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Alessandra Bocci per la Gazzetta dello Sport
La macchina del tempo si è messa in moto più o meno alle 18 di una domenica d' ottobre, quando Silvio Berlusconi è salito in macchina e ha percorso gli otto minuti che separano casa sua dallo stadio Brianteo. Lì è cominciato il viaggio a ritroso. Pezzi di vecchio Milan si sono radunati per il suo ritorno, i fotografi della Real Casa rossonera, i giornalisti che lo avevano visto arrivare in elicottero all' Arena di Milano. Facce vecchie e nuove nel nugolo che lo accoglie con microfoni e telecamere, come sempre.
Davanti ai cronisti avidi di notizie politiche e agli habitué di San Siro passano l' amministratore delegato della Fininvest Danilo Pellegrino, Paolo Berlusconi, Adriano Galliani con cravatta azzurra e bianca, per il momento quelle gialle che portavano fortuna al Milan restano nell' armadio. Ecco, il Milan. Manca una settimana al derby e anche questo sembra un segno in una storia che intreccia passato e futuro. E siccome passano gli anni, ma Berlusconi non cambia, ecco che arriva la tirata d' orecchie al Milan. «Di questa proprietà si può aver fiducia, io sono milanista dalla nascita e guarderò il derby in tv, con il solito disappunto per il sistema di gioco». A Silvio, il Milan di Gattuso non piace.
«Dovrebbe giocare sempre con due punte. Higuain è un goleador, Cutrone un' ottima prima punta. Gonzalo dovrebbe avere accanto a sé un altro attaccante con Kakà (lapsus freudiano, voleva dire Suso, ndr ) alle spalle». Tutto passa, tutto torna, anche le critiche.
Ed ecco che la storia di Berlusconi e Galliani ricomincia e Berlusconi si dice emozionato per il rientro. «Quello che mi ha spinto a dire sì all' acquisto di questo club è stata l' idea di dare vita a un nuovo modo di essere giocatori e di giocare a calcio». Un' altra mission insomma.
TALISMANO Certo, lavoro da fare ce n' è. Berlusconi oltre il campo avrà visto la tribuna di fronte, vuota, mentre in curva non si stancano di cantare. C' è uno striscione: «Benvenuto Silvio, grazie per il sogno». Ci sono i selfie e gli applausi. Ci sono tremila persone, ma l' a.d Galliani è convinto che con i risultati si moltiplicheranno anche i fan. La squadra era prima in classifica al momento dell' annuncio, ha perso due gare in trasferta, pareggiato con la Triestina sotto gli occhi di Silvio: in vantaggio, si è fatta raggiungere su rigore.
Il primo marcatore del Monza berlusconiano è Stefano Negro, classe 1995, capelli a posto, che come i compagni dovrà adattarsi al nuovo programma, il quale prevede giocatori giovani, sbarbati, «tutti italiani naturalmente. Mi hanno detto: se cercate ragazzi senza tatuaggi, non troverete giocatori. Io credo invece che li troveremo». Un problema che dovrà risolvere il d.s. Filippo Antonelli, che parla fitto con Berlusconi per tutto il tempo, e magari Silvio gli avrà pure dato qualche consiglio da passare all' allenatore. Perché tutto passa, anzi non proprio tutto. Dopo la partita c' è pure il tempo di reclamare per un penalty non dato. «Il rigore si fischia ogni volta che si rende impossibile un gol. L' arbitro non lo ha fatto».
MODELLI C' è spazio per i reclami, ma anche per la filosofia, come nel discorso motivazionale fatto alla squadra prima della partita e come nei proclami sull' organizzazione futura.
«Vogliamo creare un modello di club che magari possa essere imitato da altri. Vogliamo investire nella ricerca di giovani in tutta Italia. Vorremmo ragazzi ordinati, educati e leali. In campo si vedono giocatori che non si possono guardare, scene che non si possono fare». Senza tornare alla brillantina degli anni Cinquanta, che magari gli piacerebbe pure, Berlusconi vuole un Monza società modello e dei giocatori modelli. «Ben vestiti, ordinati, senza orecchini». Al parrucchiere Aris, che pare sia il numero uno in città, Berlusconi ha fatto una bella pubblicità ma lo ha messo anche all' angolo. «Si è offerto per mettere a posto le capigliature di tutti i ragazzi».
A Milanello c' era il parrucchiere tutte le settimane, tutto torna. Ma questo è il Monza, non il Milan, e Berlusconi va cauto. Come sul sogno Kakà: «Galliani gli ha telefonato, Ricky ha risposto che questa avventura gli sarebbe piaciuta ma ora preferisce stare coi figli. Monza, comunque, è una città importante, conosciuta nel mondo per la Formula 1 e ha una squadra che rafforzata potrà fare bene, salire dalla Serie C alla B, chissà... magari anche in A. E voi sapete chi sono i monzesi? Sono quelli che, quando nascono, vengono buttati dal padre sui vetri: se scivolano giù, è finita. Quelli che ci sono in giro, sono quelli che sono restati su. I monzesi ne sanno una più del Diavolo». Diavolo che domenica proverà a non scivolare sul vetro dall' Inter. E la mente di Silvio il monzese resta lì, a meditare sul mistero della punta unica.
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