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Rita Maria Esposito per il Messaggero
Appostamenti, pedinamenti, apprezzamenti: vietato insistere. Don Giovanni oggi dovrebbe arrendersi, così come avrebbe dovuto fare un professionista milanese, condannato in via definitiva per la corte spietata a una giovane donna di cui si era innamorato senza essere corrisposto. Tre giorni di tentativi e pedinamenti gli sono costati cari e sono stati sufficienti per far confermare in Cassazione la condanna già incassata in Appello di sei mesi per stalking. E gli ermellini mettono in guardia gli ostinati: possono bastare anche 24 ore.
LA VICENDA Tutto ha avuto inizio nel 2015, quando l'uomo, invaghitosi della vittima, avrebbe cominciato un corteggiamento più che serrato. Pedinamenti, appostamenti quotidiani, apprezzamenti e tentativi di stabilire una vicinanza anche fisica. Un pressing vissuto dalla donna come inopportuno, tanto da spingerla a denunciarlo. L'uomo aveva anche scoperto l'orario in cui la donna portava i bambini ai giardinetti e l'aveva seguita fin dentro il parco giochi, infastidendola mentre si trovava lì con i figli.
A nulla sarebbero valsi i tentativi della signora di dissuaderlo. Al contrario, davanti ai ripetuti rifiuti, anziché desistere, l'uomo avrebbe perseverato, in un crescendo di «comportamenti invasivi della libertà personale e della sfera personale» della vittima. Un incubo durato tre giorni, durante i quali la donna avrebbe vissuto in uno stato di ansia, finendo per cambiare abitudini.
A sua difesa l'uomo ha sostenuto che il suo era stato solo un corteggiamento non corrisposto e che i suoi tentativi di approccio non erano stati tali da poter determinare nell'oggetto delle sue attenzioni un simile stato di paura: non aveva mai assunto comportamenti aggressivi o minacciosi. Era solo un corteggiamento. E, soprattutto, l'amore era durato in tutto tre giorni. Settantadue ore, troppo poche secondo la tesi sostenuta dal suo difensore per determinare uno stato di ansia permanente, come quello poi denunciato dalla giovane mamma.
BASTANO 24 ORE La tesi non ha convinto affatto gli ermellini che hanno confermato il verdetto. Scrivono i giudici: il reato di atti persecutori si concretizza nel momento in cui tali comportamenti «hanno un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima». Cosa effettivamente accaduta, in base a quanto ricostruito dagli inquirenti.
Nulla conta che tali atti si siano protratti solo per tre giorni, lo stalking si prefigura anche «quando le singole condotte sono reiterate in un arco di tempo molto ristretto (anche una sola giornata) a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di questi, pur concentrata in un brevissimo arco temporale» determini uno stato di grave disagio nelle vittime. Ossia «un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico». Proprio in questa situazione si sarebbe trovata la mamma milanese, costretta a modificare le sue le abitudini e, segnatamente «l'orario di gioco al parco con i propri figli».
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