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    SORRENTINO CI HA PORTATO SATANA DENTRO CASA - IL PATRIARCA DI VENEZIA ''SCOMUNICA'' IL REGISTA, CHE HA GIRATO LA SCENA DELLE SUORE DISCINTE CHE BALLANO E SI TOCCANO (VIDEO) NEL REFETTORIO DEL CONVENTO DEI BENEDETTINI: ''UN EPISODIO CHE OFFENDE E PROFANA. SAREBBE STATO OPPORTUNO NON CONCEDERE, PER LE RIPRESE, L'UTILIZZO DI QUELLO SPAZIO A ELEVATO VALORE STORICO E SIMBOLICO''. E SKY REPLICA


     
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    DANZA DELLE SUORE: VENEZIA SCOMUNICA PAOLO SORRENTINO

    Giuseppe Pietrobelli per ''il Fatto Quotidiano''

     

    Il dubbio non aveva nemmeno sfiorato i vertici della Fondazione Cini, quando avevano ricevuto la richiesta di Paolo Sorrentino. In fondo, il Cenacolo Palladiano sull' isola di San Giorgio non è una chiesa, non è un luogo sacro, ma soltanto lo straordinario refettorio del convento dei Benedettini restaurato una dozzina di anni fa e impreziosito da una copia delle Nozze di Cana del Veronese, che Napoleone ha trafugato da Venezia.

    LE SUORE IN THE NEW POPE LE SUORE IN THE NEW POPE

    E poi, quando il regista premio Oscar aveva girato negli stessi luoghi The Young Pope, non c' erano state polemiche.

     

    Soltanto elogi. Perfino da Avvenire e dal compassatissimo Osservatore Romano.

    Come sospettare che il seguito, The New Pope, ovvero cosa è accaduto dopo il coccolone che ha colpito cinematograficamente Pio XIII di fronte a un' osannante piazza San Marco, avrebbe fatto gridare allo scandalo proprio la Chiesa veneziana?

     

    LE SUORE IN THE NEW POPE LE SUORE IN THE NEW POPE

    Eppure la bacchettata (bacchettona) è arrivata dal palazzo del Patriarca, dove in un secolo sono transitati tre futuri papi. Perché la sigla con le monache in sottoveste bianca, belle e discinte che danzano e si toccano sotto un' enorme croce sfavillante, ha turbato le coscienze. Almeno quella di monsignor Francesco Moraglia. Il quale ha dapprima fatto lanciare un anatema al suo delegato per i beni culturali, l' architetto don Gianmatteo Caputo: "La scena risulta offensiva, è simile a un video musicale realizzato in un luogo fondamentale della storia e della tradizione monastica a Venezia, una sorta di stage per una danza dal contenuto ammiccante e allusivo, collocata sotto il simbolo cristiano per eccellenza, la croce".

     

    E aveva aggiunto: "È un episodio che offende e profana. Sarebbe stato opportuno non concedere, per le riprese, l' utilizzo di quello spazio a elevato valore storico e simbolico".

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    Poi il Patriarca ci ha messo la faccia: "Non si tratta di scandalizzarsi, ma la croce è un simbolo per molti, vuol dire il sacrificio, la salvezza, il dono totale di sé. Per molti, chi era in quella croce era ed è il figlio di Dio. Il rispetto dei simboli è il rispetto delle persone".

     

    E per non scivolare sullo sdrucciolo percorso del rapporto tra espressione artistica e religione, ha aggiunto: "L' arte è libertà, l' arte è creatività, l' arte è qualcosa a cui non si può mettere la museruola. Eppure la croce non è un soprammobile, per molti credenti è il riferimento ultimo della vita".

     

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    Com' è ovvio, il produttore Sky Tv non si scompone, anzi, gongola. L' ombra del Sant' Uffizio è pur sempre una pubblicità, per una serie televisiva che sembra aver fatto centro.

     

    "Non dobbiamo analizzare l' opera di Sorrentino con un approccio didascalico. Lo sappiamo tutti che è un regista visionario". Bastano due minuti di vestali ancheggianti con l' accompagnamento delle note di Good Time Girl del duo Sofi Tukker a turbare il sentire religioso? Ha facile gioco, lo sceneggiatore Umberto Contarello, a zoomare: "L' arte è un rischio, se non è rischio non è arte". E il rettore dello Iuav, Alberto Ferlenga, che fa parte del consiglio generale della Fondazione Cini (dove siede anche il Patriarca): " Non è stato né indebito, né blasfemo girarlo lì, non siamo a San Pietro. La chiesa ha le sue opinioni, ma nell' arte contemporanea spesso di questi simboli c' è stato un uso provocatorio".

     

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    L' architetto Michele De Lucchi, che restaurò il refettorio, ci ricorda che "ai tempi di Napoleone era una scuderia per cavalli e il complesso benedettino una caserma militare. Oggi, grazie alla Fondazione Cini è uno spazio culturale internazionale, ma senza gli aiuti dei privati non potrebbe continuare a questi livelli".

    Al punto da rendere tutto commerciabile? Carlo Alberto Tesserin, vicepresidente della Fondazione veneziana.

     

    "Non ne sapevo nulla, sono dispiaciuto.

    Avrei dovuto essere quantomeno avvertito. Il segretario generale Gagliardi ha la responsabilità della concessione degli spazi. Anche se è ben remunerato, non vuol dire che si sia autorizzati a fare qualsiasi cosa".

    E il Patriarca conclude: "Chi ha dato i permessi dovrebbe riflettere sul perché lo ha fatto e trarne le conseguenze".

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