DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Benny Casadei Lucchi per il Giornale
Ci sono adolescenti al liceo che non avevano mai visto vincere una Ferrari a Monte Carlo. Accontentati. Ora sanno l' effetto che fa. Stordisce. Perché un po' non ci si crede e un po' no e allora è tutto un gran stropicciarsi gli occhi. Sarà per via delle viuzze, delle curve, dei guardrail che raschiano gli specchietti delle monoposto e l' animo dei tifosi, ma trionfare da queste parti sa di roulette e numero buono uscito nel momento giusto. O meglio: due numeri buoni.
Vettel primo, Raikkonen secondo anche se forse sarebbe meglio dire Vettel primo e anche Raikkonen primo. Perché Kimi autore della pole era comodo al comando quando al pit stop ha dovuto inchinarsi alla ragion di Stato.
Vittoria numero nove in 75 edizioni della corsa per il Cavallino.
In fondo, in tanti anni, solo poche gioie, quasi che il dedalo monegasco abbia a noia le Rosse che vede parcheggiate ovunque durante l' anno. L' ultima volta di una Ferrari in trionfo fu kaiser Schumi a firmarla, anno 2001, cosa che Vettel liquida sbrigativamente «ah sì?
Non ci avevo pensato, ma conta aver vinto oggi...». Anche all' epoca era stata doppietta però al posto di Kimi c' era gregario Barrichello. Sembra un déja vu.
Non lo è. È tutto vero. È la Ferrari che vince e allunga in vetta al mondiale portando a 25 punti il vantaggio di Vettel su Hamilton solo settimo al traguardo. E lo fa orchestrando alla perfezione la terza vittoria stagionale del tedesco (la seconda qui) e, soprattutto, l' inchino di Raikkonen. Ci sta.
Tanto più da quando gli ordini di squadra sono tornati legali e per di più c' è da abbattere la Mercedes che stavolta, davanti, è riuscita a portare solo Bottas, quarto dietro a Ricciardo. Ci sta meno, invece, che i ferraristi non lo ammettano, che non dicano massì, era una delle ipotesi che avevamo studiato, posticipare la sosta del leader mondiale perché qui le gomme degradano meno, le ultra soft sono veloci e resistenti e quei maledetti otto punti in più potrebbero alla fine fare la differenza. No.
Niente. Tutto frutto di una botta di... e di due giri meravigliosi firmati da Vettel quando fra i big era rimasto il solo a non aver ancora cambiato gomme.
Così, al netto dell' euforia per questo importantissimo successo che porta la Rossa in testa anche alla classifica costruttori, resta il retro gusto amaro per un' ingiustizia sportiva. Per cui è normale che a Raikkonen girino e dica comunque dopo parleremo.... Così come normale è che Vettel sembri l' Alonso imbarazzato del 2010, ad Hockenheim, quando Massa leader era stato costretto a cedere il successo al compagno.
«Non avevamo parlato di strategia» ammette Seb, «però della gara nel suo complesso sì, ed era chiaro che come sempre chi era al comando avrebbe fatto sosta prima. Questo si è rivelato uno di quei rari casi in cui posticipare aiuta... Infatti ero davvero sorpreso quando, rientrato, mi sono trovato davanti a lui e capisco la delusione di Kimi... Al suo posto mi sentirei alla stessa maniera».
Soprattutto, è normale che il presidente Marchionne mandi messaggio urbi et orbi perché quanto avvenuto «era quello che aspettavamo da tanto tempo, una gara che entrerà nella nostra storia. Non solo una vittoria ma una doppietta in un Gran Premio di grande tradizione...». Bene così. Anche perché quando molti liceali di oggi non erano ancora nati, quello Schumi di cui Vettel non rammentava la doppietta, dopo aver vinto a Monte Carlo, aveva anche portato a casa il mondiale.
LA DURA VITA DA GREGARIO DI KIMI
Benny Casadei Lucchi per il Giornale
Se un pilota solitamente gelido si scalda per il nervoso, si scioglie per rabbia repressa e finisce con lo stringere sbrigativamente la mano al compagno, allora un problema c' è. Se poi, nell' ora successiva densa di premiazioni, podi, champagne e interviste, il pilota gelido si mette anche a guardare un punto non meglio precisato a destra dell' isola che non c' è pur di non incrociare lo sguardo del compagno, allora quel problema c' è due volte. E non a Houston, a Maranello.
La verità è che dobbiamo tutti chiedere scusa a Kimi. Perché tutti, alle 15 di sabato, quando il finnico ha centrato la pole, avevamo dato per scontato che poi la gara sarebbe finita esattamente così.
Cioè con lui che da primo diventa secondo e opplà Seb va a vincere il Gp. Ne eravamo convinti perché è nelle cose, perché ci sta, perché Ferrari e Mercedes non stanno pettinando bambole e c' è un campionato da vincere raschiando il barile. E da questo assunto derivava la nostra convinzione che Kimi, nella serata di sabato, si sarebbe subito mostrato d' accordo nel fare il passetto indietro pro Vettel. In fondo sta trattando il rinnovo del contratto e un bel gesto in pista, e la disponibilità a rifarlo in corso campionato, lo avrebbero aiutato nella trattativa.
Invece no. Lui voleva vincere e non aveva concordato nessun passetto indietro. Glielo devono aver fatto fare, il passetto. Da qui il suo disappunto. A meno che l' algido uomo non sia un grandissimo attore. «Dovremo parlarne» ha detto nel dopo gara, «adesso non riesco ad avere un quadro completo, certo che sono dispiaciuto...
Se posso disubbidire alle indicazioni del box su cui non concordo? Se voglio posso anche fermare la macchina, ma se inizi a non fidarti del tuo team, diventa poi tutto complicato. Adesso vedremo...». Concetti espressi senza mai voltarsi verso Vettel al suo fianco. Segno che la chiamata per il pit anticipato che si deve al pilota leader gli è rimasta qui.
Perché è vero che dove le gomme degradano è un vantaggio montare prima di altri quelle nuove, ma non è così dove le gomme non degradano come a Monte Carlo.
E Kimi lo sa. «Nonostante quello che si dice», è intervenuto il team principal Arrivabene, «noi ordini di squadra non ne diamo. Risultati così sono il nostro dna e poi i ragazzi se la giocano in pista. Seb qui è stato velocissimo con le gomme usate ed è passato in testa».
Punto. Oddio, punto e virgola.
Perché Nico Rosberg, che di scherzetti così ne aveva vissuti parecchi durante la convivenza con Hamilton, intervistando Kimi gli ha domandato: «Alla fine hai perso la gara nel pit stop?». E lui: «Non sono contento del 2° posto, era una di quelle giornate in cui speravo di fare di più...». E Nico: «So bene che cosa intendi dire e cosa stai provando...». Tra piloti ci si capisce. Soprattutto, fra quelli che ne hanno mandata giù parecchia. BCLuc.
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