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"Quanto contano gli acquirenti nel mondo dell’arte?” La guida per la comunità di collezionisti del 2014, non poteva uscirsene con una domanda più lucida e ragionevole di questa. Soprattutto dopo la Miami Art Basel. Superfici lucide, luci al neon, pile di quadri accatastati. Sempre più formalismo, sempre più astrazione. Accozzaglia inutile oggetti, privi di gusto estetico o simbolico. La domanda sorge spontanea. Ma chi se la compra tutta ‘sta merda?
La risposta, naturalmente, è una classe crescente d’intenditori che ha sviluppato una particolare predilezione per quella che è la nuova arte del 21esimo secolo, l’arte delle fiere. Sono i maestri dell’arte finanziaria ad aver ridisegnato i confini del mondo artistico nel suo sosia plutocratico. Molti artisti si sono dati un nome e un tono grazie alle proprie capacità imprenditoriali. Come Rosen Aby, Alberto Mugrabi e Stefan Simchowitzes. E i loro imitatori. Se prima erano diffidenti, ora gli artisti sono estremamente sollecitati dal lavoro dei collezionisti-commercianti.
Alla Art Basel Miami Beach 2014, l'amore è diventato infatuazione. La fiera, che ha compiuto 13 anni, non è più specializzata solo in arte blu chip (da Basquiat e Bacon a Cindy Sherman e Richard Prince), ma in un marchio pieno di roba e privo di contenuti. Bella, sfavillante, inconsistente come l'aria. Volutamente esagerata e non sincera (o ironica, scegliete voi), tutta rivolta ad accontentare i gusti dei collezionisti. La maggior parte degli oggetti in mostra costituivano un riflesso e una lusinga alla classe dei megaricchi. Ma ci sono conseguenze per il disimpegno frivolo del mondo delle fiere d’arte. Eccone una tra tante: la bellezza passa, la stupidità è per sempre.
art basel sherlin archibald and others
Molti artisti hanno fatto il fieno mentre il sole splendeva. Oltre alle ovvie cianfrusaglie pop dei soliti nomi, come Josh Smith, Cory Arcangel, e Sterling Ruby, anche veterani come Mel Bochner, autore della serie del “Blah, Blah, Blah”, si sono lanciati nel piacere della vendita. Bjarne Melgaard, che prova a sferrare provocazioni a sfondo sessuale e misogino, ha esposto otto dipinti con dei volti molto espressivi. E ancora, la luminosa scultura di Damien Hirst, gli specchi colorati di Sherrie Levine e una tela graffiti del deceduto Keith Haring.
art basel rachel lehmann teresita fernandez david maupin
Naturalmente, anche un piccolo lavoro Jeff Koons è in grado di incapsulare lo spirito del tempo. Il suo specchio allo stand della Gagosian Gallery, che rifletteva decine di migliaia di oggetti, è la sineddoche perfetta di quell’arte strategica che finalmente potrebbe relegare il potere critico dell’arte contemporanea alla pattumiera della storia. Secondo il New York magazine, le opere insulse di Koons ripetono ossessivamente la domanda che conta di più nel mondo dell'arte di oggi: "Chi è il collezionista più figo del reame?"
art basel owenwilson valentinazucchetti petermbrant
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