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IL FALLIMENTO FERRARI E GLI ERRORI DEL MURETTO CAPITANATO DA BINOTTO – IL TEAM PRINCIPAL DELLA ROSSA SI DIFENDE DOPO L’HARAKIRI NEL GP D’UNGHERIA: “NON C'È BISOGNO DI CAMBIARE MA DI AGGIUNGERE, ALTRE SQUADRE NON CAMBIANO E DOPO DIECI ANNI VINCONO MONDIALI. SEMMAI DOBBIAMO MIGLIORARE: SONO PER LA STABILITÀ”TERRUZZI: “QUI NON SI TRATTA DI CERCARE UN CAPRO ESPIATORIO. MA DI MODIFICARE UNA MENTALITÀ E RITOCCARE UNA SCACCHIERA CHE…”

Giorgio Terruzzi per il “Corriere della Sera”

 

BINOTTO LECLERC

Il ruolo di team principal è complicato. Quello di team principal Ferrari, complicatissimo. Perché una Rossa che perde vale tristezza collettiva; perché una Rossa che non vince quando potrebbe, comporta nervosismo assoluto. Mattia Binotto è una persona per bene, ha dato fiducia ad un gruppo di progettisti capace di osare e di mettere in pista una gran macchina.

 

Regolarmente, di fronte a un errore di gestione durante la gara, applica identico atteggiamento. Si presenta davanti ai microfoni per cercare di spiegare complessità che spesso sfuggono a noi che guardiamo. Si espone, in sostanza, tutelando chi, per ruolo, prende le decisioni chiave. Tecnici specializzatissimi che, nell'urgenza, devono elaborare una quantità di dati. Sono loro i responsabili della strategia e sono tanti, divisi in due unità comunicanti. C'è chi sta al muretto e chi lavora a Maranello. Ora, ci sta che un capo difenda i suoi uomini, si prenda le colpe.

 

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Sono oneri tipici, compensati da onori, quando va bene, da accuse ferocissime quando va male. Com' è accaduto ieri a Budapest dove la Ferrari avrebbe perso la corsa comunque per cause indipendenti dagli pneumatici; dove la scelta delle gomme è apparsa dissociata dal rendimento di Leclerc. Il tema non è nuovo e sta trasformandosi in uno stress collettivo che scatta alle 15 della domenica. A questo punto, il sospetto che qualcosa o qualcuno nel reparto-strategia non funzioni, rischia di diventare una certezza.

 

Qui non si tratta di cercare un capro espiatorio. Ma, forse, a porte chiuse, di rifare la carburazione. Di modificare una mentalità che spesso risulta prudente al punto da trasformarsi in autogol; di adottare un atteggiamento più aggressivo. Anche perché scelte protettive hanno generato esiti infelici. Binotto non fa piazzate. Ma, a grande richiesta, potrebbe ritoccare la scacchiera, scopo ottenere tattiche strepitose. Per crescere.

BINOTTO LECLERC

Per vincere di più, con una squadra che, nel momento in cui comincia a sorridere, si perde sui dettagli, inciampa su se stessa.

 

2 - BINOTTO IN DIFESA: «MA IL PROBLEMA ERA LA MACCHINA»

D.Spa. per il “Corriere della Sera”

 

«Non c'è bisogno di cambiare ma di aggiungere, altre squadre non cambiano e dopo dieci anni vincono Mondiali. Semmai dobbiamo crescere, migliorare: sono per la stabilità». Mattia Binotto replica così a chi gli chiede un rimescolamento degli uomini del muretto e delle strategie, che già tanti punti hanno tolto in questa stagione. Pasticci enormi e sbavature, ieri entrambi i pit-stop di Carlos Sainz sono stati lenti e problematici.

 

Il team principal sposta l'attenzione dalle tattiche alla macchina, «qualunque gomma utilizzassimo non andava bene. Per la prima volta quest' anno non avevamo velocità e passo per lottare per la vittoria, dopo averlo trovato venerdì appena siamo arrivati qui.

binotto leclerc

Questo passo falso pesa più di altri». Che cosa è successo alla macchina dominante delle prove libere resta un mistero, che il brusco calo delle temperature (da 33 C° ai 18 c° di ieri) riesce a spiegare soltanto parzialmente: «Non credo sia tutto riconducibile al clima - spiega il team principal -, in altre gare al fresco siamo andati bene».

 

Alla base può esserci un'errata valutazione delle scelte tecniche e degli assetti in funzione della variazione metereologica. «Dobbiamo analizzare e capire, ora non c'è spiegazione, è la prima cosa da fare prima di tornare in pista a Spa a fine agosto». Torna un vecchio ritornello, non mancava ai ferraristi, Binotto è convinto che in Ungheria non si poteva vincere.

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Ma salire sul podio si poteva, anzi si doveva. Svela da dove nasce la scelta di montare le gomme dure su Leclerc, un errore, lo ammette: «Sapevamo che le hard avevano problemi a riscaldarsi, che non avrebbero avuto la stessa velocità delle medie per 10-11 giri.

Ma in base alle nostre simulazioni credevamo che, dopo un paio di tornate difficili, fossero la soluzione migliore per affrontare una parte lunga di gara, 30 giri. Poteva essere difficile all'inizio, ma poi le nostre analisi dicevano che sarebbero state efficaci dopo. Però, se qualcosa non va sulla macchina, diventa difficile farle lavorare».

 

ELKANN BINOTTO

Di nuovo, come a Montecarlo e a Silverstone, la vittima è Leclerc, privato di un podio che avrebbe consentito almeno di limitare i danni contro Verstappen: «La scelta non ha pagato. Era chiaro che non funzionassero, era impossibile guidare con quegli pneumatici. Sono deluso, ancora una volta fa male. Dobbiamo capire che cosa stiamo sbagliando». Per lui saranno giorni caldi per staccare la spina, ma è bollente anche il mercato piloti: Mick Schumacher sarebbe sempre più vicino all'Aston Martin come sostituto di Sebastian Vettel. Il passaggio segnerebbe l'uscita del figlio di Michael dall'orbita Ferrari (è pilota di riserva) e potrebbe spingere Antonio Giovinazzi sulla Haas.

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