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Giancarlo Dotto per Dagospia
Mentre il Barca ritrovava a Manchester il suo magnifico Dracula, alias Suarez, quanto basta per spaventare a morte gli inglesi e immaginarsi già nei quarti, infischiandosene anche del Messi che sbaglia il rigore, a Torino faccenda molto più complicata per Tevez e amici.
Diciotto anni dopo, il nome Borussia associato a Dortmund suona ancora sinistro nel mondo Juve, quella finale di Champions a Monaco persa da favoritissimi. La banda dell’istrionico Klopp è tornata a giocare a mille, ritmi venusiani per il nostro pachidermico calcio.
Si mette subito benissimo per la Juventus, aggressiva secondo status europeo e l’Apache che sta lì dove deve sulla manata paperona del portiere crucco. L’evviva strozza in gola con Buffalo Chiellini che non trova più la terra sotto i piedi e quel magnifico bipede di Marco Reus è semplicemente perfetto da killer.
C’è anche Ciro Immobile alquanto stonato in giallo canarino deutsch, diviso tra la smania di vendetta in campo e l’imbarazzo fuori campo dello zio Francesco, fratello del padre, arrestato la vigilia per usura molto malandrina. Più impalpabile lui dello zio.
JUVE BORUSSIA
JUVE BORUSSIA
JUVE BORUSSIA
Juventus che rivede i fantasmi dell’Europa ostile, tanto più che perde Pirlo e con Pirlo non trova più nemmeno la palla, mentre Pogba ondeggia maestoso ma senza corpo e Vidal è solo falloso. Ma bastano Tevez e Morata, ancora, per spiegare quanto vulnerabile sia la difesa dei tedeschi. Se questo è Morata, tempi durissimi per Llorente.
Il secondo tempo non modifica la sostanza. Più Borussia, ma Juventus molto fisica e concentrata. Tutte sue le occasioni d’oro per chiudere la pratica. Prima il sempre torrido Tevez, poi Pereyra. Fuori di niente. Cercare il 3 a 1 e rischiare il letale 2 a 2 o restare conservativi? La Juventus maneggia bene il dubbio. Non corre grandi rischi. E ora a Dortmund, tra due settimane, la gatta sarà tutta da pelare.
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