Massimiliano Cavalleri detto Spartaco
«Sono italiano, il mio nome di battaglia è Spartaco, sono arrivato nel 2014 e sono riuscito a entrare nel battaglione Vostok». Spartaco al secolo è Massimiliano Cavalleri da Palazzolo, Brescia, ha 48 anni e da 8 combatte con la milizia filo-russa del Donbass contro l'esercito ucraino. È uno dei foreign fighters che compaiono nel documentario di un canale youtube che racconta la guerra dalla parte russa del fronte.
Massimiliano Cavalleri detto Spartaco 2
Massimiliano-Spartaco, che si presenta solo col nome di battaglia e ha il volto coperto, si aggira tra i banchi di scuola di una classe devastata dai bombardamenti e spiega che a bombardare sono stati i «battaglioni nazionalisti ucraini» che dal 2014 «hanno - dice - maltrattato i civili usandoli come scudi umani, dicendogli di restare nelle cantine senza muoversi, senz'acqua e senza cibo». Indica sui muri i segni dei proiettili, nel pavimento un buco creata da una bomba, neanche lui capisce da dove piombata: «Forse dalla finestra, non saprei». E aggiunge: «Quando finirà la guerra, ricostruiremo tutto».
Massimiliano Cavalleri detto Spartaco 3
Nei sottotitoli si legge che «Spartaco si è unito alla milizia del Donbass per combattere il neo-nazismo in Ucraina, in Italia dovrà affrontare un processo ma non vuole lasciare il Donbass, qui ha trovato casa».
SCELTA DI VITA Casa e famiglia. Nel 2019 la madre è andata a trovarlo per il suo matrimonio ed è l'ultima volta che l'ha visto, lo stesso anno la Procura di Genova lo ha accusato di terrorismo nell'àmbito di un'inchiesta sull'arruolamento di elementi di estrema destra nel Donbass. In un'intercettazione telefonica dei carabinieri, Cavalleri avrebbe detto di essere considerato a Kiev «un terrorista, ho una taglia sulla testa». E sul ritorno in Italia, di cui dice di sentire la mancanza: «Se torno indietro mi viene voglia di prendere la pistola e cominciare a sparare a destra e a sinistra adesso c'ho anche il grilletto facile».
Andrea Palmieri 2
«Ha sempre avuto la passione per il combattimento», racconta la madre al Giornale di Brescia all'inizio di aprile. «Ha fatto il paracadutista e il volontario degli alpini nel Kosovo, voleva entrare nell'esercito ma non aveva più l'età, ed è partito volontario al fianco delle milizie russe». Nel 2017 il suo nome era stato censito dall'organizzazione ucraina Prava Sprava insieme a quello di altri combattenti italiani, spiccava la citazione da una sua intervista: «Quando sparo a un soldato ucraino, immagino di colpire uno dei nostri politici a Bruxelles».
Assieme a lui Gabriele Carugati di Cairate (Varese), nome di battaglia Arkhangel, pure lui nel battaglione Vostok guidato da Alexander Khovakosky, gruppo nato per volere del GRU, la direzione dell'Intelligence russa, per combattere originariamente in Cecenia. Adesso è composto da un migliaio di miliziani delle forze speciali di Donetsk, per l'80 per cento dell'Ucraina orientale, ma aperto a stranieri dalla Colombia agli Stati Uniti.
Andrea Palmieri
CAPO ULTRÀ Nel Donbass si troverebbe Andrea Palmeri, estrema destra, ultras della Lucchese ed ex capo dei Bulldog. Per lui i magistrati genovesi hanno chiesto 5 anni di carcere, l'ultima apparizione da un ospedale del Lugansk. Ma accanto al filone neo-fascista ce n'è uno comunista. Rossi e neri fianco a fianco. Comunista era Edy Ongaro, ucciso in questa guerra e commemorato dal Collettivo Stella Rossa del Veneziano. E l'altro ieri si è speso in un'intervista a favore dei separatisti russi Vincenzo Bellantoni, comunista senza tessera, censito da Prava Sprava nel suo dossier come membro della Carovana antifascista con quelli che Bellantoni definisce «i compagni della Banda Bassotti».
Mercenari Donbass
Sul fronte opposto, il ministero della Difesa russo ha appena pubblicato un censimento dei mercenari stranieri in Ucraina, pro-Kiev. In tutto, dall'inizio della guerra, ne sarebbero arrivati quasi 5mila (4866) da 64 Paesi, 1250 già eliminati e 1101 ripartiti, ve ne sarebbero 2515 in armi. Quanto agli italiani volontari contro i russi, Mosca ne ha contati finora 71, ma 21 sarebbero stati uccisi e 26 avrebbero lasciato l'Ucraina. Ne resterebbero 24 operativi.
Per loro, si pone il problema del trattamento che riceverebbero in caso di cattura. La linea di Mosca è che non possano essere considerati militari regolari, non beneficerebbero della protezione garantita dalle Convenzioni di Ginevra sui prigionieri di guerra.