DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Maurizio Crosetti per “la Repubblica”
Questo drago stampato sulla giacca della tuta, Cristiano Lucarelli un po' ce l' ha dentro, ce l' ha ancora. Gli ruggisce, rampante, nella mattina che scivola dalla cerchia dei colli attorno allo stadio Libero Liberati, campione mondiale di motociclismo. L' aria ha il colore dei ferri da stiro, ma il sole è di un pastello tenerissimo.
Lucarelli è l' allenatore della Ternana prima in classifica in Serie C, unica squadra professionistica imbattuta in Europa. Una bellissima macchina. Ed è colui che disse tenetevi il miliardo (al Toro, per preferire invece il suo Livorno), colui che da ragazzo si levò la maglia azzurra e sotto c' era Che Guevara, è il centravanti comunista quandoil comunismo esisteva ancora, il simbolo della rossa gradinata livornese e poi si sa che si vive di etichette, ed è difficile scollarsele dalla pelle.
Oggi Cristiano ha un velo di barba brizzolata, qualche chilo in più sulla vita che è ancora fiera, dritta come la spada di quel cavaliere che forse uccise il drago o forse no. Siede in una stanzetta dello stadio e aspetta le nostre domande. Sorride come fanno i timidi.
È un bel posto, Terni.Davanti alla stazione hanno messo l' enorme pressa industriale da 12 mila tonnellate che marchiò il lavoro di generazioni, e nei mesi del Covid la Ternana ha aiutato 176 famiglie con buoni spesa da 200 euro al mese. A Natale hanno portato giocattoli ai bambini. Il presidente, Stefano Bandecchi, non ha mai nascosto un passato missino ma è un imprenditore sociale nel Paese in cui, vivaddio, qualche marcatura può pure saltare nell' interesse delle persone. Il resto è un prato verde. Anche la maglia della Ternana è verde, con le righe rosse. Tutti i bimbi che nascono all' ospedale ne ricevono una piccolissima e poi un body, un bavaglino e un orsacchiotto con i colori sociali.
Lucarelli, lo sa che lei è nato nell' ultimo anno della Ternana in Serie A?
«No, non lo sapevo, si vede che era destino. Del resto, da giocatore riportai il mio Livorno in A dopo 53 anni, e per la prima volta in Europa».
E lo sa che tutti si ricordano di lei?
«Io lottavo per il pane, non per il filetto. Ho segnato 240 gol ovunque e a chiunque, sono stato capocannoniere ma tutto è stato sottovalutato rispetto ai miei ideali politici, che pure porterò nella tomba. Non è giusto. Quando mostrai il Che, avevo vent' anni. Ora ne ho 45 e sono quasi nonno».
E forse la sinistra non c' è neanche più.
«È una pseudo sinistra nell' Italia dei politici mestieranti e degli arrivisti, non vedo più il senso dello Stato, da otto anni non voto. È assurdo che molti tra gli ideali portanti della Costituzione non siedano neppure in Parlamento, è paradossale. Chi ci rappresenta?»
Lei è cresciuto nel quartiere Shangai di Livorno: che posto era?
«Il più difficile della città insieme a Corea. Nomi asiatici, perché le case popolari avevano appartamenti molto piccoli, quattro per ogni pianerottolo. Ma chi è uscito da lì, chi si è sollevato dal niente, non ha più avuto paura della vita».
Si viveva di calcio.
«Con mio fratello Alessandro e i miei genitori Maurizio e Franca aspettavamo la partita come una liberazione, la vivevamo tutti insieme allo stadio. Era bellissimo. Papà è stato camionista, poi camallo al porto. Dopo Shangai abbiamo abitato in via Garibaldi, vicino al mercato ortofrutticolo».
Anche il suo presidente è livornese, però con idee politiche diverse.
«Il primo giorno ci abbiamo scherzato, lui mi ha detto di essere liberale e di odiare le etichette, su questo siamo d' accordo. Mi ha scelto perché gli piaceva come facevo giocare il Catania. Mi ha detto che da calciatore ero l' idolo di suo fratello».
E come gioca la Ternana?
«Bene! La palla dev' essere nostra, è un dogma. E nei rari momenti in cui ce l' hanno gli altri, noi si aggredisce. Faticoso ma elettrizzante. Chi è contento mentre fa una cosa, la farà meglio. Poi, è chiaro che contano i ragazzi. Come dice il maestro Mazzarri, gli schemi sono importanti ma con i giocatori bravi vengono meglio.
I tifosi più vecchi mi ripetono che non si divertivano così dai tempi di Viciani, anni Settanta. Per essere chiari: se al 90' stiamo pareggiando una partita che si era messa male, io voglio comunque vincerla nei minuti di recupero, com' è successo per esempio ad Avellino. E di uno zero a zero difensivo non voglio neppure sentir parlare per scherzo»
La Ternana ha comprato i diritti tv delle partite e le regala ai tifosi, in chiaro e in tutta Italia, canale 264 del digitale terrestre. Non lo fa nessuno.
«Così verranno in tanti allo stadio quando si potrà di nuovo, per divertirsi con noi. Gli ascolti della penultima diretta fanno pensare: 700 mila telespettatori, e a Terni ci sono appena 110 mila abitanti: stiamo creando curiosità. Qui, ogni partita è un mini campionato. Puntiamo alla B e siamo scaramantici, però pensiamo alla massima serie, possibilmente nello stadio nuovo. A parte che ormai tutti i livornesi guardano in tv la Ternana!»
Non crede che alla lunga ci abitueremo a questo vuoto?
«Già ci siamo quasi abituati, ed è triste. Anche se poi, a dirla tutta, a volte facciamo trasferte in stadi con centinaia di persone dentro, mancano solo le bandiere».
Cos' è la Serie C?
«Ho visto piazze dove si partiva alle cinque della domenica mattina per andare a giocare, con le nostre auto e senza neppure i soldi per la benzina.
Invece, alla Ternana il 10 dicembre hanno pagato lo stipendio di novembre, e il 22 quello di dicembre: mai successo neanche in Serie A».
Lei che tipo di allenatore è?
«Sorrido, e quando non basta li martello. Ma ho ragazzi che dopo dieci anni ancora mi chiamano per un consiglio o per dirmi buon compleanno. Sanno che posso sbagliare ma non mentire. Allenare è molto più difficile che giocare e paghi solo tu, solo tu sei davvero precario».
Direbbe ancora "tenetevi il miliardo"?
« Sì, perché sono le scelte a renderci quello che siamo. Se poi lei mi domanda se lo consiglierei a mio figlio, forse le rispondo di no. Perché ogni no e ogni sì vanno calati nel momento: io scelsi di fare il trapezista senza rete, mi andò bene. E comunque, un livornese ricco si sente sempre un po' in colpa».
In effetti lei è stato pure editore al Corriere di Livorno, insomma un imprenditore.
«Beh, più che editore direi finanziatore a fondo perduto».
Lucarelli, non pensa di avere pagato per le sue idee?
«Eccome! Anche da allenatore. E quando giocavo, perdevo sempre i ballottaggi. Lucarelli o Bojinov alla Juve? Bojinov! Lucarelli o Toni alla Roma? Toni! Idem in Nazionale.
Passavo per essere l' esaurito militante rivoluzionario che, naturalmente, non sono mai stato».
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