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Enrico Sisti per la Repubblica
Conte e Mourinho non allenano soltanto: travalicano. C' è qualcosa di epico (o di mediatico?) in questo volersi presentare a tutti i costi come nemici giurati. La loro relazione senza amore vive di paroline cattive sussurrate all' orecchio e di bocche spalancate con eventuale bava a sostegno. Vengono in mente le fauci dei più lontani mostri di Walt Disney e la dettagliata copertina del primo album dei King Crimson. Rabbia e paura insieme.
Però oltre Conte e Mourinho, forse nemici solo quando mandano in circolo l' adrenalina, è vero che nel mondo del calcio l' amicizia serve assai poco e quasi mai risulta indispensabile. Non sta scritto da nessuna parte, men che mai sugli almanacchi, che essa porti più risultati di una civile indifferenza fra compagni. Insomma non è un elemento su cui si possa o si debba costruire a scatola chiusa, con slancio deamicisiano, l' impalcatura emotiva di uno spogliatoio.
Ci sono giocatori che non si parlano mai, in allenamento, mentre si cambiano, durante la partita. Ci sono giocatori che non hanno nulla da dire a metà dei compagni con cui trascorrono l' 80% della propria esistenza. A parte qualche "cazzata" volante. Lavorano insieme e basta.
Conta l' elettricità che sprigiona il campo. L' amicizia fra due coach importanti è rara. Prevale il soggetto incline al "deguello", facilmente istigabile (Simeone) o tendente al mutismo (Ancelotti). Altri correttezza e stima le tengono nascoste, come capitava a Ferguson e Wenger. Calcio alto e calcio basso, stadi e campetti di categoria, spogliatoi di lusso o docce fredde. Le dinamiche sono identiche.
Un paio di giocatori condividono anche il "fuori", quindici no.
Al calcio non frega niente se loro cenano insieme. Per farti un assist non sono tenuto a volerti bene. Decine di squadre celebri hanno vinto proprio mentre al loro interno covava l' odio, fra questo e quello, fra allenatore e giocatori. O tra tutti.
Poi ci sono le marcature a uomo, gli odi privati. Anch' essi produttivi. Quando Ibrahimovic sparò a zero su Guardiola, tutti si dimenticarono che in quel loro faticoso viaggio i due vinsero il titolo con il Barcellona. E all' andata Ibra fu decisivo.
Lopez e Icardi si detestano per una donna (Wanda Nara), così come una donna (Vanessa Perroncel) trasformò Terry e Bridge in due personaggi da cavalleria rusticana. Montella e Capello, per tornare a quanto non sia così indispensabile l' intesa fra tecnico e calciatore, trascorsero anni tremendi alla Roma. Capello non amava Vincenzo. Però lo mise in campo tutte le volte che lo ritenne necessario. E Montella in quel girone di ritorno del 2001 regalò lo scudetto alla Roma. Baggio a Usa '94 pensava che Sacchi «fosse matto» e lo disse pure davanti a tutti: il suo labiale al momento della sostituzione con la Norvegia è nell' archivio degli "stupori nel calcio".
Ma Sacchi se la legò così poco al dito, quella reazione, che furono i gol di Baggio a portare l' Italia in finale. C' è chi sa come sfruttare il "disrespect" del suo giocatore più importante e chi invece lo punisce. Facendo mestieri diversi, Zeman non avrebbe mai potuto sostituire Moggi e Moggi non poteva far scomparire Zeman. Entrambi credevano che l' altro fosse Satana. Zeman vinse la partita del doping ma anche lui qualcosa pagò.
Quanto a Materazzi, forse è ancora convinto che Zidane sia un toro che non ha abbastanza espiato la colpa della sua ultima incornata. Gli attriti fra Maradona e Pelè sono gli attriti di due paesi che cominciano a sfidarsi al mattino e non sempre finiscono quando vanno a coricarsi. Pelè e Maradona sono "ossimori".
E sembrano condannati a interpretare il ruolo di stuzzicadenti dell' altro. Fu il destino in Nazionale e l' infelice invenzione della staffetta dei "dioscuri" a separare Rivera e Mazzola. «In effetti non siamo mai stati amici», dissero. Andavano capiti: erano i capitani di due Milano. Cruijff identificò il nemico in un ex-amico: Piet Keizer. Fu Keizer (scomparso un mese fa) che lo costrinse a scappare in Spagna. Piet gli tolse la fascia di capitano dell' Ajax e Johann reinventò il Barça.
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