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    SORA GIORGIA È RIMASTA COL COLPO IN CANNA – DA PALAZZO CHIGI ERANO PRONTI AD ATTACCARE LA GERMANIA PER I CONTI PUBBLICI “TRUCCATI” SMASCHERATI DALLA CORTE DEI CONTI TEDESCA – ALL'ULTIMO MOMENTO, PERÒ, DA BRUXELLES QUALCUNO HA FATTO NOTARE CHE NON SAREBBE STATA UNA MOSSA GENIALE COLPIRE SCHOLZ QUANDO SI DEVE TRATTARE SUL PATTO DI STABILITÀ, SPERANDO DI OTTENERE QUALCHE CONCESSIONE AI NUOVI VINCOLI FISCALI…


     
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    Estratto dell’articolo di Valerio Valentini per “Il Foglio”

     

    GIORGIA MELONI E OLAF SCHOLZ GIORGIA MELONI E OLAF SCHOLZ

    Il colpo era già in canna. I social media manager già allertati: “Pronti a postare”. Poi, quasi per scrupolo, una verifica con gli uffici diplomatici, una telefonata con gli sherpa a Bruxelles, un consulto con la Commissione europea. Ed è lì che l’urlo s’è un po’ strozzato in gola a chi, a Palazzo Chigi, […] pregustava il pernacchio alla Germania. […]

     

    Dunque che si fa, si dà l’ordine di fare fuoco su Olaf Scholz? No. Perché proprio da Bruxelles, da chi sta seguendo le trattative sul Patto di stabilità, viene raccomandata prudenza: sollevare strumentalmente il caso dei fondi speciali tedeschi fuori bilancio rischia di complicare le già proibitive ambizioni del Mef di ottenere concessioni nel negoziato sui nuovi vincoli fiscali.

     

    GIORGIA MELONI E OLAF SCHOLZ GIORGIA MELONI E OLAF SCHOLZ

    […] la Corte dei conti tedesca, che s’è pronunciata nei giorni scorsi per ribadire, con un parere non vincolante, che i capitoli di spesa dirottati da Scholz sui cosiddetti “fondi speciali” vanno considerati come deficit ordinario. Centinaia di miliardi di euro che da decenni vengono accantonati in oltre venti voci extra bilancio, […]. Per i giudici contabili tedeschi quei soldi vanno computati nel bilancio ordinario.

     

    Il che, oltre a far venire meno l’impegno preso dal ministro delle Finanze, il liberale Christian Lindner, produrrebbe un immediato lievitare del deficit per l’anno in corso e quelli a seguire. Di qui le accuse a Berlino di aver “taroccato i conti” diffusi da vari media italiani. Di qui, inevitabilmente, le intemerate degli europarlamentari della Lega – come Isabella Tovaglieri – sul governo di Berlino “coi conti in rosso”.

     

    olaf scholz giorgia meloni olaf scholz giorgia meloni

    Un fermento che s’è riversato anche nei corridoi di Palazzo Chigi e di Via XX Settembre, due giorni fa. Suggerendo a ministri e sottosegretari che fosse utile intervenire sulla faccenda per segnalare l’esigenza di superare la proposta della Commissione sul nuovo Patto di stabilità e rivendicare il diritto a scomputare dal deficit le spese per investimenti strategici, primi fra tutti quelli sulla transizione ecologica.

     

    Era stato questo, non a caso, anche il leitmotiv dei recenti interventi di Giancarlo Giorgetti, prima al Meeting di Rimini e poi a Cernobbio. Solo che, se questa è l’ambizione, e pur ammettendo – e non è affatto detto sia giusto ammetterlo – che l’ambizione abbia una qualche concretezza, esasperare il conflitto tra la cancelleria e la Corte dei conti tedesca finirebbe col delegittimare, anziché corroborare, le istanze patriottiche.

     

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    Perché la Commissione è stata chiara […] “Nell’ottica e nel rispetto delle regole fiscali dell’Unione europea – hanno spiegato i funzionari di Bruxelles – non è possibile per alcuno stato membro escludere nessuna particolare spesa dal deficit generale attraverso qualsivoglia strumento ad hoc (come, ad esempio, il ricorso a fondi speciali)”.

     

    Nessun losco stratagemma, dunque, per gabbare la Commissione: i fondi speciali della Germania finiranno comunque nel calcolo del deficit. Ed è qui che l’inciampo tedesco sa quasi di beffa per il governo Meloni. Perché, tenendo conto di quelle spese straordinarie, il bilancio federale segnerà un disavanzo di 85,7 miliardi, che equivalgono al 2,4 per cento del pil.

     

    giorgia meloni olaf scholz giorgia meloni olaf scholz

    Ed ecco che dunque, nel negoziare coi partner europei nei prossimi giorni, Scholz e Lindner potranno far notare come non ci sia alcuna esigenza di scomputare spese strategiche dal Patto di stabilità per fare sì che quegli investimenti possano essere finanziati stando sotto il tetto del 3 per cento di deficit: “Chi sa tenere i conti in ordine non ha bisogno di eludere i vincoli”.

     

    Tanto più che il deficit italiano previsto per il 2024 dal Def è del 3,7 per cento. Dunque già decisamente più alto rispetto a quello tedesco, senza neppure considerare le intenzioni del governo Meloni di aumentare ulteriormente il disavanzo che, secondo indiscrezioni pubblicate ieri dall’agenzia Bloomberg, sarebbe destinato a salire al 4 per cento […]

     

    A ribadire, semmai ce ne fosse bisogno, che fare la guerra a Berlino non è mai un’idea geniale, per chi deve far quadrare i conti a Roma.

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