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IL “DJOKO” E’ FINITO? - STRAPAZZATO A PARIGI DA THIEM, DJOKOVIC NON ESCLUDE DI PRENDERSI UNA PAUSA: “STO PENSANDO A COSA FARE E NESSUNA OPZIONE E’ ESCLUSA”- MA ALLA STAMPA SERBA CONFESSA: A WIMBLEDON CI SARO’ – IL NUOVO COACH AGASSI: “QUELLO DI NOLE NON È UN PROBLEMA FISICO, MA MENTALE” - VIDEO
Stefano Semeraro per la Stampa
Dominic Thiem asciuga la racchetta e addenta una banana, comodamente seduto prima che il giudice di sedia chiami la «repris». Djokovic è già lì che lo aspetta. Vuole fare in fretta, il Joker. Non a vincere, però, come gli è capitato fino ad un anno fa, ma a perdere. È sotto di due set a zero, cinque a zero nel terzo nei quarti del Roland Garros e non vede l' ora di farla finita. Thiem continua a ruminare rovesci carichi di spin, lui quasi butta via i colpi. Nessuna reazione, nessun segnale. Non trova campo, Nole, come un cellulare quando il treno imbocca la galleria.
Il tunnel esistenziale dell' ex numero 1, che da lunedì per la prima volta dal 2011 uscirà dai primi due del ranking mondiale, dura da un anno esatto. Il trionfo a Parigi in finale contro Murray è stato insieme il vertice di due anni passati a stravincere (4 Slam consecutivi) e l' inizio dello sprofondo. I problemi in famiglia, la pancia piena di risultati, la testa vuota. La rottura con Becker, l' arrivo del guru Pepe Imaz. Il dubbio che il tennis non sia poi tutto, nella vita. «Per me è una situazione nuova da affrontare», ammette. «Specie quello che è successo negli ultimi sei, sette mesi. Erano anni che mi capitava di non vincere un torneo per così tanto tempo».
«Niente continuità» Dal giugno scorso in realtà ne ha vinti due, nell' agosto 2016 a Toronto e a Doha in gennaio. Briciole. In Australia c' è stato il flop contro Istomin al secondo turno, ora un altro inciampo che fa male, con il primo 6-0 incassato in uno Slam dal 2005 (agli Us Open da Monfils). In mezzo qualche lampo, tante giornate così così. Altre da dimenticare. «Sì, mi manca la continuità. Gioco due match buoni e poi uno completamente diverso, come oggi. Non riuscivo a colpire bene la palla, non facevo che sbagliare mentre lui giocava sempre meglio». Fino a qualche tempo fa le parole «rassegnato» e «Djokovic» non potevano convivere nella stessa frase, oggi sembrano sinonimi.
Fa strano, ad esempio, sentirlo dire: «Si è deciso tutto nel primo set». Perché contro Thiem aveva vinto 5 volte su 5 ma soprattutto perché è un concetto agli antipodi del vecchio Djokovic, il miliziano che ruotava gli occhi e agitava i pugni fino all' ultimo rimbalzo.
Disagio evidente Oggi nello sguardo di Djokovic ci leggi invece lo stesso disagio, lo stesso caos calmo del Borg inizio Anni 80: un campione quasi imbattibile arrivato al confine di se stesso. È finita l' era Djokovic, come qualcuno si è affrettato a twittare? «Quello di Nole non è un problema fisico, ma mentale», ha sussurrato il coach-terapeuta Andre Agassi prima di andarsene un po' perplesso da Parigi. Licenziare in tronco il vecchio staff non è servito a molto, forse è venuto il momento di fermarsi un po'. Di trovare un nuovo equilibrio.
«Se ci sto pensando? Be', credetemi, sto pensando ad un sacco di cose, specie negli ultimi due mesi. Sto cercando di capire quale è la cosa migliore da fare.
L' idea era di giocare solo a Wimbledon dopo il Roland Garros, vediamo come mi sento nei prossimi giorni. Ho degli impegni da rispettare, e comunque sono scelte difficili. Sono lontano dal mio miglior tennis, c' è poco da fare, ma forse è anche un' opportunità, una lezione da imparare. Un passo avanti che la vita mi chiede di fare». In attesa che finisca la galleria.
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