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CALCIO DOTTO - LA JUVE DI CONTE NON AVREBBE MAI SBAGLIATO UNA PARTITA COME QUELLA DI FIRENZE SAPENDO DEI RISULTATI DI ROMA E NAPOLI. MAROTTA E ALLEGRI PIAGNUCOLANO: "CONTRO DI NOI TUTTE GIOCANO LA PARTITA DELLA VITA”. E COSA DOVREBBERO FARE? SCANSARSI?

Giancarlo Dotto (Rabdoman) per Dagospia

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Quando il dito medio della mia mano destra si è avventato irreversibile su “scommetti” non ho pensato che stavo per buttare al cesso quei cento euro giocati sulla vittoria della Fiorentina. Ho pensato, al contrario, che sarebbero diventati cinquecento. 

 

Nessuna scienza calcistica. Solo buonsenso. L’insieme solidale e aggregato di sensazioni, numeri, tendenze, umori e quel tanto di percettibile, ma non visibile e meno che mai nominabile, che sta addosso alle cose. Aggiungi la miglior Fiorentina possibile, finalmente in campo con i suoi pezzi forti, voglio dire Borja Valero e Badelj insieme là in mezzo, con Vecino, a tessere linee, diagonali e triangoli, voglio dire Gonzalo Rodriguez che torna in difesa.

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Mettici, alla base di tutta questa interessante schiuma, la quasi certezza che questa terza Juventus di Allegri, a metà ormai del suo cammino, mostra evidenti e non si sa quanto sanabili incrinature. Soprattutto, perde certezze. Tutto fin qui mascherato abbastanza dalle imprese dei singoli, quando non è Higuain, Dybala o Mandzukic e da quel che sopravvive, comunque enorme, del necessario orgoglio di essere Juventus.

 

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La vera notizia oggi è che il campionato si apre molto al di là di quelli che sono i quattro o i sette punti (considero già acquisiti i tre della Juve nel recupero dell’8 febbraio con il Crotone) che dividono i bianconeri dalle due nemiche. Roma e Napoli sentono l’odore del sangue. E questa volta, forse, non è un’allucinazione.

 

La Juventus di un anno fa, per non parlare di quella di Conte, non avrebbe mai fallato una partita come quella di Firenze, sapendo delle vittorie di Roma e Napoli.  In qualunque modo, avrebbero portato a casa il risultato. Altro indizio che fa prova. Marotta e Max Allegri che, prima e dopo la partita di Firenze, piagnucolano sulla circostanza che tutte giocano contro di loro “la partita della vita”. Cosa dovrebbero fare? Scansarsi? Soprattutto, la Juventus al top della sua invulnerabilità, non si sarebbe mai sognata di lagnarsi di questo. Anzi, lo avrebbe considerato un alimento per la sua ferocia.

NAINGGOLAN IN UDINESE ROMANAINGGOLAN IN UDINESE ROMA

 

Il tema decisivo è solo uno. La forza della difesa. Luciano Spalletti è un grandissimo allenatore, per come espande nell’infinitamente piccolo il suo sguardo sul calcio, per come elabora e per come sa trasmettere ai suoi ciò che elabora. Ma, alla fine del suo sofisticatissimo percorso, arriva anche lui alla più elementare verità. Che è poi quella che sta portando Conte e il suo Chelsea a stracciare la Premier League.

 

DZEKO SBAGLIA IL RIGORE IN UDINESE ROMADZEKO SBAGLIA IL RIGORE IN UDINESE ROMA

La matrice della vittoria è la difesa. Quella della Juventus resta nei numeri la migliore del campionato, ma la Roma è ormai al suo livello. La differenza è lo stato molecolare delle due. La difesa bianconera perde solidità, tende alla dispersione, quella romanista alla coesione. Spalletti ha sistemato la Roma da quando ha sistemato il blocco di dietro, con quei tre Fazio, Manolas e Rudiger davanti al portiere. Fare gol alla Roma di oggi è un’impresa, come lo era farlo alla Juve di ieri. Allegri non vale Spalletti, non scherziamo, ma finché aveva la sua corazzata dietro al meglio poteva anche sembrare un grande allenatore.

 

NAPOLI PESCARANAPOLI PESCARA

La Roma di oggi prova un piacere quasi morboso a vincere da Juve. Voglio dire, con quel golletto di vantaggio, gestito però da “grande squadra”. Sembra quasi ricercarlo. Come a volerselo dimostrare. Come se tutto lo spreco immane di gol tra Genova e Udine fosse mirato a celebrare questa festa della raggiunta “maturità”, in attesa di tornare belli oltre che solidi. Dzeko a Udine ha consumato il suo capolavoro rovesciato. Un’esibizione tra il brocco e il molle, ha veramente sgorbiato tutto e di più, ma questa Roma è stata anche più forte di lui. Un handicap alto un metro e novanta là davanti.

 

TONELLI E HAMSIKTONELLI E HAMSIK

Se e quando Dzeko tornerà, quando torneranno Florenzi dall’infortunio e Salah dall’Africa, la Roma potrà aggiungere altra e forse decisiva dinamite  a quella di oggi, quattro fenomeni su tutti, il polacco in porta, Fazio dietro, Nainggo e Strootman in mezzo. L’olandese sembra tornato più forte di prima, un piede magnifico infervorato dalla cattiveria di chi si era percepito a un passo dalla morte calcistica. Di là, a Napoli, su un insieme ben orchestrato e ora anche numericamente corposo, Hamsik e Mertens su tutti, le voci forti.

 

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Ma i più famelici delle bande che inseguono sono proprio i due allenatori. Per motivi e storie diverse, Spalletti e Sarri vogliono lo scudetto a Roma o Napoli come lo zenit delle loro carriere, senza per forza dover mettere su casa a San Pietroburgo. Lo sanno bene che solo vincendo qua, là dove non si vince mai, diventerebbero leggende. Che altrove vincono i soldi e le società, qua vincono gli allenatori e, a seguire, i giocatori. Ma sì, diciamolo, che uno scudetto qui ne vale cinque a Torino o a Milano.