DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Stefano Montefiori per corriere.it
Un presidente in maniche di camicia che si sbraccia ai gol del 2-2 e poi del 3-3, un capo di Stato tifoso e padre che nel momento della sconfitta accarezza le teste, bacia le guance, abbraccia i campioni affranti e si mostra molto vicino. Anche troppo. La solidarietà esibita da Emmanuel Macron nei confronti di Kylian Mbappé e degli altri Bleus non è piaciuta a tutti. E ieri gli oppositori politici non hanno mancato di farlo notare.
«Inopportuno», lo ha definito Olivier Faure, segretario del partito socialista. E il futuro capo della France Insoumise (sinistra radicale), Manuel Bompard, ha ironizzato: «Non bisogna politicizzare lo sport», ripetendo la frase che qualche giorno prima lo stesso Macron aveva pronunciato a proposito della questione dei diritti umani in Qatar.
Macron è sceso sul terreno di gioco ma è sembrato paradossalmente ancora più chiuso nel suo mondo, incapace quindi di essere davvero empatico con Mbappé. Altrimenti avrebbe capito i segnali inequivocabili che il fenomeno della Francia gli stava mandando: in quei momenti, sul campo e poi alla consegna della medaglia per il secondo posto, Mbappé non aveva alcuna voglia di sentire la mano sovrana del presidente sulla sua testa. Più Macron lo toccava e gli parlava, e più Mbappé guardava dritto davanti a sé, tra rabbia e disagio.
Molti in Francia, a partire dal giornale So Foot, non hanno amato neanche l’ingresso di Macron nello spogliatoio a fine partita: «Il suo atteggiamento paternalista appare ancora più surreale perché si accompagna a una sfasatura quasi indecente rispetto ai corpi abbattuti e agli sguardi da pugili suonati dei giocatori». Macron ha parlato di orgoglio, «cuore e unità» ma forse, in particolare sull’unità, avrebbe fatto meglio a glissare.
Perché se c’è un uomo che è mancato alla Francia domenica pomeriggio quello è stato il Pallone d’oro Karim Benzema, e se quell’uomo non ha giocato la finale e neanche le partite precedenti non è stato per quel vago infortunio alla coscia, ma perché lo spogliatoio non era affatto unito. Benzema ha lasciato il Qatar pochi minuti dopo l’infortunio in allenamento, senza neanche provare a recuperare. È poi è guarito tanto da poter scendere in campo in un’amichevole con il suo Real Madrid, ma non tanto da disputare la finale della Coppa del Mondo con la Francia.
In quella squadra che domenica è apparsa per 70 minuti disorientata e travolta, Benzema sarebbe stato utile anche a mezzo servizio, anche solo nel secondo tempo, anche solo per tirare uno dei rigori sbagliati invece dai compagni. Invece Deschamps (forse con l’accordo di Griezmann e Giroud) lo ha allontanato all’inizio della competizione, tra polemiche e sospetti. Ieri l’attaccante dei 37 gol su 97 partite ha annunciato l’ormai prevedibile ritiro dai Bleus pubblicando una sua foto con la maglia della nazionale e queste parole amare: «Ho compiuto gli sforzi e gli errori che servivano per arrivare dove sono oggi e ne sono fiero! Ho scritto la mia storia, e la nostra finisce qui».
Macron è volato a salutare i marinai della portaerei Charles De Gaulle al largo dell’Egitto, mentre i giocatori tornati dal Qatar hanno salutato i francesi in Place de la Concorde. È stata un’avventura comunque straordinaria, certo. Ma forse un po’ di retorica sarà spazzata via nei prossimi giorni, quando si saprà che è successo davvero tra Benzema e il resto della squadra.
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