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ANTONELLO PIROSO per La Verità
Roma, 31 maggio 1997. Si festeggiano i 50 anni della Ferrari. Tre giorni prima la Juventus ha perso la finale di Champions League con il Borussia Dortmund. Mi ritrovo davanti Gianni Agnelli, cui metto sotto il naso il microfono: «Avvocato, cosa ha provato al fischio di chiusura della partita?».Risposta: «Nel calcio - come nella vita - ogni tanto si vince, qualche volta si perde. L' importante è saperci sempre ridere sopra».
Per dirla all' Agnelli: chapeau all' aplomb, all' ironia (vera o amara), all' understatement. Ingredienti fondamentali del tanto mitizzato «stile Juve». Che mercoledì sera a Madrid è stato seppellito, con una reazione scomposta e sopra le righe. Sia chiaro: perdere così, con la concessione - nei minuti di recupero - di un rigore su cui si discuterà all' infinito, fa male. Ma se sei la squadra più blasonata d' Italia, amata e odiata in modo viscerale, non puoi portare acqua a chi da sempre ti accusa di aver goduto della sudditanza psicologica degli arbitri, mimando il gesto della mazzetta - come ha fatto Giorgio Chiellini ai giocatori del Real Madrid - lasciando intendere la corruzione del direttore di gara.
Non puoi, a doccia fatta, quindi a mente più fredda e lucida, rilasciare - come ha fatto il capitano Gianluigi Buffon - queste dichiarazioni di fuoco: «L' arbitro doveva avere la sensibilità di lasciarmi dire qualsiasi cosa, prendendosi qualche "parolina", perché in quel momento, nella mia ultima partita in Champions, stava commettendo un crimine contro l' umanità sportiva.
Un professionista che viene ad arbitrare una partita del genere, e non ha la sensibilità, che deve sempre albergare in un essere umano, per capire - davanti a un episodio che voglio definire "dubbio" solo per spezzare una lancia a suo favore - che non puoi prendere due decisioni così avventate al novantaduesimo(penalty e cartellino rosso, ndr). Vuol dire che al posto del cuore ha un bidone di pattumiera. Tu arbitro non puoi avere il cinismo di distruggere il sogno di una squadra. Se non hai la personalità per stare sul palcoscenico di una finale di questo genere te ne stai con tua moglie e i tuoi figli, ti mangi le patatine e ti godi lo spettacolo, ma dalla tribuna».
A me, che sono interista, ma non ho mai tifato «contro» in vita mia, e sarei stato felice di vedere una finalissima tutta italiana Roma-Juventus, essendo romano d' adozione, davanti a tali esternazioni è uscito: «'A Gigi, ma che stai a dì?». Perché, d' accordo, questo 2018, l' ultimo della tua carriera in campo, è stato fin qui un annus horribilis: niente Mondiali di Russia, niente finale di Champions. Però non ti devi sorprendere se gli inglesi, che hanno postato su Youtube le tue parole nel dopopartita, le hanno titolate «Mad Buffon», pazzo.
Alessandro Del Piero, pur riconoscendo i meriti (indubbi) di una carriera strepitosa, ha a sua volta chiosato: «Quando Gigi ha parlato dell' arbitro ho fatto fatica a comprenderlo».
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Anche il presidente Andrea Agnelli ci ha messo del suo. A caldo, dopo aver ricordato che «molti Paesi hanno implementato il Var», ha alzato il tiro sul designatore arbitrale della Uefa, Pierluigi Collina: «Forse qualche riflessione su di lui si deve fare, pare che si vada a colpire le squadre italiane per dimostrare che il designatore è imparziale».
Tradotto: Collina sceglie fischietti che non fanno sconti alle nostre squadre, anzi: le «colpiscono», perché così si può celebrare la sua equidistanza. Ma il ragionamento si presta a due obiezioni: perché dovremmo aspettarci degli sconti o, peggio, dei favori? E poi: scommettiamo che se il designatore fosse straniero, grideremmo al «gomblotto» contro le italiane? Prese di posizione, quelle di Agnelli, comprensibili sotto il profilo dell' emotività, ma che cozzano con il suo ruolo in sede internazionale, essendo egli presidente dell' Eca, European club association, la potente organizzazione che riunisce tutti i club europei, e componente del comitato esecutivo della Uefa.
