guido reni

ECCO UN BUON MOTIVO PER FARE UN SALTO A ROMA: GODERE LA BELLEZZA DEI CAPOLAVORI COLLEZIONATI DA SIR DENIS MAHON, DA GUERCINO A CARAVAGGIO, DOMENICHINO E CARRACCI, FINO AL SUBLIME GUIDO RENI DI “ATALANTA E IPPOMENE”

1.LE SCOPERTE DEL «SIR» COSÌ DENIS MAHON RIVALUTÒ IL SEICENTO ITALIANO

Edoardo Sassi per "il Corriere della Sera"-Roma

 

venere marte e amore di guercinovenere marte e amore di guercino

Come si addice a una superstar, la tela andrà via prima della fine della mostra prevista per l’8 febbraio prossimo: c’è dunque tempo, ma solo fino al 7 dicembre, per ammirare uno dei grandi capolavori di Caravaggio, il celeberrimo Suonatore di liuto che il Museo dell’Hermitage di San Pietroburgo ha prestato per questa esposizione appena inaugurata nei saloni al piano terra di Palazzo Barberini, una delle tre sedi romane, la principale, della Galleria nazionale d’arte antica.

 

Titolo della rassegna, Da Guercino a Caravaggio . Ma è forse il sottotitolo a dire qualcosa di più di questa raffinata antologica che mette insieme una cinquantina di opere assai pregevoli: Sir Denis Mahon e l’Arte Italiana del XVII secolo . Si tratta infatti di un’operazione che intende omaggiare la memoria del grande storico dell’arte inglese, straordinaria figura di studioso e collezionista scomparso ultracentenario (era nato a Londra nel 1910) il 24 aprile 2011.

 

san girolamo di caravaggiosan girolamo di caravaggio

«Questa è la sua mostra», hanno più volte ripetuto i curatori (Anna Coliva, Mina Gregori, Sergey Androsov) e gli organizzatori, la Società Beni Culturali di Roberto Celli, in sede di presentazione. Sua nel senso che lo stesso Sir Denis l’aveva desiderata, voluta e iniziata a progettare per festeggiare il suo centesimo compleanno. Una mostra con un’impaginazione diversa ma in parte già ospitata all’Hermitage, e che ora giunge a Roma (in ambienti dove Mahon era di casa) forte anche di una decina di prestiti eccezionali messi a disposizione proprio dal museo russo.

 

Tra le altre opere in arrivo da San Pietroburgo, La giovinezza della vergine di Guido Reni, Tempo, Venere, Marte e Cupido di Guido Reni, due oli di Nicolas Poussin — Battaglia tra gli Israeliti e gli Amaleciti e Venere, Fauno e Putti — e l’ Assunzione di Maria Maddalena in cielo di Domenichino. E basta aggiungere a questi i nomi dei Carracci — Annibale, Ludovico, Antonio, anche loro presenti nell’allestimento — per capire quanto questa dedica a Denis Mahon vada oltre le ragioni di un omaggio.

 

marte e cupido di guido renimarte e cupido di guido reni

In mostra ci sono infatti i suoi autori, quelli studiati e amati durante oltre settant’anni di ricerche, nuove attribuzioni e straordinarie scoperte che contribuirono in buona parte alla «riscossa» della (fino ad allora) sottostimata pittura barocca, italiana soprattutto, ma anche europea.

 

Tra i quadri tanto amati dal grande storico dell’arte («una semplicità di questo tipo — ebbe a scrivere di questa opera — non si può facilmente ritrovare più avanti nel periodo giovanile dell’artista») c’è ad esempio la deliziosa Madonna con Bambino detta Madonna del passero , raffinato olio del Guercino prestato dalla Pinacoteca nazionale di Bologna.

 

Il quadro, che rappresenta Maria mentre fa giocare Gesù con un passerotto tenuto al guinzaglio da un sottile filo di seta, è uno dei pezzi del lascito dello stesso Mahon, il quale com’è noto cedette, in parte in vita e poi per testamento, la sua importante collezione personale a istituzioni diverse, tra le quali proprio il museo bolognese cui andarono alcune pregevoli opere della Scuola Emiliana del Seicento divenute così di proprietà dello Stato italiano.

il suonatore di liuto di caravaggioil suonatore di liuto di caravaggio

 

Dunque Mahon studioso, Mahon collezionista, Mahon mecenate e perché no, anche Mahon personaggio, l’elegante dandy in perenne doppiopetto e panciotto, con l’aria vispissima anche dopo i 90 anni (e lo si evince anche nei video allestiti nelle sale): la mostra non tralascia alcun aspetto dell’uomo e del percorso dei suoi studi. Non poteva dunque mancare il Mahon grande caravaggista.

 

Organizzatori e curatori hanno provato a ottenere in prestito dai Musei Capitolini il San Giovannino del Merisi, ottenendo però un diniego dal Comune di Roma; fu proprio Denis a scoprire per primo negli anni Cinquanta che questo quadro era in realtà l’originale, e non la copia, di mano del Ribera, conservata sempre a Roma nella Galleria Doria Pamphili ma fino ad allora considerata autografa.

