DAGOREPORT - INTASCATO IL TRIONFO SALA, SUL TAVOLO DI MELONI RIMANEVA L’ALTRA PATATA BOLLENTE: IL…
Giancarlo Dotto per Dagospia
Ah, che spasso il volto tirato alla Prandelli! La comicità irresistibile di quel grumo deamicisiano di dignità e fierezza che gli invade il volto, mentre, si capisce dalla mascella serrata, vorrebbe mandare a ‘fanculo mezzo mondo prima di dimettere se stesso. Che chiama alle armi l’anima bella che gli ronza dentro quel torace grande come una sacrestia, ti guarda dritto in faccia alias telecamera e scandisce tra l’odore d’incenso: “Io pago le tasse”, come aspettandosi una standing ovation. Il nobile virus della dimissione colpisce anche Abete, uomo colto e delicato.
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Ma, se la delicatezza non sa diventare furore quando è il caso, e questo, da anni, è il caso, resta solo il debilitante sussurro democristiano, uno sfibrante e paralizzante aggiustamento dialettico. Il nostro pallone quotidiano ha una febbre da cavallo, si trascina comatoso puntando solo a razzolare il denaro delle televisioni. Ci vuole una nuova sintassi, celiniana, dura, anacolutica, implacabile. La dove c’era l’Abete, ci vogliono tuoni e saette.
Doveva essere il giorno di Ciro. Lo è stato, ma nel senso funesto. Ciro Esposito è morto. Ci saranno ritorsioni, vendette, faide. Il peggio avanza e non c’è fine. Da dove ripartire? Per uscire da tutto questo, ci vuole un feroce Saladino o un pragmatico Mazarino. Moreno è un alibi che fa acqua, un lazzo da bar. Il dopo Prandelli? Non può essere il sorriso fessoide di Allegri (a Roma ancora benedicono tutti i santi per averlo scampato). Meglio Mancini, chissà, meglio ancora Spalletti. La squadra. Fuori per sempre il tocco mozartiano di Pirlo, resteranno dei mohicani Buffon e De Rossi, forse Barzagli.
Sono stati anche qui, nella disfatta, i più fedeli alla missione. Anche se, in cuor loro, molto ma molto scettici, e uso un eufemismo alla massima potenza, su metodi e codici prandelliani. Ripartire dai Verratti, dai Dermian, dagli Immobile. Poco altro. Balotelli, l’abbiamo sempre saputo, ora non possiamo più fingere di non saperlo, è una bolla mediatica, l’equivalente di invenzione letteraria.
Il primo a credersi un fuoriclasse è stato lui, poveraccio, la vera vittima. Quello che l’ha fin qui lanciato nella stratosfera dell’equivoco, il colore della pelle, l’arroganza selvaggia dello sguardo, rischia ora di sotterrarlo. Antonio Cassano? Tristezza per favore va via. Che l’etico, sofferto Prandelli abbia imbarcato uno come lui, uno che ha intossicato gli spogliatoi di mezzo mondo, aggiungendolo all’altro intossicatore, Balotelli, ti spiega che il pensiero è fragile, l’etica è labile, ma il masochismo infinito.
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