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ARTICOLO DI ESTER COEN
Alessandra Mammì a Dagospia
Caro Dago
A proposito della dura recensione di Ester Coen alla mostra Post Zang Tumb Tuuum Art Life Politics Italia 1918-1943 alla Fondazione Prada
Capisco perfettamente le critiche di Ester. Ma non le condivido.
Credo che non bisogna aver paura della storia anche quando la storia fa paura.
Sono anni, in fondo, che abbiano sdoganato Sironi e Casorati, così come le case del fascio, le città di fondazione, le più celebrative opere del ventennio, gli architetti che collaborarono con il fascismo ma lo abbiamo fatto sempre in un contesto che ne salvava la ricerca e ne taceva in fondo la complicità.
Quante mostre abbiamo visto su Balla senza alcune di quelle opere di propaganda che qui ci fanno rabbrividire. Quante su Sironi che abbiamo rilanciato come il grandissimo artista quale oggettivamente è , e che qui mostra terribili vignette su Matteotti?
Quante volte abbiamo taciuto le strette connessioni fra i nostri migliori artisti e il più repressivo e atroce aspetto del potere?
E se non abbiamo taciuto le abbiamo lasciate vaghe e sullo sfondo. Qui, in una mostra che di Arte e Potere tratta, sono esplicite. Non condannate, ma mostrate. Spaventa la normalità di come giorno dopo giorno, esposizione dopo esposizione, tra biennali e sindacali fasciste, questi artisti si siano non solo tranquillamente adeguati al regime, ma lo hanno glorificato.
Art Life Politics, Italia 1918-1943 - Marinetti 8
Ci credevano? Fu puro opportunismo? O lo fecero per difendere il loro lavoro e una ricerca che oggettivamente non fu repressa o piegata a propaganda ottusa al verismo piatto e illustrativo come accadde ad esempio nella Germania nazista. Dietro al fascismo e dentro al fascismo lavorarono anche menti raffinate e una borghesia colta che lo appoggiò e ne difese le arti. Imprenditori, collezionisti, galleristi informati di quanto accadeva in Europa.
E’ questo che ci spaventa? E’ questo che non vogliamo vedere?
Il metodo che segue Germano Celant è implacabile. Procede per documenti. Sospende il giudizio. Non è una mostra ideologica, lascia parlare le cose. Per due volte ho visitato la mostra e sempre mi sono chiesta come fosse possibile che questa sperimentazione e ricerca non fosse accompagnata da una critica e da una ribellione al regime. C’è solo un gigante che urla tutta la sua inquietudine ed è Arturo Martini incapace di retorica anche quando scolpisce il suo aviatore col corpo ridotto a un fascio di muscoli tesi, disidratati, più disperato che eroico.
Per due volte ho visto rarefarsi, procedendo verso la fine, ogni energia e ogni convinzione man mano che la guerra procede. Ancora una volta è Martini con la sua donna sott’acqua decapitata a lasciare un segno sullo spirito del tempo.
Ma in tutta questo lungo percorso io non ho visto quella “Cancellazione della memoria tanto più insidiosa oggi che in Europa, e non solo, riemergono i tratti e le paure di una deriva totalitaria”.
Tutt’altro: più che il rischio di apologia ho colto un avvertimento. Nei regimi si scivola piano piano e persino in bellezza, un po’ come l’aneddoto della rana che messa nell’acqua fredda si lascia cuocere a poco a poco.
Art Life Politics, Italia 1918-1943 De-Chirico_Matisse-1-635x804Art Life Politics, Italia 1918-1943Art Life Politics, Italia 1918-1943 SironiArt Life Politics, Italia 1918-1943Art Life Politics, Italia 1918-1943 Balla
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