DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
Giancarlo Dotto (Rabdoman) per Dagospia
Non è facile in tarda mattinata spostare il proprio apparato sensoriale da Melbourne e convincerlo a dedicarsi ad altro, dopo aver visto all’opera Re Roger. Un’opera permanente. Mucho gusto. Disintegrare il flippatissimo e onesto giapponese ben al di là dei cinque set ufficiali e ben oltre la leggenda. La voglia sarebbe quella di rivedere il match all’infinito fino a fondere le pupille. Non sono i colpi, per quanto maestosi, ma è come escono da quel corpo e da quel braccio. Anche i pesci nella vasca esultano.
Ti tocca invece gettare l’occhio che resta a Torino sul risultato più scontato di sempre. Due a zero dopo sedici minuti e fine dei giochi. Bonucci e compagni non hanno nemmeno dovuto scaldare più di tanto il loro proposito belluino, tanto erano molli la Lazio e la mano di Marchetti. Il Napoli aveva messo su, la sera prima e due pere prime, l’impresa a San Siro, contro un Milan che per iniziare a giocare ha bisogno d’essere sculacciato.
La Roma a seguire i tre punti li aveva trovati all’Olimpico col suo mitico Mollacchione, contro un Cagliari che ha imparato a difendere da quando ha assunto Legrottaglie, l’uomo che ha incontrato Dio.
Il risultato è che, con un girone di ritorno ancora tutto da giocare, ci sono quattro campionati in uno. Anomalia assoluta. Le tre davanti che si giocano lo scudetto, reale o immaginario lo sapremo vivendo. Altre cinque dietro, Lazio, Inter, Atalanta, Milan e Fiorentina (occhio alla viola!) che si batteranno per l’Europa di riserva. Altre nove, dal Torino all’Empoli, che per continuare a dimenarsi dovranno inventarsi un senso a questa vita. Le ultime tre, già retrocesse, costrette da qui in poi a fingere di non esserlo. Da qui in poi, occhio soprattutto ai flussi delle scommesse.
Se c’è uno zio del calcio, lo scudetto deve andare alla Juve o al Napoli (meglio il Napoli che saprà come goderselo). Non alla Roma. Sarebbe spreco puro. Non parlo della squadra e di Spalletti, per me la banda meglio assemblata del torneo, un magnifico insieme di talento e fisicità, esaltato dalla contagiosa guida maniaca di Spalletti. Loro sì, lo meriterebbero eccome lo scudetto. Sono i tifosi a non meritarlo. I peggiori tifosi del mondo. Senza nessuna attenuante. Ma come, la tua squadra si sbatte unita nell’impresa impossibile, la vedi che ci crede, la vedi che lo vuole, l’occhio di De Rossi, più applicato che cattivo, che trova eroici slanci nella ruggine degli anni, e tu la lasci sola, nello stadio deserto, un Olimpico di cinquantamila fantasmi, un pugno di tifosi veri mescolati ad altri fischianti e ipercritici professori?
Il paradosso, non si sa se più scemo o più crudele. I giocatori e l’allenatore che lanciano appelli ogni santo giorno per riavere lo stadio amico. Nessun tifoso al mondo avrebbe il cuore di mollare la propria squadra in un frangente simile. Loro sì. E in nome di cosa? Di un egoico, immane brindisi a se stessi, come se in gioco fosse il proprio chissà quale scudetto e non quello della squadra che “si ama, non si discute”.
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