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Marco Ciriello per "il Mattino"
marcell jacobs gianmarco tamberi
Al di là e anche più oltre. In verticale e in orizzontale. Due ori inattesi. Cercati, strappati e meritati. In venti minuti, al New National Stadium di Tokyo, si sono aperte le porte della gloria per lo sport italiano. Continua a pag. 35In uno dei suoi giorni più belli e indimenticabili. Prima Gianmarco Tamberi ha vinto la medaglia d'oro nel salto in alto (2,37), poi Marcell Jacobs (9''80) è diventato l'erede di Usain Bolt nella corsa regina dell'atletica, quei cento metri che sono la distanza più breve tra l'uomo e le sue possibilità d'estremo.
marcell jacobs vince i 100m a tokyo2020
Ci siamo arrampicati su Saturno e poi abbiamo girato velocissimi sulla pista disegnata dai suoi anelli. Facendo la storia. Al di là dell'asticella del salto in alto, e più oltre i cento metri. Un valzer di desideri stropicciati, difficili pure da immaginare, figurarsi da coniugare. Un verbo di movimento al futuro che non trovava mai la giusta voce, e che improvvisamente ne trova due. Altissime. Perché la vita è ciò che canti.
E nel canto ci sono i passi, i salti, la corsa. Con una luce comune, i dubbi del passato e il mistero vinto con i prodigi del corpo. Uno che sembra avere le ali e si adagia leggero al di sopra dell'asticella insieme al qatariota Mutaz Essa Barshim un'antìlope con gli occhiali da sole , l'altro che pare avere un motore e corre corre corre dritto e va davanti allo stupore di Fred Kerley e Andre De Grasse. Non a caso alla fine della corsa di Jacobs c'era Tamberi, in una ricongiunzione spaziale: ordinata e ascissa, meridiano e parallelo, che si incontrano nel punto I(talia) e dicono felicità assoluta.
MARCELL JACOBS GIANMARCO TAMBERI GIOVANNI MALAGO
Come nei migliori film d'amore c'è una corsa finale e poi un abbraccio, tra Gianmarco e Marcell, e come nei film di Federico Fellini non c'è la parola Fine. Una coppia dispari, ragazzi che si sono perduti e ritrovati, infortunati e ripresi, nel continuo mettere e levare che è l'atletica. Solo i fiumi fanno più curve per arrivare al mare, e non ridono come Jacobs e Tamberi.
GIANMARCO TAMBERI E MARCELL JACOBS
Che ora diventano termini di paragone per una generazione di italiani che erano abituati a misurare il vuoto nell'atletica, rassegnati all'assenza, perduti alla speranza persino di una semifinale. Jacobs è il primo italiano che arriva in una finale dei cento metri e che vince pure, stabilendo il nuovo record europeo. Tamberi prima del suo salto decisivo sembrava uno stregone etrusco: ha poggiato sulla pista il tutore che avvolgeva la sua caviglia sinistra, abbracciando l'ombra del dolore passato che gli aveva fatto saltare le Olimpiadi di Rio de Janeiro.
GIANMARCO TAMBERI E MARCELL JACOBS
La rotta di Jacobs, che ha poi trovato il varco della giusta velocità, incrocia El Paso, Texas, dove è nato, da un padre americano, marine di stanza alla base di Vicenza, lasciato prima di parlare, attraversa la pista di Desenzano del Garda dove tutto è cominciato e arriva a Tokyo. È un mancato cow-boy che ha scelto la madre e l'Italia, e solo gli scarabocchi sul corpo i suoi tatuaggi dicono del suo dolore, ora attenuato con il traduttore di google, nella ripresa delle conversazioni con suo padre.
È probabilmente il primo oro nei cento metri che non parla inglese (per la felicità di Eduardo Galeano): un figlio di Abatantuono - l'attore che meglio incarna il rapporto degli italiani con. Insomma una coppia di new arcitaliani, con ferite, nostalgie e mancanze. E, mentre Tamberi e Jacobs, vincevano, la memoria di tutti correva a Mosca 1980 agli ori di Sara Simeoni e Pietro Mennea, alla differenza antropologica tra quelle timidezze che furono e le sfrontatezze di adesso, in un ribaltamento tra l'Italia euforica che avrebbe vissuto gli anni Ottanta, e quella stagnante degli anni Venti di questo nuovo secolo.
GIANMARCO TAMBERI E MARCELL JACOBS
Ieri, oggi, domani, in una lunga attesa che ha superato gli inciampi, le cadute, fino a farsi brezza che sposta ostacoli, capovolge previsioni, scompiglia calcoli. Se è vero che la vittoria di Tamberi è frutto anche della fraternità con Barshim che accetta di spartirsi l'oro, la vittoria di Jacobs è pura tempesta assolutista. Ma i loro destini di atleti solitari sono uniti dal momento, dall'incrocio della medaglia, annodati da un abbraccio come Vialli e Mancini a Wembley.
GIANMARCO TAMBERI E MARCELL JACOBS
Ma il peso delle loro vittorie è enorme, supera calcio e tennis, perché apre un nuovo mondo, parla ai ragazzini, dice loro che si può fare, e li mette in fila in una modalità sportiva che avevamo abbandonato, perché come un anno bisestile richiede più attesa e molte più ombre e sacrifici. Ma le vittorie di Tamberi e Jacobs segnano il tempo, il loro giorno di felicità e gloria diventa il vestito di festa dell'Italia: grammatica e storia atletica. I loro respiri diventano i nostri. Bruciare il resto del mondo in altezza e lunghezza: sembra un sogno, tanto che se non ci fossero i corpi e le stanchezze omeriche, penseremmo a uno scherzo, invece è una consegna d'eternità.
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