
DAGOREPORT - QUANDO È MORTO DAVVERO PAPA FRANCESCO? ALL’ALBA DI LUNEDÌ, COME DA VERSIONE UFFICIALE,…
Alessandra Mammì per Dagospia
L'ultimo “Giornale dell'arte” n. 344 a pag 6, consiglia caldamente a curatori/direttori stranieri di tenersi alla larga dai musei e analoghe istituzioni italiane, dove, dopo un primo caloroso “welcome” si finisce fritti in padella come Pinocchio, tra giochi di politica locale e ostruzionismo della burocrazia.
Perché qui si pensa che assumere lo straniero renda subito internazionali e attiri sponsor come mosche. Tranne poi accorgersi che magari questo non succede e liquidare il malcapitato con metodi che in qualsiasi altro paese d'Europa sarebbero inconcepibili.
Del resto (spiega Anna Somers Cocks che firma il lungo articolo), sempre a differenza del resto del mondo l'Italia è l'unica nazione convinta che dai musei si può trarre gran profitto e che quindi a presiedere e dirigere tanta istituzione è bene sostituire allo studioso (confinato in ruoli curatoriali) un manager che possa modernizzare e “attirare capitali”. Non funziona così. E infatti nessun museo inglese o americano è diretto da manager.
A capo del Metropolitan c'è uno studioso di arazzi, a capo della Tate un contemporaneista e persino una potenza privata come il Getty ha designato in qualità di Ceo uno storico dell'arte.
Lo stesso dicasi per i Consigli di Amministrazione d'oltralpe che non si azzarderebbero mai ad intromettersi nella programmazione del museo ,ma sanno che il loro compito è solo garantire una corretta gestione.
Nel 2005 invece al museo Egizio di Torino un illustre egittologa Eleni Vassilika finì in rotta di collisione con il presidente del Cda Alain Elkann che entrava a gamba tesa quasi quotidianamente in scelte di cui non aveva la sufficiente competenza. Nel 2013 coi nervi sfatti la Vassilika (che pure ha portato L'Egizio a standard internazionali) lasciò Torino. Ora approdata in Inghilterra è direttrice del National Trust che con le oltre 3oo dimore storiche è di fatto il più grande museo del Regno Unito.
Sbrigativo ,traumatico e mai chiaramente motivato fu anche il licenziamento di David Landau, imprenditore israeliano, studioso di Rinascimento italiano e nominato presidente della Fondazione Musei Civici veneziani dall'uscente sindaco Cacciari nel 2010. Tre mesi dopo il nuovo sindaco Orsoni gli dà brutalmente il benservito con lettera di licenziamento consegnata da un poliziotto.
Infine il caso Jens Hoffmann: giovane direttore scelto per la successione a Ida Giannelli. Aveva chiesto tre condizioni. La prima economica e fu accettata;la seconda di leggere il contratto in inglese; la terza di aspettare qualche giorno per permettergli di avvertire l'istituzione da cui stata uscendo (Wattis Institute for Contemporary Art di San Francisco). Ma il presidente Giovanni Minoli dà la notizia prima ancora della firma e Hoffmann furibondo fa saltare tutto «Avevo accettato l’incarico di direttore perché amo molto il Museo del Castello di Rivoli e la sua collezione Ma a questo punto ho perso la fiducia nel presidente Minoli e rinuncio alla direzione».
Per tutta risposta Minoli,invece di scusarsi, risponde con arroganza: “Hoffmann non è una persona seria, avrà avuto altri motivi personali, magari voleva farsi pubblicità”. Pubblicità????
DAGOREPORT - QUANDO È MORTO DAVVERO PAPA FRANCESCO? ALL’ALBA DI LUNEDÌ, COME DA VERSIONE UFFICIALE,…
DAGOREPORT – MA ‘STI “GENI” ALLA FIAMMA DI PALAZZO CHIGI PENSANO DAVVERO DI GOVERNARE IL PAESE DEI…
PAPA FRANCESCO NON VOLEVA INCONTRARE JD VANCE E HA MANDATO AVANTI PAROLIN – BERGOGLIO HA CAMBIATO…
DAGOREPORT – LA VISITA DEL SUPER CAFONE VANCE A ROMA HA VISTO UN SISTEMA DI SICUREZZA CHE IN CITTÀ…
SE LA DIPLOMAZIA DEGLI STATI UNITI, DALL’UCRAINA ALL’IRAN, TRUMP L’HA AFFIDATA NELLE MANI DI UN…
QUANDO C’È LA FIAMMA, LA COMPETENZA NON SERVE NÉ APPARECCHIA. ET VOILÀ!, CHI SBUCA CONSIGLIERE NEL…