Dopo di che, senza voler infierire, va ricordato che sul Var Buffon aveva speso parole chiare, e che oggi suonano comiche: «Il Var? Se ne sta facendo un uso spropositato e sbagliato, andrebbe adoperato con parsimonia. Bisogna liberare gli arbitri dal mostro, anche per poter valutare serenamente la bravura di un direttore di gara che si deve prendere la responsabilità delle decisioni in base alle percezioni del campo. In questo modo non conosceremo mai l' effettivo valore di un arbitro: se fossimo tutti più sereni, obiettivi e accettassimo gli errori, vivremo con più umanità tutti i risultati».
A Buffon, se non altro come capitano-portiere della Nazionale, dobbiamo tutti gratitudine: se nel 2006 a Berlino non avesse parato un colpo di testa assassino di Zinédine Zidane (per ironia della sorte, ieri sera seduto come allenatore sulla panchina dei blancos), forse non avremmo portato a casa il titolo di campioni del mondo. Ma qualche volta gli è scivolato il piede sulla frizione, e ha proferito parole che rimangono agli atti. 2012. Milan-Juve. Gol dei rossoneri, ma Buffon è lesto a ricacciarla in campo.
L' arbitro non se ne accorge. Lui ammetterà serafico: «L' azione è stata così convulsa che non mi sono accorto se fosse gol o no. E se anche se me ne fossi accorto, non faccio il figo e il bello, e ammetto che non l' avrei detto all' arbitro. Per il processo di beatificazione ne parliamo più avanti».
Marcello Nicchi, presidente delle giacchette nere italiane, lo bacchettò: «Il capitano della Nazionale ha detto cose che si poteva risparmiare». Zdenek Zeman, che però ha l' aggravante di un conto aperto con la Juventus, mise il carico da 11: «Di solito durante una partita nessuno direbbe se il pallone è entrato in porta o no, dopo la gara però si deve ammetterlo.
REAL MADRID JUVENTUS - IL FACCIA A FACCIA TRA BUFFON E L ARBITRO
E chi lo fa è solo onesto. Buffon è anche capitano e portiere della Nazionale: credo che avrebbe dovuto dare l' esempio e dimostrare onestà». La parola finale all' Avvocato, questa volta intervistato dalla Rai: «Noi non ci siamo mai lamentati dei rigori e non cominceremo certo adesso. Non è nelle nostre abitudini. Sono cose da provinciali. Bisogna andare allo stadio per divertirsi, per scherzare, non per litigare».
P.s. Gli juventini possono consolarsi perché non tutti gli spagnoli pensano che il rigore ci fosse. «El robo del siglo», la rapina del secolo, ha titolato a tutta pagina il quotidiano sportivo Sport, gridando all'«escandalo».
Piccolo particolare: non è stampato a Madrid, bensì a Barcellona. Chiaro, no?
2. LA NEMESI BIANCONERA: CONDANNATI DALL' ARBITRO
Luca Beatrice per il Giornale
Il Chiello che fa l' inequivocabile gesto della mazzetta. La rabbia di capitan Buffon e gli strali contro l' arbitro, un inglese incompetente la cui alterigia ha impedito alla migliore Juventus negli ultimi anni, unica squadra ad avere realizzato tre reti al Bernabeu, di giocarsela fino alla fine, come da nostro motto.
Che il Real goda di protezioni dalle alte sfere è cosa nota. Che gli arbitri ne soffrano la pressione psicologica altrettanto.
Basterebbe chiedere al Bayern che fu derubato in modo altrettanto clamoroso. Agli straordinari ragazzi di Max Allegri già una volta riuscì l' impresa di rimandare i blancos a casa, due sarebbe stato davvero troppo.
Mandrie di anti juventini vivono così la loro giornata di gloria, tra sfottò (legittimi, nel calcio ci sta) e sentimento di compassione. Voi, ci dicono, abituati a trattamenti di favore in patria, ora mandate giù una delle più grandi delusioni della vostra vita. Con una differenza però: noi non piangiamo, noi non riscriviamo la storia del calcio nei tribunali, noi non partecipiamo a indegne gazzarre dell' Italietta televisiva. Noi siamo Andrea Agnelli, la sua classe e intelligenza nello spiegare che non solo la Juve, ma tutto il calcio italiano esce sconfitto da questa sfida, penalizzato a monte dalle designazioni arbitrali proprio perché a capo dell' organizzazione c' è un tal Collina, che definirlo oscuro è usare un eufemismo.
Uscire a testa alta dalla Champions mi fa incazzare di brutto, proprio come non avere tenuto il vantaggio due anni fa a Monaco per un marchiano errore difensivo. Mercoledì abbiamo pagato l' unica leggerezza in una partita perfetta, pur resistendo al secondo arbitraggio demenziale in pochi giorni e alle continue provocazioni di CR7, grandissimo calciatore, piccolo uomo, simulatore e teatrante.
