DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER…
Leonardo Martinelli per La Stampa
«A forza di calcolare, si fa delle nostre vite delle equazioni indecifrabili». Ci voleva una donna, una delle rare esposte (perché rare sono le artiste nella street art), per sintetizzare lo spirito di questi luoghi, con una buona dose d' ironia. Lei è Madame, anche se il suo nome «intero» è Madame Moustache: si firma nelle strade di tutto il mondo con dei baffi, piccoli «moustache».
Nel cortile posteriore dell' école 42, avanguardistica scuola d' informatica nel Nord di Parigi, ai margini della porta di Clichy, ha realizzato uno dei suoi caratteristici collage: così rétro, all' apparenza innocui, in realtà veicolo di un femminismo agguerrito.
Scuola all' avanguardia Madame è uno dei 50 artisti esposti nel primo museo d' arte urbana di Parigi. Si tratta di una parte della collezione privata di Nicolas Laugero-Lasserre, 41 anni, esperto mondiale del settore (pure alla guida di Icart, la scuola di management della cultura e del mercato dell' arte).
Da tempo aveva l' idea di un museo permanente (e gratuito, per non offuscare troppo lo spirito della street art). Non a caso ha scelto uno spazio come l' école 42, quella di Xavier Niel, outsider miliardario francese, fondatore di Free, operatore di telefonia mobile, che sta per sbarcare anche in Italia. Niel, che non è passato dal solito frullatore delle grandes écoles francesi (non è laureato, ma è un genietto dell' informatica), ha creato sui propri fondi personali questa scuola, che dà la possibilità di formarsi gratuitamente nel suo campo a studenti di tutto il mondo, senza neanche la maturità.
L' edificio (modernissimo) è aperto 24 ore su 24 e sette giorni su sette, con vaste sale piene di Mac e giovani dall' allure di geek. Ora ci sono pure 150 capolavori della street art: l'«Art 42», in mezzo alla scuola. La visita è possibile il martedì sera e il sabato mattina e c' è sempre il pienone di visitatori, scrutati dagli studenti, con lo sguardo fisso sugli schermi (e sulle loro «equazioni indecifrabili», direbbe Madame). Forse non si rendono conto di convivere con le opere dei grandi dell' arte urbana.
Si parte dal piano terra con una serie di classici, come Shepard Fairey, più noto come Obey (quello del manifesto elettorale pop e colorato di Barack Obama, che secondo alcuni contribuì alla sua vittoria nel 2008), o ancora il solito Banksy.
Proprio all' entrata due francesi, ZEVS (con una raffigurazione di marchi del lusso che si sfaldano, gocciolando) e C215, con un distributore di preservativi che riporta sopra il faccione di Dominique Strauss-Kahn. Man mano che ci si avventura all' interno si scoprono artisti di ogni orizzonte e sempre più giovani, come l' italiano Blu (incredibile la sua abilità nel disegno: «Il nulla» è una serie di bocche che parlano inutilmente, forse metafora dell' italianità inconcludente), il portoghese Pantonio (sua la riproduzione arcipoetica di figure acquatiche ipnotizzanti, perse nell' oceano) o lo spagnolo Okuda (con ritratti coloratissimi).
Quotazioni stellari I neofiti scoprono come la street art sia bella (o forse lo sia diventata), prodotto anche di giovani laureati alle Belle arti o simili, ribelli ma tecnicamente molto capaci. Un solo dubbio: ma l' arte urbana non doveva vivere solo nelle strade? Come ricordato dalle guide (studenti dell' Icart), lì si deteriora e quindi gli artisti riproducono le loro opere su tela o altri supporti. O svolgono in ogni caso un lavoro parallelo e preparatorio nei propri atelier. Alimentando anche il mercato dell' arte, dove la street art macina ormai quotazioni stellari.
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