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UN “BIONDINO” DA COPERTINA - ADDIO ALL'EX PRESIDENTE DEL MILAN FELICINO RIVA – DOPO AVER EREDITATO DAL PAPA’ IL GRUPPO TESSILE VALLESUSA IN 5 ANNI LO PORTO’ AL CRAC – PER NON FINIRE IN CARCERE SCAPPO’ A BEIRUT DOVE E’ RIMASTO FINO AL 1982 - UNA VITA TRA SALOTTI, DONNE, MOTOSCAFI E CHAMPAGNE: LUI E GIGI RIZZI, I PLAYBOY ITALIANI CHE TUTTI AVREMMO VOLUTO ESSERE
Claudio Del Frate per www.corriere.it
Di lui, che fu presidente del Milan, si sono ricordati solo i «rivali» della famiglia Moratti e pochi altri. E’ morto due giorni fa, dimenticato dai più Felice Riva, detto «Felicino», che a metà degli anni ‘60 aveva Milano ai suoi piedi ma che bruciò tutto in spericolate operazioni finanziarie che lo fecero passare prima per il carcere (per poco) e poi per mezzo Medio Oriente in fuga da un mandato di cattura internazionale.
Felice Riva ereditò dal padre morto all’improvviso il gruppo tessile Vallesusa, uno dei simboli del boom economico italiano: 30 stabilimenti e 15mila dipendenti. Cinque anni più tardi l’intero impero economico di Felicino si era volatilizzato, compreso il Milan - quello di Rivera, Altafini e della prima Coppa Campioni conquistata a Wembley - che Felicino aveva acquistato dalla famiglia Rizzoli. Aveva 82 anni: la morte di uno dei personaggi più in vista della Milano del boom, è stata ricordata da appena 6 necrologi sul Corriere, compresi quelli della famiglia e quelli dei Moratti.
Nella Milano degli anni ruggenti
Felice Riva venne catapultato di colpo ai vertici dell’azienda di famiglia: era il 1960 quando il padre morì all’improvviso durante un banale intervento di appendicectomia e lui, il «biondino», diplomatosi al collegio dei gesuiti «Leone XIII», si trovò in mano le chiavi di un impero industriale. Erano gli anni in cui Milano era in cima al mondo, anni in cui niente sembrava impossibile, se avevi la fortuna o la capacità di fare soldi.
Felicino era uno che non nascondeva la ricchezza, stava sulla cresta dell’onda in senso letterale, solcando il mare in motoscafo e anche metaforicamente. Spendeva, ostentava, faceva parte di un mondo dorato e lo rivendicava come un merito e come tanti della sua generazione e della sua condizione sociale; e per non essere secondo a nessuno aveva acquistato il Milan nel 1963. Ma nella Milano capitale economica e morale d’Italia, i passi falsi non venivano perdonati.
Il crac, il carcere, la fuga
Nel 1965, dopo una serie di investimenti finiti rovinosamente, il gruppo Vallesusa viene dichiarato fallito: gli stabilimenti chiudono e 8mila operai si trovano dalla sera alla mattina in mezzo a una strada; il tribunale accerterà un «buco» di 46 miliardi di lire, un’enormità per l’epoca. Nel 1969 Riva viene condannato a 4 anni di carcere per bancarotta fraudolenta: lo arrestano una sera all’uscita di un cinema in centro a Milano , poco prima i suoi dipendenti, a una serata alla Scala, gli avevano lanciato contro volantini dicendogli a brutto muso che il suo posto era a san Vittore.
Ma dietro le sbarre il «biondino» ci resta pochi giorni: il mandato di cattura viene annullato per un vizio di forma e lui capisce che Milano non è più il suo posto. Fugge all’estero: Nizza, Parigi, Atene sono le sue tappe fino a quando si stabilisce in Libano, allora la «Svizzera d’Oriente»; si rifarà una vita a Beirut, grazie ai capitali esportati.
La seconda vita a Beirut
Sarà un «esilio dorato» ma punteggiato anche da momenti duri: 50 giorni trascorsi in carcere anche in Libano, la separazione dalla moglie, la giustizia e i creditori pronti a balzargli addosso. In più all’inizio degli anni ‘80 il vento cambia anche a Beirut e stavolta sono venti di guerra.
La capitale libanese diventa un campo di battaglia, gli hotel e le piscine tra i quali Riva aveva vissuto finiscono sbriciolati dalle bombe. L’ex industriale fa così ritorno in Italia nel 1982: gli indulti, le amnistie e la cittadinanza libanese hanno fatto evaporare tutti i conti con i tribunali, nessuno lo cercherà più. Felice Riva si ritira a vivere a Forte dei Marmi, avrà rapporti stretti solo con i figli (Raffaella è musicista, ex componente della band Gruppo Italiano e collaboratrice di Gianna Nannini). E in Versilia Riva si è spento per sempre, due giorni fa.
Il cordoglio del Milan
Nel pomeriggio, sul sito ufficiale del Milan è comparso il messaggio di condoglianze del club alla famiglia Riva, accompagnato da una succinta biografia del personaggio: «E’ stato il primo presidente del Milan dopo Wembley, dopo la vittoria della coppa Campioni contro il Benfica».
Allora la sede della società era in via Serbelloni . «Le cronache lo ricordano alto, biondo, affascinante e milanista - prosegue il messaggio - anche se purtroppo al centro di problemi finanziari che lo portarono a vivere in Libano lasciando comunque il Milan in buone mani. La memoria storica rossonera non dimentica l’ex presidente e tutti i rossoneri si stringono al dolore della famiglia».
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