In questo dramma sportivo mi porto dietro due certezze. Il prossimo anno comunque ci riproveremo e l' anno dopo pure, magari con altre facce ma con la stessa grinta e cattiveria. E domenica per Juve-Samp lo Stadium sarà una bolgia traboccante affetto e onore per questa squadra leggendaria, a pochi minuti dall' ennesima impresa. Gli altri, ancora una volta, staranno a guardare, come sempre.
3. «GIUSTIZIA FATTA». «NO, UN FURTO» ITALIA DIVISA SUL RIGORE DI MADRID
Fabrizio Biasin per “Libero quotidiano”
La sola certezza dopo Real-Juve 1-3 è che ognuno ha la sua idea, che si scontra in grande serenità con quella degli altri e, quindi, «sei un pezzo di merda», «no, muori ammazzato tu». La chiameremo «straordinaria capacità italiana di passare dagli osanna generali per l' impresa della Roma agli insulti tra juventini e antijuventini nel post-partita di Madrid».
Il motivo è semplice: se tu tifi tantissimo una squadra e tutti gli altri la odiano tantissimo, cosa c' è di meglio di un rigore dubbio al minuto 93 per far sì che gli innamorati la difendano fino allo strenuo e gli odiatori la sfanculino oltre l' opportuno? Niente. E, infatti, è andata (e sta andando) così: l' Italia è divisa che a confronto il dualismo Salvini-Di Maio è una barzelletta; neppure certe battaglie storiche del genere «io sto con la Cuccarini» «io con Heather Parisi» o «ha ragione Boldi» «No! De Sica» reggono il confronto.
CIECHI IN NOME DEL TIFO L' Italia è cieca nel nome del pallone e porta a clamorosi ed irrazionali «estremi»: quello di chi dice «ha ragione Buffon! È stato un furto!» o «io al suo posto l' avrei preso a pugni!» (cit. Tacconi) o «l' arbitro non doveva fischiare perché... non si fischia al 93!», in netto contrasto con quelli che «era rigore al 100%!» o «Benatia doveva essere espulso e comunque Agnelli cazzo vuole?», fino a «l' eliminazione è un piccolo risarcimento per quanto accaduto in Italia negli ultimi 20 anni!». Di tutto di più, insomma.
E, come sempre, ragionare diventa impossibile, inutile, praticamente superfluo. Gli innamorati del bianconero porteranno avanti nei secoli la teoria dello sgambetto ingiusto e illogico e certo non si accontenteranno di poter dire «siamo usciti a testa alta»; gli «altri» continueranno ad alimentare la gara degli sfottò, delle prese in giro e, in attesa di tornare a vincere con le rispettive squadre, si accontenteranno di veder perdere l' Euro-Signora.
È tutto molto italiano e non dobbiamo mica sconvolgerci, ma interrogarci sì: se da una parte i «gufi» alla lunga rischiano di risultare patetici, dall' altra i protagonisti dell' eliminazione devono stare attenti a non fare altrettanto. E allora pensiamo all' appello al «Var subito anche in Champions!» promosso da Agnelli che contrasta assai con il «No Var» di inizio anno urlato a gran voce da Buffon; oppure lo stesso Buffon che parla di «sensibilità arbitrale» nei finali di gara e si dimentica di Juve-Milan di un anno fa, decisa da un rigore discutibile assegnato nei minuti di recupero («non capisco Gigi» ha sentenziato Del Piero), fino a Benatia che poche settimane fa disse «l' arbitro è l' alibi dei perdenti» e mercoledì notte si è sfogato attaccando l' inglese Oliver («Quando si compiono sforzi del genere, un arbitro non può permettersi di fischiare un rigore al 93'»).
REAL MADRID JUVENTUS - IL PRESUNTO FALLO DI BENATIA SU LUCAS VASQUEZ
GUERRA INFINITA È il classico gioco delle parti e di una realtà - quella del calcio in Italia - che non cambierà mai: il più forte sarà sempre invidiato e detestato dagli altri, soprattutto fino a quando non avrà la capacità di essere coerente e «gelido» anche nei momenti fetenti delle eliminazioni.
REAL MADRID JUVENTUS - IL PRESUNTO FALLO DI BENATIA SU LUCAS VASQUEZ
BUFFON E CRISTIANO RONALDObuffon 1
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