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Guglielmo Buccheri per la Stampa
Ora che la Var è scoppiata fra le mani di Iago Falque, Torreira, Mertens e Bernardeschi (tocchi da rigore, nemmeno rivisti in tv), il caos è raddoppiato e le proteste in campo, scomparse, sono tornate una moda tutta italiana.
Come mai i vari Giacomelli, Gavillucci, Mariani e Calvarese, arbitri nelle sfide incriminate, hanno scelto di non ricorrere all' aiuto del monitor a bordo campo per falli di mano oggettivamente netti? Perché è in atto una «ribellione» dei fischietti al possibile predominio della moviola, così la racconta chi preferisce una via d' uscita breve e da effetti speciali al problema: in realtà i direttori di gara in Italia, ma anche là dove la sperimentazione va avanti, non avrebbero, e non hanno, alcun motivo di rigettare uno strumento che li può far scendere dal banco degli imputati e, d' altronde, nessun segnale in senso contrario è, ad oggi, arrivato sul tavolo dei vertici arbitrali.
E allora? Occorre un nuovo, e più stringente, giro di vite al protocollo. O, meglio, una sua ripassata e aggiornamento: in campo l' arbitro ha tutto il diritto (è sempre stato così e dovrà continuare a esserlo) di affidarsi alla propria interpretazione sul tema, ad esempio, dei falli di mano in area, ma se tale interpretazione si scontra, radicalmente, con la realtà dei fatti (vedi i quattro casi in esame nell' ultimo mese) il collega davanti alla tv deve avere la forza per spingerlo a rivedere le immagini televisive e, se possibile, a ristabilire la verità.
Errori da limitare La sosta porta riposo ai giocatori e doppio lavoro ai fischietti. Il protocollo da limare è quello che, alla fine dell' anno, dovrebbe diventare la guida, una volta per tutte, riconosciuta dal mondo del pallone. L' Ifab, l' unica istituzione depositaria del potere di modificare le regole del calcio, ha promosso la nostra via («All' Italia darei 9 in pagella...», ha raccontato, del resto, il gran capo della Fifa Gianni Infantino alla vigilia di Natale), ma, allo stesso tempo, ha detto come la Var debba cercare di limitare i suoi interventi. Limitarli non vuol dire, appunto, fidarsi esclusivamente del proprio occhio e delle proprie conoscenze in campo in casi dove è facile scivolare: l' obiettivo deve rimanere quello di correggere i possibili errori chiari ed evidenti e, per farlo, indispensabile sarà «codificare» i casi in cui diventa obbligatoria una sosta alla tv.
Uso intermittente La Var si è, in parte, sgonfiata sui falli di mano. Urlano un po' tutti, ormai, come se la grande rivoluzione avesse perso il suo fascino. Chi inneggiava alla novità, ora protesta: lo fa, ad esempio, il Cagliari, primo club a ricevere un calcio di rigore per l' entrata in scena della tv e, domenica sera, furioso perché quella tv è rimasta spenta nel duello con la Juve.
Di sicuro c' è che è arrivato il tempo dei bilanci, quelli ufficiali e che apriranno a riflessioni e piccoli, ma significativi cambiamenti: siamo al giro di boa della stagione, poco più in là, e qualcosa va messo a posto e sarà fatto. Gli errori, non corretti, hanno riportato indietro anche l' orologio dei veleni in diretta: dopo le prime giornate di campionato applaudivamo alle sceneggiate cancellate dal terreno di gioco, adesso non è più così. Il motivo? Le troppe incertezze hanno rigenerato dubbi sugli attori in campo che sembrano non fidarsi più ciecamente della moviola e, soprattutto, del suo utilizzo.
Troppo ad intermittenza.
IL tweet di Ivan Zazzaroni
“Siamo un Paese senza cultura sportiva. Se proponi il Var agli inglesi si mettono a ridere” (Massimo Mauro, 1 ottobre 2017) – 8 gennaio 2018: “Il Var sbarca in Inghilterra: oggi il debutto in FA Cup”. Rivista col Var anche Massimo potrebbe correggere l’uscita
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