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MARIA ROSA TOMASELLO per la stampa.it
Attorno ai capolavori di Gian Lorenzo Bernini, nelle sale magnifiche e deserte della Galleria Borghese, regna un silenzio irreale. Quasi magico. Dove fino a pochi mesi fa 360 persone per ciascuno dei cinque turni si accalcavano per ammirare le opere del grande scultore, il marmo vivo del Ratto di Proserpina, o di Apollo e Dafne e poi, oltre, il genio di Caravaggio e Canova, di Raffaello e Tiziano, in una immersione totale nella bellezza, alle 9 del mattino del primo giorno di riapertura dopo il lockdown entrano appena 10 persone. Alle 11 sono in 18, solo 5 alle 13. Altri 21 sono suddivisi fra le 15 e le 17. La Galleria, gioiello del XVII secolo, è uno dei primi musei italiani che torna a spalancare le porte finora serrate ai visitatori, con una restrizione sul numero di ingressi, limitato a 80, meno di un quarto rispetto alle indicazioni precedenti, prenotazione obbligatoria, rilevazione della temperatura all’accesso, mascherine indispensabili e personale dotato di visiere.
Eppure, nonostante i limiti imposti dalle rigide misure di sicurezza, chi inizia il percorso dopo aver superato il controllo della temperatura sa che sta per fare una esperienza unica. Entra una elegante coppia inglese, un gruppo composto da un sacerdote, un diacono e un seminarista che studiano al Collegio Germanico di Roma e che pensano sia “un ottimo giorno della cultura”, un impiegato italiano appassionato d’arte che deve smaltire una montagna di ferie.
Dice Adrian Almoguera, studente spagnolo impegnato in un post dottorato in Storia dell’architettura, il primo a presentarsi: “Roma come le grandi Capitali europee è stata vittima del turismo di massa che hanno ucciso la funzione del museo, l’esperienza estetica, il confronto con le opere d’arte e che, purtroppo e per fortuna, si è fermato con questa crisi. Io ho visto più volte la Galleria, ho studiato parte degli allestimenti architettonici, ma stavo aspettando a che riaprisse perché volevo fare l’esperienza di visitare questi luoghi senza folla. Questa è una opportunità unica – spero unica davvero perché non vogliamo più vivere crisi come questa - per vedere com’era prima degli anni Duemila”.
E’ la conferma di quanto sostiene Anna Coliva, direttrice del museo gioiello di Villa Borghese, che ha voluto fortemente questa riapertura per dare il segnale che l’arte è vita: “ Eravamo molto ansiosi di capire come sarebbe andato questo primo giorno, ci aspettavamo zero visitatori, invece a decine stanno arrivando. Certo, non sono i numeri a cui eravamo abituati, ma è importante che siano venuti perché danno un senso molto forte di condivisione di questo momento importante - è la prima volta che tutti i musei del mondo chiudono per un periodo così lungo - ed è un grosso supporto a noi che abbiamo aperto: avevamo la possibilità di farlo perché avevamo predisposto per tempo tutti gli apparati di sicurezza, avevamo già contingentamento di accesso e prenotazione obbligatoria, e credo sia doveroso che i musei, che sono istituzioni pubbliche, diano un segnale”.
galleria borghese lucio fontana
E’ un dovere, afferma, nei confronti della collettività al di là di quello che sarà il risultato economico: “Non ci sarà sicuramente un’emergenza legate alle folle, non dobbiamo aspettarcelo per tanto tempo: finché non torneranno i flussi turistici e i turisti non si sentiranno sicuri quando viaggiano e quando stanno dentro ambienti chiusi. Ma non dobbiamo avere paura di questo, non dobbiamo aver paura del museo vuoto come non ne abbiamo avuto del museo pieno, nonostante creasse grandi problemi soprattutto a chi voleva fare visita da visitatore e non da turista”. Questa, dice, è la grande opportunità offerta da questo tempo post-pandemia: “I giovani non hanno mai vissuto e noi lo abbiamo dimenticato, ma adesso potremo visitare il museo avendo la possibilità di riflettere, di godere dell’atmosfera, dell’aura profonda che le opere d’arte hanno e che nessuna immagine sui social ti potrà restituire. In questo periodo di chiusura c’è stata una proliferazione di immagini, che sono molto utili, ma poi l’esperienza vera – conclude - bisogna farla nei musei. E gli italiani, che hanno un Paese meraviglioso da visitare ma così logorato da turismo incontrollato, forse hanno davanti opportunità che non torneranno: questi luoghi come li vedremo in questi mesi non li vedremo più”.
In una sala al secondo piano, James Green, storico di Roma antica e insegnante di lingue, inglese trapiantato in Italia, scatta foto una veduta di Canaletto, si inginocchia davanti a una scultura per riprenderla dal basso, libero di muoversi in uno spazio interamente a sua disposizione: “I tesori di Roma sono i tesori del mondo, poterli vedere senza troppa gente è una opportunità da non perdere – spiega - L’atmosfera è totalmente diversa. Non vedo l’ora di andare ai Musei Vaticani, sto controllando ogni giorno, ma ieri sera i biglietti non erano disponibili. Se anche mi dovessi svegliare alle 5 non c’è problema, ne varrebbe la pena”.
Andrea, professionista romano con la passione dell’arte, si è preparato a casa: “Sto realizzando il sogno di vedere dal vivo la Proserpina del Bernini, dopo aver visto in video comprato su Amazon durante il periodo di lockdown. Ieri sono stato alla Galleria d’arte moderna e contemporanea, e anche lì non eravamo in molti – racconta – Ma in questo periodo di reclusione forzata a casa ho avuto modo di fare molti approfondimenti sull’arte, e stamattina ho finalmente l’occasione di godere pienamente di tanta bellezza”.
anna coliva foto di bacco"la madonna dei palafrenieri" di matt collishaw galleria borghese carbone gmt 09anna coliva roberto d agostino foto di baccohitler e mussolini davanti a paolina bonaparte galleria borghese I FRATELLI SACCHETTI GALLERIA BORGHESE
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