 

Una mancata concessione comunque compensata dalle non poche tele di Caravaggio. Di Merisi, oltre al magnifico Suonatore di San Pietroburgo sono infatti presenti tre prestiti «Roma su Roma» ( Giuditta e Oloferne dello stesso Palazzo Barberini, Bacchino malato e San Girolamo della Galleria Borghese) più altri due quadri: Il Cavadenti della Galleria Palatina di Firenze e l’assai discusso, quanto ad autografia, San Francesco in meditazione (Museo civico di Cremona), che Mahon nel 1951 volle riconoscere come opera di mano del lombardo, un’attribuzione cui seguiranno (e seguono ancora) pareri concordi e discordi.

guido reni s. pietro penitente collezione mainettiguido reni s. pietro penitente collezione mainetti

 

2. IL COLLEZIONISTA CHE COMPRAVA RENI E CARRACCI PER POCHI EURO

Lauretta Colonelli per "il Corriere della Sera"

 

Lo studioso raccolse 76 capolavori (disprezzati dai critici) Sir Denis Mahon ebbe tre grandi passioni: la pittura barocca, la buona tavola, l’opera lirica. E tre grandi regali dal Destino: nascere ricco, la capacità di riconoscere un artista al primo sguardo, il buonumore. Conservò passioni e regali fino agli ultimi giorni della vita, durata cento anni e cinque mesi.

 

Quando morì, il 24 aprile 2011, lasciò ai musei di mezza Europa una collezione di 76 capolavori, da Guercino a Caravaggio, da Guido Reni a Domenichino. E una mole di studi che già nella prima metà del Novecento avevano cominciato a rivoluzionare la critica d’arte anglosassone, convinta da John Ruskin a disprezzare tutto quello che era venuto dopo il Rinascimento e a considerare il Barocco «spazzatura» e i Carracci «scorie di Tiziano». Fu tuttavia grazie a questo disprezzo che Mahon poté raccogliere in poco tempo una collezione così importante. E per una manciata di spiccioli.

 

Il primo Guercino, La benedizione di Giacobbe, lo comprò a Parigi nel 1932 per 120 sterline. Il secondo Guercino, Elia nutrito dai corvi, proveniente da casa Barberini, lo scovò in un solaio e lo prese nel 1934 per 200 sterline. Nel 1945 si aggiudicò da Sotheby’s, per 80 sterline (130 euro di oggi), il Ratto d’Europa, che Guido Reni aveva dipinto per Wladislaw IV re di Polonia.

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Dovette battere la concorrenza di un corniciaio, Wiggins, che era interessato solo alla cornice Regence e non sapeva che farsene del dipinto, tutto nero perché mai ripulito. Mahon l’aveva riconosciuto senza alcun dubbio. Aveva allenato l’occhio, fin da bambino, a fianco del padre che gestiva la banca d’affari di famiglia, ma trovava il tempo per visitare musei e chiese e giocare con il piccolo Denis al gioco dell’attribuzione.

 

Bisognava identificare un pittore da lontano e Denis ci riusciva quasi sempre. In seguito furono determinanti, nella sua formazione, gli studi con Kenneth Clark, direttore all’Ashmolean Museum di Oxford, e con Nikolas Pevsner che suggerì a Mahon di avviare uno studio su Guercino. Fu così che nel 1934 Mahon intraprese il suo primo viaggio a Cento e restò folgorato dall’arte del pittore cresciuto tre secoli prima all’ombra del ducato di Ferrara.

 

giuditta e oloferne di caravaggiogiuditta e oloferne di caravaggio

Da allora in poi i viaggi alla ricerca degli artisti italiani si susseguirono senza sosta. Comprava quadri che poi sarebbero stati rivalutati dai suoi stessi studi. Nel 1964 aveva già le 76 opere della collezione. Non aveva speso, in totale, più di cinquantamila sterline. A quel punto i prezzi presero a salire vertiginosamente. Lui decise di rinunciare agli acquisti. Ma non alla ricerca di capolavori misconosciuti.

 

È famosa la sua incursione nell’ufficio del sindaco di Roma, verso la fine degli anni Cinquanta, dove scovò sopra la porta l’originale del San Giovanni Battista di Caravaggio. O le sue arrampicate, ormai ultranovantenne, sui ponteggi alti trenta metri durante i restauri di Sant’Andrea della Valle.

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Un assistente lo seguiva con una seggiolina e a ogni ripiano lo faceva riposare. Sempre elegante, con gli stessi gessati di Savile Row che indossava da giovane, le camicie col colletto alto e i gemelli d’oro. I direttori dei musei lo vedevano apparire ogni volta che allestivano una mostra sul Barocco.

 

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Arrivava annunciato dal suono metallico delle scarpe con i tacchi rinforzati da una mezzaluna di ferro. Camminava lungo i saloni a passi lenti ma decisi, appoggiandosi appena al bastone da passeggio e dispensando consigli ai curatori in un italiano scorrevole in cui si riconosceva tuttavia l’accento di Eton. Alle tredici in punto salutava tutti e andava a mangiare. Se fosse ancora vivo anche stavolta avrebbe chiesto, come faceva ogni autunno in un ristorante romano vicino al Pantheon, funghi porcini alla griglia con olio toscano.

 

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