonio Padellaro su Giorgio Almirante ed Enrico Berlinguer, su quel palco salì anche Marco Minniti, per parlare di immigrazione, e quindi Enrico Letta, che a sua volta aprì la Festa dell’Unità a Renato Brunetta e Giancarlo Giorgetti, ministri di Mario Draghi, a Maria Elena Boschi e a Giuseppe Conte. Aveva invitato anche Galeazzo Bignami di FdI, ma la comparsa di una foto di lui a una festa di addio al celibato vestito da nazista fece ovviamente saltare tutto.
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