DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Paolo Ziliani per “Il Fatto Quotidiano”
Il più pagato e il meno pagato: quando si dice la legge del contrappasso. Tempi duri per Fabio Capello, 68 anni, una vita nel calcio prima come giocatore (Roma, Juventus, Milan e Nazionale), poi come allenatore (Milan, Real Madrid, Roma, Juventus), infine come ct (Inghilterra e Russia). Per dirla alla Veltroni, Fabio Capello è oggi il ct più pagato “ma anche” il meno pagato del mondo.
A dispetto dei 9 milioni netti l’anno che la Federazione russa si è impegnata a corrispondergli fino al 2018, da 5 mesi il tecnico non vede il becco di un euro: “Non abbiamo i soldi per onorare il contratto”, ha ammesso papale papale il dirigente federale Stephasyn.
Ohibò! E dire che questa volta Capello aveva fatto le cose per benino: ad esempio trasferendosi e trascorrendo gran parte dell’anno a Mosca per pagare le tasse in Russia ed evitare i guai in cui incorse nel ’99 quando s’inventò una residenza fittizia a Campione d’Italia finendo sotto inchiesta alla Procura di Como per concorso in abuso d’ufficio e falso (3 mesi patteggiati); o come nel 2008, quando la Procura di Torino lo indagò per un’evasione fiscale da 16 milioni condannandolo a pagarne 5 tra imposte dovute e sanzioni accessorie. Che s’era inventato Fabio Massimo? Tenetevi forte.
Ai tempi della Roma aveva convinto il presidente Sensi a corrispondere alla “Sport 3000”, società creata da Capello in Lussemburgo, 4,8 milioni per l’acquisto di casse di profumo “Fabio Capello”, sciarpe, foulard e altri articoli griffati Don Fabio. Profumi e gadget, inutile dirlo, rimasti a marcire nelle cantine della sede della Roma.
“Sono al limite della sopportazione: non so fino a quando potrò andare avanti”, si è sfogato Capello, che domani andrà comunque regolarmente in panchina in Austria-Russia (qualificazioni europee). Anche se non lo pagano, un piatto di minestra il ct può sempre permetterselo se è vero che nel 2005, con 7,6 milioni di euro, era il 36° contribuente più facoltoso d’Italia, ben piazzato tra il banchiere Profumo e Luca di Montezemolo, mica due Piripicchio.
QUEL Fabio Capello che un po’ pensa al pallone, un po’ al denaro e prima fonda la holding “F.C. 1992” – la prima cassaforte di famiglia –, holding che nel 2001 si fonde con la “Fingiochi” di Enrico Preziosi, presidente del Genoa e boss della Giochi Preziosi; fino ad arrivare alla genialata della “Sport 3000” delle mitiche boccette “Eau de Parfum” griffate Mascellone e pagate nei paradisi fiscali del Lussemburgo.
Ma la domanda è: perché i russi non pagano Capello e anzi lo mettono in difficoltà spesando i suoi collaboratori (Panucci, Neri) e facendogli il vuoto attorno? La risposta è semplice: dopo il deprimente Mondiale in Brasile, con Fabio in panca e la Russia eliminata al pronti-via incapace di battere non solo il Belgio, ma anche Algeria e Corea del Sud, a Mosca hanno il terrore che sia lui a guidare la Russia anche nel Campionato del mondo che si terrà fra 4 anni in casa, andando magari incontro al 3° flop mondiale dopo il naufragio con l’Inghilterra a Sudafrica 2010 e quello con la Russia a Brasile 2014.
Guerra di nervi, dunque, con i russi che sognano un Capello che getta la spugna e se ne va, magari accontentandosi di una penale lontana dai 72 milioni (lordi) che da qui al 2018 la Federazione dovrebbe corrispondergli.
Una cosa è certa: Capello non è esattamente il Cristiano Ronaldo delle panchine. A dispetto dei grandi club e dei grandi fuoriclasse allenati, di lui si ricordano infatti – negli ultimi 10-12 anni – fiaschi clamorosi. Nel 2005 e nel 2006, alla guida di una delle Juventus più forti di sempre, venne eliminato in Champions nei quarti dal Liverpool e l’anno dopo dall’Arsenal dopo partite orride, senza un tiro in porta e un’azione decente.
Nel 2007, alla guida di un Real Madrid che aveva acquistato Van Nistelrooij e Higuain, Marcelo e Diarra, Reyes e Cannavaro, Capello riuscì a far peggio buscando negli ottavi da un Bayern in formato ridotto, con Makaay e Podolski in attacco e il vecchio Kahn in porta.
Giocava talmente male, il Real di Capello, che dopo una stagione all’insegna della “panolade” di protesta dei centomila del Bernabeu – e a dispetto del titolo vinto per differenza-reti sul Barcellona –, all’indomani del dì di festa il tecnico venne licenziato in tronco. E insomma: chi vincerà l’estenuante braccio di ferro? Putin o Capello? Le scommesse sono aperte. Come si dice in questi casi: cherchez l’argent!
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