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DAGOREPORT - BERLUSCONI ALLA SCALA SI È VISTO UNA SOLA VOLTA, MA IL BERLUSCONISMO SÌ, E NON AVEVA…
Suzy Lacy Three.Weeks.InJanuary
Alessandra Mammì per Dago-art
Le performer europee erano più di noi interessate al loro corpo, più colte di noi forse e anche più belle. Ma noi eravamo molto più efficaci”. Toste e decise. Come lei Suzanne Lacy piccola e bionda che a settant'anni ne dimostra parecchi meno e arriva in Italia nello spazio milanese del museo Pecci (fino al 6 gennaio 2015) con un titolo che è tutto un programma “Gender Agendas” e lo stesso piglio di quando arrivò a Bologna nel 1977 a portare un lavoro che potrebbe aver fatto ieri e nessuno se ne stupirebbe.
Suzy Lacy. In Mourning_and_In_Rage
Proprio lì: in quel trionfo della Settimana internazionale della Performance, dove Marina Abramovic e il suo compagno Ulaj, nudi come vermi e appoggiati a due stipiti della porta costringevano i visitatori a passare strusciandosi contro i loro corpi. E mentre Marina bella, potente e statuaria usava il corpo come materia d'arte, Suzy ,ricciola, piccolina e tutta vestita appendeva con le puntine la mappa di Los Angeles e ci stampava sopra con tutta la forza i timbri rossi con la parola "Rape" fino a lasciare una sanguinolenta scia di strade e piazze.
Non era solo un atto estetico, era una denuncia civile. Per tre settimane di maggio Suzanne fu in continuo contatto con la polizia locale. Per tre settimane le segnalarono i casi di stupri e molestie nella patria di Hollywood. E lei usò l'arte per urlare la sua rabbia.
Era il 1977. Potrebbe essere il 2014. Oggi come allora lo stupro è sport di massa.
Suzy Lacy "Three_Weeks_in_May"
Così quando Fabio Cavallucci direttore del pecci le chiede tra le domande di un'intervista che sarà pubblicata in catalogo: Hai ancora fiducia nel fatto che l'arte possa cambiare il mondo?
Lei giustamente risponde: "Penso che le persone possano cambiare il mondo, e alcune persone, come me, preferiscono comunicare attraverso l'arte. Io non privilegio l'arte rispetto ad altre forme di attivismo, come i discorsi pubblici, le campagne elettorali, le proteste, e così via. L'arte apporta particolari caratteristiche alla situazione politica, come fornire una piattaforma per riunire le persone in modo nuovo, avere la capacità espressiva di commuoverle, o sostenere nuove intuizioni ridefinendo l'esperienza".
Violenza, femminicidio, oblio. Il lavoro di Suzanne trasforma la fluida cronaca in arte. La rende simbolica e dunque permanente. Monumento persino.
Quando si rese conto ad esempio che una città come Chicago esibiva solo monumenti di uomini, decise di correre ai ripari a modo suo contro la palese ingiustizia. E sparse per la città grandi blocchi di marmo grezzo con etichette dorate dove era inciso il nome di cittadine di Chicago degne anche loro di nota. Non solo per aver raggiunto il potere in qualche tribunale o università o governo della città, ma anche semplicemente per aver sparso intorno a sè buon senso, amore, speranza amicizia.
Perchè un'altra profonda differenza fra artiste d'Europa e d'America è proprio nel rapporto con il collettivo. Mentre qui negli anni Settanta la performer ( Marina docet) era soprattutto autoriferita e spesso autoflaggelante, lì le artiste offese dal maschilismo diventavano creative capo-popolo che con la creatività riscattavano anche l'umiliazione. Collettivi, discussioni happenings. Occupazioni di territorio e gruppi di auto coscienza che univano politica ,ricerca estetica, diritti civili.
Suzanne era e resta infaticabile attivista. All'epoca mise in scena un'inchiesta sulla prostituzione con video e pannelli incisi dalle testimonianze di prostitute che raccoglieva nelle strade e nei bar.
Due anni fa alla Tate Modern organizzò una performance dedicata all'invecchiamento e la costruì come una complessa coreografia che univa le testimonianze di donne (tutte over 60) a un set costruito con tavoli dove a centinaia si sedevano per parlare di sé mentre un video dall'alto riprendeva la scena per ricomporla poi in un 'accellerata danza di gesti e parole.
Lavori complessi nell'ideazione ma potenti nella percezione. Come potenti sono le maschere bianche su cui le donne messicane incidono memorie per denunciare le violenze subite dai loro uomini nell'apoteosi finale di una platea muta e indistinta. Come il loro destino.
Che cos'è è stata l'arte femminisita chiede Cavallucci nel corso dell'intervista e Suzanne Lacy risponde:
È un errore pensare che l'arte femminista fosse solo una ricerca d'identità e di giustizia sociale; era anche un tentativo di esplorare forme estetiche di linguaggio in una varietà di modi diversi.
Suzy Lacy "Prostitution Notes"
Non intendo denigrare le potenzialità dell’arte, né intendo elevarle al di sopra di tutte le altre forme di attività politica. Rifletto molto sugli eventi attuali e sulla formazione della percezione del pubblico, in particolare attraverso i media; rifletto molto anche sull’etica, e così, naturalmente, questi interessi si ripresentano nel mio lavoro. Ma io non faccio arte perché sono un’azionista politica. Faccio arte, perché la mia mente sembra operare più felicemente nell’apertura e nelle possibilità non ancora formate e perché, fare arte, nonostante tutto lo stress e lo sforzo, mi dà un piacere immenso.
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