
DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI…
1. GOL E PREGIUDIZI: UN’ALTRA ITALIA SOGNA
Alessandra Retico per “la Repubblica”
L’altra nazionale tira calci al cielo: contro l’anonimato, i pregiudizi, la povertà di ogni giorno anche se ogni giorno non è mai qualunque. Lavorano per campare, poi alla sera chi ce la fa si mette gli scarpini e immagina. Anzi, resiste. Le ragazze che giocano a pallone in Italia non sono come le altre in Europa, se lo sognano Beckham nel senso che se lo scordano, eppure tra gol, risatine e coraggio, lottano come le donne sanno fare. Con passione, nel silenzio generale.
Le azzurre di ct Antonio Cabrini si contendono l’ultimo posto per andare ai mondiali in Canada l’anno prossimo. È dal 1999 negli Usa, da 15 anni, che le sorelle di pallone non riescono a qualificarsi. Finali play off contro le cugine di Robben, sabato 22 novembre all’Aja (18.20, RaiSport 2) e ritorno a Verona il 27 (20.30, RaiSport 1), l’Italia ha eliminato il mese scorso l’Ucraina, mentre l’Olanda la Scozia. Un paese intero dovrà mettere le ali contro le arancioni volanti. O magari basta solo un po’ di paese, quello che guarda avanti.
Il calcio è femmina, all’orizzonte. Una ricerca della Uefa (2013-2014) racconta che la gran parte delle federazioni nazionali è cresciuta moltissimo negli ultimi cinque anni per numero di tesserate: oltre 1,162 milioni, +0,2% rispetto alla stagione precedente. 48 i campionati nazionali, 69.500 i club che hanno settori per ragazze. Certo, in Europa. A cominciare dalla Germania che anche nel calcio femminile fa soffrire di spread l’Italia. Da noi 20 mila tesserate, di cui 12mila per le squadre a 11.
A Berlino, sotto gli occhi innamorati della cancelliera Angela Merkel, il pallottoliere schizza fino a 250mila. Gli ultimi mondiali in Germania, nel 2011, seguiti da 800mila spettatori negli stadi (26mila per match) e più di 17 milioni incollati alla tv. Ma non era uno sport per maschi? Anche, ma l’evoluzione della specie non la puoi giudicare. Loro sì che sognano, altri Müller.
Sono calciatrici vere, professioniste. In Italia le donne rimangono dilettanti. Per legge. «Siamo molto indietro rispetto agli altri paesi, anche se qualcosa sta cambiando ». Sette tatuaggi, i capelli biondi corti e dritti, attaccante del Verona, milanista, con le mani il segno del cuore dopo un gol («amavo Pato»), lo stesso cognome del fratello Manolo più giovane di 8 anni che gioca alla Samp ma lei, Melania Gabbiadini, in prima pagina non ci va:
«Gioco da quando avevo 9 anni, sono fortunata perché la mia è una famiglia che ama il calcio e non mi ha mai scoraggiata, a mio fratello davo consigli. Ho fatto anche un corso di tatuaggi e lavoro in un’azienda di profumi, penso al futuro: ho 31 anni e mica ho fatto i soldi né mi daranno la pensione».
In Serie A non si guadagna neanche mille euro al mese, in genere 500. E c’è pure un tetto allo stipendio: più o meno 25 mila euro netti. Tanto quasi nessuna manco lo sfiora. Anche per questo alcuni tacchetti fuggono all’estero: nella nazionale di Cabrini 4 su 23 giocano in Europa, tre in Germania (2 al Bayern Monaco) e una in Francia al Psg di Ibrahimovic.
Stessi campi, stesso staff, stessa qualità per uomini e donne. «Siamo a una svolta: dobbiamo andare ai mondiali, o rimanere il calcio delle periferie». Ne sa qualcosa Patrizia Panico, 39 anni, capitano della nazionale, più di 200 presenze, attaccante del Verona, una vita nel pallone e una stagione anche in America, un esame alla laurea in scienze della comunicazione, studia e parla giapponese, ama il windsurf e la fotografia.
«Vengo da una borgata romana, tifo Lazio da sempre e da sempre ho dovuto sfidare i pregiudizi. Certi genitori ti chiedono: ma non è che a mia figlia vengono le gambe storte? Io ce l’ho, ma dalla nascita. Il problema è incuriosirsi e crederci: chi investe nelle donne raccoglie risultati. Io ne ho visti tanti di talenti, il problema nel nostro calcio è resistere ». E tirare giù a calci, in questo mondo, l’altra metà del cielo.
