DAGOREPORT - SE DOMANI SALVINI SARÀ CONDANNATO, CHE FARÀ LA DUCETTA DEI DUE MONDI? CHIEDERÀ AL…
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“Secondo il “pensiero” di Andrea Monti (Cairo) veniamo a sapere quanto segue:
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1) secondo il Direttore della Gazzetta dello Sport il calcio sarebbe nel caos perché un giudice a Milano ha bocciato il bando dei catalani di Mediapro: strana idea della giustizia! Se non va bene a MediaPro (molto vicina al suo editore) allora è caos e non legalità!
2) la storia di Tebas che ha scelto la Spagna anziché l’Italia ha oramai stufato: lo sanno tutti, anche i sassi che Tebas non sarebbe mai venuto in Italia e che ha utilizzato la storiella che Cairo lo voleva tanto in Italia per farsi aumentare la retribuzione in Spagna...
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3) il canale della Lega Calcio, visto chi lo promuoverebbe, sarebbe gestito nel pieno dell’autonomia editoriale e senza alcuna pressione. Schiena dritta. Monti lo può assicurare.
4) il calcio è un bene pregiato e non di lusso. Evidentemente è di lusso vendere abbonamenti con il meglio della serie A e tutta la Champions a 9,90 in offerta come faceva Premium. (a proposito che fine ha fatto Mediaset Premium?....).
5) a proposito di calcio pregiato e non di lusso che il cosiddetto “canale della Lega” offrirebbe agli appassionati: legga bene cosa dice anche su questo punto il Tribunale di Milano, cioè che l’offerta editoriale di Mediapro, è ritenuta “monopolista”, dominante e quindi comporterebbe un aumento dei prezzi al consumatore finale.
6) da una parte il Direttore della Gazzetta dice che il prodotto va valorizzato, ma poi chi da sempre lo valorizza con gli “orpelli” (come dice lui) da attaccare alla partita, viene accusato di lucrare sul sistema senza farlo crescere. Il pubblico del calcio consuma nei pre e nei post il 20 per cento del tempo che dedica alla visione del calcio. Ma sono orpelli, appunto.
Grazie Direttore per questi editoriali illuminati..dal “Cairo pensiero”.
2. CAOS CALCIO: COSA CONVIENE A CHI LO AMA
Andrea Monti per la Gazzetta dello Sport
Mentre la politica chiede ventiquattr' ore per varare un governo che non ci spedisca al voto durante le vacanze, e probabilmente ci riesce, il mondo del pallone annaspa nel vuoto senza neppure una ragionevole prospettiva temporale. A metà agosto inizia il campionato. Dove vedremo le partite? Quanto le pagheremo? E ancora: chi governerà un movimento in profonda crisi nei prossimi anni e con quali programmi?
Ieri, giornata campale e doppio colpo di teatro. A Milano, il Tribunale ha accolto la tesi di Sky annullando il bando disegnato da Mediapro per assegnare i diritti televisivi.
A Roma, la maggioranza delle componenti della Federcalcio s' è miracolosamente compattata per mandare a casa il commissario del Coni Roberto Fabbricini alla scadenza di fine luglio.
I due eventi non sono collegati ma vanno letti in un unico quadro politico, e senza giri di parole, per capire in che giungla ci stiamo muovendo.
Fronte diritti. Secondo il giudice, Mediapro avrebbe esercitato una posizione dominante e tentato di diventare editore in proprio costringendo gli altri operatori ad acquistare i famosi pacchetti da 270 minuti, chiusi e completi di spot, ovvero a sborsare una cifra molto più alta per confezionare il prodotto e piazzarci dentro la pubblicità.
Dunque Sky ha vinto il primo round ma gli spagnoli continuano a detenere i diritti e possono riformulare il bando. Il problema è che se prendono alla lettera le obiezioni del Tribunale non porteranno mai a casa quel miliardo e 50 milioni annui che hanno promesso ai club di serie A, anche perché la loro offerta includeva i 180 milioni lordi di pubblicità che il calcio raccoglie sulle pay tv. E che rischiano di diventare un frutto proibito.
Jaume Roures Taxto Benet mediapro
Sky a sua volta ha due strade: cercare un accordo sfruttando il vento favorevole o tenere duro per buttar fuori Mediapro e tornare padrona del campo.
Ma questo sicuramente non farebbe contenti i club visto che l' offerta della pay tv di Murdoch (insieme a Perform Group) si aggirerebbe, al massimo, sui 950 milioni. Sempre che sia ancora disposta ad sborsarne tanti.
In realtà il nocciolo della questione rimane intatto: il calcio italiano deve valorizzare di più e meglio il suo prodotto se vuole tornare al vertice. Quindi renderlo ampiamente accessibile a varie categorie di clienti e di reddito.
Ferruccio De Bortoli Diamante DAlessio Andrea Monti cairo malago'
Questo si era proposto di fare Javier Tebas, il super manager spagnolo che la Lega si è lasciata scappare. E questo è l' obiettivo dichiarato di Mediapro. Un predominio di Sky, che l' uscita di Mediaset Premium rischia di trasformare in monopolio, non conviene ai club. E, onestamente, neppure al consumatore. Tanto più che gli introiti dello sport servono a Sky per sorreggere economicamente l' impalcatura di altri canali, dalle news al cinema, e le trasmissioni in chiaro con cui è ormai entrata nella tv commerciale.
Per questo l' idea di un canale gestito direttamente dalla Lega che offra a un prezzo accessibile la sola partita priva di orpelli e opinioni ha una sua dignità culturale oltre che economica. Senza evocare l' avvento della democrazia pallonara, si tratterebbe di riconoscere semplicemente che il calcio è un bene pregiato ma non di lusso.
E che appartiene davvero a chi lo ama. In questo contesto la pay tv potrebbe continuare a proporre un prodotto premium con commenti autorevoli, approfondimenti e statistiche a chi se lo può permettere. E fare i suoi utili. Intanto il nostro movimento muoverebbe un passo decisivo verso la modernità.
Fronte Figc. Al grido di "largo ai vecchi" - o "indietro tutta" se preferite - le varie componenti della Figc, che sino a ieri se l' erano suonate di santa ragione, ritrovano la concordia sul nome di Giancarlo Abete.
Galantuomo, certamente.
Protagonista di un raro caso di dimissioni vere dopo il disastro mondiale in Brasile. Ma pur sempre espressione di una stagione antica e difficilmente proponibile in tempi che chiedono idee e volti nuovi.
La contraddizione è talmente evidente che di certo non sfugge neppure ai protagonisti. Ma per capire che il fallo è intenzionale non serve la Var: in realtà, la candidatura di Abete corrisponde a uno sgambetto clamoroso nei confronti di Giovanni Malagò.
I due, si sa, non si amano.
cairo maggioni confalonieriCairo Tavecchio
Evidentemente la ruvida entrata del presidente del Coni nel mondo del calcio, pur animata di buone intenzioni, non è stata digerita. E lui qualcosa, sicuramente, deve aver sbagliato. O peggio, sottovalutato. Fatto sta che ora, senza più coperture politiche di governo (Lotti) e opposizione (Letta), il mandato riformista a cui non aveva voluto dare un termine appare tremolante e a scadenza come lo yogurt. Che cosa venga dopo lo sa solo Eupalla, dea della pelota cara a Giuan Brera. Alla sua misericordia affidiamo il nostro calcio: per risorgere, in un clima così, serve un prodigio.
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