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Carlos Passerini per il Corriere della Sera
«Reluctantly», a malincuore. Un avverbio insolito per spiegare un finale di partita amaro, amarissimo. Non finiscono così le favole, di solito. E invece. E invece è finita lo stesso, l' hanno cacciato lo stesso, thank you e bye-bye, perché il calcio è il calcio quaggiù come lassù, e «i risultati raccolti nella stagione hanno posto il club campione di Premier in una situazione di pericolo, perciò il Consiglio a malincuore ritiene che un cambio della guida, che sicuramente è doloroso, sia necessario per il più alto interesse della società».
In realtà il comunicato pubblicato dal Leicester sul proprio sito ufficiale verso le 21 di ieri, una ventina di minuti dopo il primo lancio del Daily Mail , è ben più lungo, fitto, forse fin troppo, a dimostrazione che si è trattata davvero di una decisione tormentata, durissima. Se anche inevitabile, o giusta, lo dirà solo il tempo. Per ora resta la notizia, fredda. Claudio Ranieri esonerato.
Anche se il termine più calzante sarebbe qualcosa come destituito, deposto, come si fa con i vecchi re quando non c' è più posto per loro. Già, perché da ieri sera il Leicester non è più regno di King Claudio, l' uomo capace di portare giusto il 2 maggio scorso le sue Volpi alla conquista della Premier, la grande Premier. Eternamente spelacchiate e perdenti, per oltre un secolo le Foxes di quest' anonima città delle Midlands Orientali avevano galleggiato ai lati del calcio britannico ottenendo come miglior piazzamento il secondo posto nella First Division 1928/29. Fino all' avvento, nel giugno del 2015, di questo pacato 65enne romano che nel giro di un anno ha reso possibile quello che, senza retorica, è senz' altro una delle maggiori imprese sportive della storia.
Gli allibratori inglesi hanno già un favorito, un altro italiano: Roberto Mancini. Per ora la squadra è stata affidata al vice Craig Shakespeare. Via i collaboratori italiani Paolo Benetti ed Andrea Azzalin.
Il vicepresidente thailandese Aiyawatt Srivaddhanaprabha, figlio del patron Vichai, ha provato a spiegare: «Questa è stata la decisione più difficile che abbiamo dovuto prendere in sette anni, da quando cioè King Power ha acquistato il Leicester. Ma noi abbiamo il dovere di mettere davanti a tutto gli interessi a lungo termine e non i sentimenti personali, per quanto forti siano».
Naturale, sono le regole del gioco, anche se è evidente che alcune scelte societarie come la cessione del formidabile Kanté, venduto al Chelsea per una quarantina di milioni, abbia fatto comodo più a chi tiene i conti che a chi gestisce la squadra. Che infatti è un' ombra triste rispetto a un anno fa: 17ª in Premier, 5 sconfitte consecutive, fuori dalla Fa Cup.
Quel Leicester non c' è più: Vardy fa una fatica del diavolo a segnare, Drinkwater è tornato a essere un giocatore normale, Mahrez sta mostrando i suoi limiti di personalità. Tutti anonimi mestieranti fino a un anno fa, eppure ci sono proprio loro dietro alla cacciata. Si è parlato molto di «fronda inglese», con Vardy nel ruolo di primo cospiratore. Volevano la testa del re, e lui lo sapeva tanto che qualche giorno fa aveva ammesso: «Forse sono stato troppo fedele a quei calciatori che hanno vinto il titolo». Già.
Ad ogni modo quella del club è una spiegazione che non può convincere tutti. Anzi. A partire da Gary Lineker, leggenda del calcio inglese, tifoso delle Volpi, che su Instagram non ha nascosto il proprio disappunto: «Dopo ciò che ha fatto per il Leicester esonerarlo ora è imperdonabile, stomachevole. Grazie di tutto Claudio». Che, come molti, non si aspettava il licenziamento, non adesso, non dopo la sconfitta di mercoldì a Siviglia in Champions, un 2-1 che lascia aperto ogni discorso per il ritorno. Il re però non ci sarà.
A malincuore o no.
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