Estratto dell'articolo di Marcello Sorgi per "la Stampa"
la conferenza stampa di mario draghi
Per quanto sibillino possa essere stato, dividendo i suoi osservatori tra chi sostiene che alla sua maniera, senza muovere un dito, abbia compiuto un'altra tappa di avvicinamento al Quirinale, e chi invece obietta che se ne sia allontanato, il Draghi apparso ieri sera in conferenza stampa era molto diverso da diciannove giorni fa, quando nell'appuntamento di fine anno aveva praticamente annunciato la sua candidatura al Colle.
Serio, brusco, inflessibile fino all'eccesso nell'evitare le domande sul Quirinale. Costretto a un "atto riparatore", come lui stesso l'ha definito, dopo l'inaccettabile silenzio seguito mercoledì alla decisione del Consiglio dei ministri di introdurre l'obbligo di vaccino per gli ultra cinquantenni. […]
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Draghi ha ammesso che il clima nella maggioranza è mutato e la ricerca dell'unanimità tra le diverse forze che sostengono il governo è più complicata. […] Proprio perché non ha voluto affrontare, sfiorando talvolta un tono autoritario che non gli si addice, l'argomento Quirinale, le domande rimaste in sospeso dopo un'ora di botta e risposta giravano intorno a quello. È stato contrario a discuterne perché si ritiene ancora in corsa, o perché, avendone parlato, ha involontariamente dato la stura a tutte le reazioni contrarie all'ipotesi di una sua elezione?
mario draghi sergio mattarella
Per rispondere si può solo riprendere il filo del suo ragionamento. Se il 22 dicembre aveva disegnato un bilancio positivo del governo, aggiungendo che sarebbe potuto andare avanti "indipendentemente" da lui, stavolta ha elencato una serie di lavori in corso che rendono più difficile immaginare che di qui a due settimane - tante ne mancano al 24 gennaio in cui sono convocate le Camere in seduta comune per eleggere il Presidente della Repubblica - Draghi possa lasciare il timone a chicchessia senza preoccuparsi del contraccolpo che ne seguirebbe.
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Potrebbe farlo, in teoria, se i partiti della sua maggioranza gli si presentassero davanti uniti nel proporgli di eleggerlo al primo scrutinio. Ma questo, appunto, finora non è accaduto. Anzi, Salvini e Berlusconi sono contrari. Meloni è favorevole, ma solo per ottenere elezioni anticipate. Anche Letta in teoria lo sarebbe, ma un gran pezzo del suo partito no, o almeno no se in cambio, a Palazzo Chigi, non va un Pd.
Inoltre anche alle orecchie di Draghi saranno arrivate voci che parlano di un possibile rinvio del voto sul Quirinale se il numero di deputati e senatori contagiati o in quarantena continua a crescere al ritmo di questi giorni. Sembra incredibile: si andrebbe a un'inedita "prorogatio" del Capo dello Stato, prodroma di un bis emergenziale non più rifiutabile. Tal che si può dire che Mattarella e Draghi, nei rispettivi ruoli, "simul stabunt, simul cadent".