2. CABRINI ATTACCA: PAESE MASCHILISTA, IL FUTURO È DONNA
Alessandra Retico per “la Repubblica”
Campione del mondo nel 1982 in Spagna, 352 partite in Serie A, la maggior parte (297) con la maglia della Juventus, 35 reti in quindici stagioni, 73 gare in nazionale, di cui dieci da capitano, 9 gol. «Adesso quando dico che alleno le donne c’è qualcuno che mi guarda e fa la sua risatina. In Italia per troppi versi siamo ancora nel terzo mondo».
antonio cabrini con la nazionale femminile di calcio
Antonio Cabrini, 57 anni, guida la nazionale delle ragazze dal 2012, quando Pietro Ghedin dopo sette anni ha lasciato la panchina azzurra per Malta. All’Europeo 2013 in Svezia, le sue ragazze riescono a raggiungere i quarti di finale, ma vengono eliminate dalla Germania. Ora, il sogno di una partecipazione al mondiale dopo 15 anni.
Aspettative?
È un dentro o fuori con l’Olanda. Sulla carta partiamo alla pari, anche se loro sono una squadra più atletica. Non dobbiamo commettere errori e ritrovare il nostro bel calcio, sono sicuro che ce la giocheremo. Le ragazze sono molto cresciute.
Ma pochi le hanno viste.
«Siamo nel terzo mondo».
Colpa di chi?
«Alla base nel nostro paese c’è una mentalità maschilista molto radicata. Un’irriverenza nei confronti della donna, non solo della calciatrice. I media ci ignorano, anche sui giornali sportivi più importanti veniamo dopo i campionati di freccette e bocce.
Con tutto il rispetto, il calcio femminile è di gran lunga superiore. E d’altra parte non lo dico io, ma gente come il presidente Uefa Michel Platini e quello Fifa Sepp Blatter. Alla domanda su quale sarà il calcio del futuro, entrambi hanno risposto:quello delle donne».
In Europa infatti aumentano tesserate e club.
«In Europa le calciatrici sono professioniste. Le società a partire da quelli grandi e blasonate hanno settori per ragazze, a cominciare da quelle più giovani. Il movimento cresce perché può contare sulla qualità per uomini e donne, che hanno a disposizione gli stessi impianti, allenatori, tecnici, fisioterapisti. Da noi al Sud le bambine che vogliono giocare a calcio spesso prendono gli schiaffi. Mancano le strutture, e a scuola l’ora di ginnastica è considerata persa».
calendario hot delle calciatrici
Da dove ripartire?
«Dai progetti a lungo termine. Io sono fortunato che ho trovato un gruppo ben formato. E ho seguito con i miei collaboratori l’inserimento delle più giovani. In generale, però, noi italiani siamo abituati a risolvere l’emergenza, l’immediato, non studiamo per il futuro. Non investiamo da anni sui vivai.
Dobbiamo sempre avere tempo, anzi perderlo, nel metabolizzare le storie e i successi degli altri. Cerchiamo di rincorrere, poi alla fine arriviamo sempre secondi. La federazione sta cercando di colmare il ritardo del calcio femminile, riqualificando le squadre professioniste nei settori giovanili. Il presidente Tavecchio ci crede».
Un presidente che non si è risparmiato clamorose gaffe.
«Credo che le sue parole siano state strumentalizzate. Il suo optì pobà è come se a me dicessero polentone o a un campano mangiapatate. Luoghi comuni, magari un po’ rozzi, ma non razzisti».
E le banane tirate in campo?
«Alves la raccoglie e se la mangia: come ti smonto il razzista, in diretta tv. Sono gli ignoranti e gli stupidi che si comportano così nella frustrazione del momento, ma bisogna fare come Alves, essere superiori nella semplicità».
ANTONIO CONTE E CARLO TAVECCHIO
Certo tifo del calcio maschile non fa sempre da esempio.
«E neanche gli stadi ti portano a essere il tifoso perfetto. La Juve ci ha messo 15 anni a costruire il proprio, la voglia e la disponibilità nei club ci sarebbe, ormai tutti l’hanno capito che servono luoghi funzionali e accoglienti. Il problema è che in Italia la burocrazia ti soffoca».
Che idea si è fatto dei mondiali degli uomini?
«Il somaro non lo puoi trasformare in cavallo. La nostra nazionale era buona, ma non poteva ambire a grandi risultati. A parte gli eventuali errori nelle scelte, è che in Italia comincia a mancare la qualità, per quello che dicevo prima: il nostro calcio si è impoverito negli ultimi dieci anni perché non si è investito alla base».
Quanto potrà cambiare Conte?
«Molto, dal punto di vista mentale. Tre scudetti di fila con la Juventus insegnano a vincere, ad avere quella testa lì. Antonio ha un approccio molto positivo, e anche molto severo, al calcio. Che è uno sport molto semplice, con regole rigide. Il calcio evolve, anche con le donne, ma la sua forza è nell’essere lo stesso da sempre».
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