roma - real madrid

CHAMPIONS DOTTO - LA MIGLIOR ROMA PER CINQUANTA MINUTI NON PUÒ NULLA CONTRO I MIGLIORI TRENTA SECONDI DI CRISTIANO RONALDO - LA CHAMPIONS È ANDATA MA HA CAPITO D’ESSERE UNA SQUADRA. GLI MANCA SOLO UNA NON MINIMA COSA. UN CENTRAVANTI VERO

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di Giancarlo Dotto (Rabdoman) per Dagospia

 

La miglior Roma per cinquanta minuti non può nulla contro i migliori trenta secondi di Cristiano Ronaldo, fin lì in peccato di vaghezza. Marcelo gli allunga una delle sue palle preferite, lunga nello spazio. Lui va, arresta e rientra, Florenzi trasformato in un ologramma, e piazza una sentenza alla spalle del polonese.

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Siamo nel mondo dei videogames, cari umani. Poco da fare. Il 2 a 0 di Jesè cambia il punteggio, lo fa bugiardissimo, ma non la sostanza. Finale vibrante e Roma che può comunque beccarsi l’applauso della sua gente, anche se la Champions è andata. Se l’è giocata, eccome. E ha capito d’essere una squadra. Un’ottima squadra. Gli manca solo una non minima cosa. Un centravanti vero. 

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Gente che sappia dare un senso al sudore e al talento che hai versato nell’impresa. E’ il calcio. Se non la infili in quella maledetta porta non sei nessuno.

Peccato, perché era un Real non così Real e se prima la botta di Vainquer, alla mezz’ora della ripresa, e poi l’infelice tocco del modestissimo Dzeko, (doppiato dalla svista del modestissimo ceko, l’arbitro, che nega un rigore solare su Florenzi) fossero finiti dentro, nessuno sarebbe andato all’ufficio reclami “Storie Inique”.

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Stavolta l’inno di Antonello non ricadeva macabro e fesso nel vuoto. Cinquantamila corpi appestati di giallorosso non si vedevano da una vita. Bello essere usciti almeno per una notte dal Lercio Evo. La Sud ripiena d’altro che è poi il medesimo. Liberatorio. Un bel vedere. Non così quel misterioso tappo infagottato che se ne sta tutto il tempo accucciato tra Lippi e Conte, con il broncio che non è un umore ma una specie di depravazione senile della pelle. Dieci gradi ma sono cento.

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Spalletti l’Audace lasciava in panchina tutti i suoi mammasantissima, Dzeko, De Rossi e Totti, Maicon e Keita e sembrava stavolta un azzardo contro quella mandria di cannibali. Ma è la sua Roma. Con Perotti fintissimo nove e il Nainggo a mordere con il suo culo basso e l’attitudine del pitbull l’inizio palla dei bianchi.

 

L’altro pelatone è Zidane. Carismatico sempre, anche nella parte dell’allenatore.    

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Partiva timida la Roma o comunque guardinga, lasciava palla ai piedi molto educati delle merengues ma, al quarto d’ora, era sua la prima occasione che nasce non da un caso, action molto manovrata e fluida, da Florenzi a Perotti fino alla correzione di Elsha strattonato, che se dessero anche lì il rigore non sarebbe scandalo all’Olimpico.

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Il gozzo di Ronaldo mai stato enorme, sembrava sul punto di esplodere in faccia a Florenzi, in attesa di esplodere altro. Dalla mezz’ora tornava dominante il Real, ma l’unica palla quasi letale è un prestipiede tra Ronaldo e Marcelo che quasi inventa il gollazzo. Ma era una copertura maestosa di Varane a chiudere su Elsha, in volo verso la porta madridista che teneva vivo lo 0 a 0. Roma in crescendo, ma loro hanno Cristiano Ronaldo. E, allora, non può essere lieto fine.