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“MI E’ CAPITATO DI PENSARE PERCHÉ IL MILAN NON CERCASSE ANCHE ME. GALLIANI DICEVA CHE ERA BERLUSCONI. MA IL CAV MI DISSE: È GALLIANI CHE NON TI VUOLE” – L’AMAREZZA DI ROBERTO DONADONI CHE NON ALLENA IN ITALIA DA 7 ANNI: “HO SPERATO CHE MONZA FOSSE UNA POSSIBILITÀ E POI CHE IL PARMA MI CHIAMASSE. CI SAREI TORNATO DI CORSA. HANNO SCELTO CHIVU, NON MI PARE CHE ABBIA MAI ALLENATO IN SERIE A. LA VERITÀ È CHE…"
Ivan Zazzaroni per corrieredellosport.it - Estratti
Roberto, perché?
«Perché cosa?».
Perché non alleni da oltre quattro anni e in Italia da sette?, perché il Milan non ti ha mai chiamato?, perché non sei stato in corsa per il Parma?, perché i presidenti non ti considerano più?, perché quando c’è un cambio di panchina leggo i nomi più improbabili e il tuo mai?
Porti sfiga e non lo sapevamo? Sai bene che questo è un mondo di perversioni, pregiudizi, etichette e scaramanzie. Pensa soltanto al colore delle cravatte di Galliani, che è un po’ il nostro Picasso: ha avuto il periodo giallo e quello azzurro
«Calma».
Sono calmissimo: mi sono semplicemente fatto prendere dal por qué! por qué! por qué! di Mourinho.
«L’ultima esperienza in Italia è stata a Bologna. Poi in Cina, allo Shenzhen. L’ho preso che stava retrocedendo e ci siamo salvati. La stagione successiva, dopo pochi mesi ho litigato col direttore sportivo, lo stesso che era stato al Tianjin Quanjian con Cannavaro. Sintesi del soggetto fatta da Fabio: «Un delinquente». So che è finito in galera perché ha combinato altri disastri, insomma l’hanno blindato... Alla festa dei 125 anni del Milan, a inizio dicembre, ho incontrato il dottor Galliani».
silvio berlusconi adriano galliani
Lo chiami ancora dottore?
«E come dovrei chiamarlo? Mi ha chiesto del Monza. A Nesta non stava girando bene. Saltato Nesta…».
Ha preso Bocchetti.
«Ho sperato che Monza fosse una possibilità. Mi è capitato spesso di pensare...».
A cosa?, a chi?
«A perché il Milan non cercasse anche me. Ci sono passati Leonardo, Inzaghi, Seedorf, Brocchi, Gattuso con l’altra gestione... Galliani diceva che era Berlusconi...».
E Berlusconi?
«Una volta gliel’ho anche domandato».
E lui?
«È Galliani che non ti vuole. Non sono mai entrato nelle scelte di persone alle quali sono legato, nonostante pensassi che sarebbe stata quella la mia destinazione ideale, la più naturale, quasi fisiologica. Negli ultimi anni si sono fatti vivi altri, anche il Cagliari un paio di volte, ma le trattative non si sono mai intavolate, a volte per scelta mia, altre per volontà dei club. Che hanno tutto il diritto di fare come vogliono».
Non sei portato al compromesso, questo si dice da sempre.
«Non lo so, penso di essere sufficientemente intelligente e in grado di capire le esigenze di una società. E so accettare i buoni consigli».
Avverto un pizzico di amarezza nelle tue parole.
«La provo. Ma vivo ugualmente bene. Vedo tanti colleghi che attraverso mille peripezie riescono a dare continuità al loro lavoro... La verità è che non posso essere o mostrarmi diverso da quello che sono».
E cosa sei, come sei?
«Nel modo di fare mi rivedo in Carlo (Ancelotti, nda), la stessa mentalità, cultura, educazione. Non sono un carabiniere. Lo ripetevo spesso ai ragazzi che allenavo: “non sono un carabiniere, vi osservo, controllo gli atteggiamenti e traggo le conclusioni”. Mi piace dare libertà ai collaboratori, so ascoltare, alla fine però sono io che mi occupo delle scelte. In panchina non mi agito, non sono un urlatore, non faccio casino. Ricordo che una volta Mazzone venne a vedermi a Ascoli. Allenavo il Livorno, ma quel giorno in panchina c’era il mio secondo, Bortolazzi, io mi ero appena dimesso. A un certo punto, dalla tribuna, la buonanima di Carletto gridò a Bortolazzi “Te devi agita’!, te devi muove!”».
Hai 61 anni, il tuo sta diventando un inaccettabile pensionamento anticipato.
«Ci sono situazioni che non posso governare, mi spiace di non poter lavorare con i giovani, di non provare il gusto di migliorarli, di farli crescere. Il sapore del risultato mi manca».
La tua stagione migliore al Parma, se ben ricordo.
«In condizioni assurde. La società aveva problemi serissimi e la Federcalcio ci chiese di portare a termine il campionato per evitare di falsarlo. Facemmo splendide cose, il primo anno raggiungemmo la qualificazione in Europa League. Il club era praticamente fallito, il periodo di Ghirardi».
Cassano si sfilò. Dissero che avevate litigato.
«Mai avuto problemi con Antonio, mai litigato con lui. Ebbe semmai da dire con Ghirardi. Scelse di non scendere in B, eravamo a un passo dal baratro, liberissimo di decidere della sua carriera, della sua vita».
Pensavo che nei giorni scorsi il Parma ti chiamasse.
«Ho sperato che lo facesse. A Parma sono legato, lì ho battezzato mia figlia. Ci sarei tornato di corsa. Hanno scelto Chivu, non mi pare che abbia mai allenato in serie A».
(...)
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