DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
Da ansa.it
Non è solo un libro, ma una vera e propria chicca che gli appassionati di basket, e dei Los Angeles Lakers, faranno a gara per avere. Il 13 novembre esce infatti anche in Italia, edito da Rizzoli, il bellissimo libro, impreziosito dalle fotografie di Andrew D. Bernstein, fotografo ufficiale dei Lakers, il libro "Kobe Bryant, The Mamba Mentality". Celebra i venti anni di carriera nella stessa squadra di un fenomeno capace di vincere 5 titoli Nba e due ori olimpici, oltre ad aver stabilito un'infinità di record personali. La sua leggenda cestistica è stata seconda solo a quella di Michael Jordan (da lui studiato in modo maniacale) e la sua popolarità è ancora così alta al punto che, anche dopo il ritiro, negli store veri e virtuali dei Lakers le maglie di Kobe, quella con il n.8 e con il 24, sono ancora le più vendute.
Bryant è stato un 'rivoluzionario' della pallacanestro, prima di ritirarsi nel 2016 scrivendo una toccante lettera d'addio al basket diventata un cortometraggio animato premio Oscar 2018.
2. BRYANT
Dagonews
“Muhammad Alì sosteneva che devi lavorare sodo al buio per poter brillare alla luce. Dietro la fama c’è la fatica, la determinazione e la serietà, cose che da fuori non si vedono”. Dall’ossessione per i miglioramenti ai rapporti con i compagni e gli avversari (tra cui è curiosa l’omissione di Steph Curry), tutti i segreti di Kobe Bryant nel libro “The Mamba Mentality”, in arrivo in Italia, edito da Rizzoli. L’infanzia in Italia, la rottura con i genitori, mai citati nel libro, l’incontro con Phil Jackson (“Soltanto nell’ultima fase abbiamo capito quanto fossimo assortiti”), la leggenda della pallacanestro offre la propria visione del basket.
Ma – come riporta La Stampa - è soprattutto il rapporto con se stesso ad emergere. Dopo le finali vinte nel 2000 per ritrovare la mobilità della caviglia infortunata, l’ex fuoriclasse dei Lakers si diede al tip tap. Viene raccontata anche la sfida per ripartire dopo la rottura del tendine d’Achille del 2013 (“Il mio Everest personale”), le lacrime versate insieme alle figlie, i tre allenamenti al giorno per tornare a essere il migliore. “Senza il basket – conclude Bryant – non conoscerei la creatività né la scrittura, non comprenderei la natura umana, non sarei in grado di essere leader. E non avrei vinto un Emmy e un Oscar”
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