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Enrico Sisti per "la Repubblica"
Cosa deve fare una semifinale per sembrare più finale di questa? FCB contro FCB, un Fussball club contro un Futbol Club. Della finale questa sfida ha tutto tranne il campo neutro e la botta secca. I campi saranno ancora due. Il pubblico cambierà . Ma il senso di finale anticipata resta. Bayern e Barcellona sono due poesie con un po' di verso libero e qualche rima baciata.
Sono le due squadre che meglio esprimono il senso artistico e la concretezza del calcio stagionale (ma è solo per stringere). Hanno sulla coscienza la colpa di aver allontanato l'Italia da questa Champions rimpiccolendo Juventus e Milan. Nei rispettivi campionati hanno segnato 188 gol in due. La loro filosofia è accomunata da estro del momento e tattica da lavagna. Storie, personaggi, eroi, campioni e dolori (qualche dolore ce l'avranno pure loro...) allontanano e avvicinano Allianz Arena e Camp Nou, intersecandosi come cross dal fondo.
Van Gaal reclama la paternità del gioco di entrambe. Fu mandato via dal Barcellona nel 2000 dopo aver vinto in Spagna e aver promosso Guardiola capitano e dal Bayern dopo aver perso la finale contro l'Inter di Mourinho. Ciò non gli impedisce, si presume a ragione, di sentirsi l'architetto, l'architrave, il patriarca di entrambi i sistemi, migliorati poi dai suoi successori. Bayern e Barcellona significano molto più delle partite giocate una contro l'altra, tutto sommato poche: appena sei nell'oceano delle rispettive vicende agonistiche. L'ultima volta, nell'andata dei quarti della Champions 2009, il Barcellona veleggiò: 4-0 alla fine del primo tempo.
Era il Bayern allenato da Klinsmann, c'erano Toni e Oddo. Non ci fu partita. Rispetto ad allora i tedeschi hanno rinnovato di più: sono rimasti Ribery, Lahm, Badstuber e Schweinsteiger. Mentre di quel Barcellona sopravvivono ancora Messi, Piqué, Alves, Iniesta, Xavi, Puyol e Valdes, Busquets e Pinto. Un segnale?
S'è sparsa la voce anche in Catalogna: per la prima volta dopo anni di dominio scandito dalla disumana continuità di Lionel Messi e cementato dall'intuito di Pep Guardiola futuro allenatore del Bayern che guarderà il match da casa sua a New York, il Barcellona approda a una semifinale da sfavorito. C'è poco da fare: pur privo di Mandzukic squalificato e Kroos infortunato, è il Bayern (su cui pesa soltanto l'indagine per evasione fiscale nei confronti di Uli Hoeness) la squadra da battere.
Lo dicono certe robustezze assortite. Il Barcellona sa cosa l'aspetta: si troverà di fronte uno specchio tattico e a molti parrà strano che dall'altra parte deambulino calciatori capaci di esprimere un analogo possesso palla: «Dobbiamo imporre il nostro stile, la partita dipenderà da questo, dal possesso palla migliore», ammette Xavi.
«Deciderà la rapidità d'esecuzione », aggiunge Roura, il vice di Vilanova, «saranno fondamentali ritmo e intensità ». Certo Messi è la chiave che può aprire qualunque porta: «Ma non possiamo vincolarci alla sua presenza, anche perché solo ieri abbiamo deciso di inserirlo. Dicono che il nostro top sia stato il 4-0 al Milan: quindi per arrivare a Wembley dovremo superarci».
Lahm tira corto: «Spero che Messi non giochi». Jupp Heynckes è il tecnico più dimissionario e vincente di tutti i tempi, un vero paradosso della panchina: «Noi esprimiamo gioia, mescoliamo spontaneità , intuizione e preparazione, da noi non esistono riserve».
Definisce il suo Bayern uno «Zeitgeist», uno spirito dei tempi, il miglior calcio della modernità . Jupp, che adesso qualcuno si diverte a chiamare, giocando sul suono della lettera «pi» e sull'imminente cambio, Pep Heynckes o Pupp Heynckes, ha abbassato la difesa ma la sua squadra rimane intimamente piovra, ha tentacoli ovunque e si arma in un attimo. And the winner is...
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