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Estratto dell’articolo di Natalia Aspesi per “la Repubblica”
Michel Pastoureau - Rosa Storia di un colore
Chi l’avrebbe mai detto che il rosa, e dico il colore squisito delle rose rosa, un tempo anche squisitamente profumate, ha avuto in realtà la storia incerta e travagliata che ci racconta Michel Pastoureau, studioso dei colori, nella monografia che proprio al rosa ora ha dedicato.
Povero rosa! E intendo proprio il colore rosa, il rosa rosa, quello che ci ha fatto uscire con gli occhi accecati dalla visione di Barbie al cinema. Film a cui tutta una immensa folla di grandi e piccini era stata invitata (a pagamento) a immergersi in un mare di rosa dove tutto era rosa. Circostanza, questa, che aveva messo in pessima luce quel colore, diventato insopportabile.
E allora meno male davvero che adesso esce, in un volume dalla bella forma quadrata, il libro Rosa, che lo riabilita. A partire dalla copertina su cui campeggia un magnifico particolare dell’Annunciazione di Pontormo, ripresa dalla Cappella Capponi di Firenze. Un testo non narrativo che in molti punti si legge come un thriller, spesso crudele.
Il libro, appena uscito sia in Francia sia in Italia, è anche un’occasione per ricordare chi è Pastoureau, un simpatico signore che a 77 anni vanta una nutrita bibliografia saggistica (molti suoi titoli, come questo, sono pubblicati in Italia da Ponte alle Grazie). È un archivista, un esperto di araldica, un numismatico e specializzato negli studi sulla storia culturale delle materie. E ha collaborato spesso, da esperto, alla lavorazione di grandi film, come Il nome della rosa del 1986 con Sean Connery, tratto dal volumone di Eco e diretto da Jean-Jacques Annaud.
[…] Tornando al colore che pare antipatico a molti, il rosa, il libro spiega come, pur presente già in natura, sia stato utilizzato in maniera significativa soltanto in epoca abbastanza tarda. E soprattutto a partire dal tardo Medioevo, nel Quattordicesimo secolo, grazie all’importazione di una tintura dall’Oriente e poi, dopo l’avventura di Cristoforo Colombo, dal Nuovo mondo.
Certo, fa impressione sapere di secoli grigi in cui il rosa, pur esistendo in natura, non si riusciva a ottenere, malgrado le diavolerie dei tintori. Ci sono state però delle eccezioni. Ecco la signora scostumata completamente nuda, raffigurata su una ceramica attica del 480 avanti Cristo, che se ne sta quieta e imbambolata dentro il Getty Museum a Los Angeles, di un rosino chiaro, il solo possibile nell’epoca antica.
[…]
Di pagina in pagina, nel tempo che scorre, il rosa cambia sfumature, diventa un colore ammirato, sino a rappresentare quello dell’ambiguità, dell’imbarazzo, forse addirittura del peccato, che trascina con sé i suoi veleni.
Deve essersi divertito molto, Pastoureau, a illustrare il rosa che avanza nei secoli. La sua massima potenza cromatica si sprigiona, tanto per fare un esempio, nel rosa unito all’azzurro tipico dell’abbigliamento di Madame de Pompadour, molto di moda alla corte di Francia, come dimostra un quadro del pittore svedese Alexander Roslin del 1754, conservato nel museo di Göteborg.
O nell’immagine del principe di Ligne (1735-1814), detto nel suo tempo il “principe rosa” per la sua livrea ingioiellata in tinta: uomo di tale fascino presso le signore da avere avuto sedici figli dalla moglie e una distesa di amanti.
Ma intanto arrivava e poi finiva la Rivoluzione, con la sua ghigliottina. E certo allora nessuno avrebbe potuto immaginare che il rosa sarebbe diventato un segno dell’omosessualità. Nel frattempo, stava diventando sempre più femmina, tanto che dagli inizi del Novecento divenne il colore che annunciava la nascita di una figlia.
E si sa tristemente che per sommo disprezzo nei campi di concentramento nazisti gli omosessuali erano costretti a portare un grande triangolo rosa, perché la loro vergogna venisse segnalata a tutti. Oggi, invece, il rosa è diventato il colore giusto per giacche e camicie da uomo, e l’omosessualità non c’entra nulla.
Madame de Pompadour di francois boucher
Chiudiamo questo viaggio nella storia del colore con le parole del dotto Pastoureau, che così chiosa la sua ricerca: «Per le scienze umane esistono undici colori. Sei colori principali: il bianco, il rosso, il nero, il verde, il giallo e il blu. E altri cinque. Talvolta definiti “semi-colori”: il rosa, l’arancione, il viola, il grigio e il marrone». Tanti colori, una sola Vie en rose.
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