Al primo set, con quella bandana da samurai, Fognini sorprende Alcaraz, con tecnica chirurgica, lungolinea come graffi di Lucio Fontana e intraprendenza a rete da moschettiere. Mentre i dritti urlati di Alcaraz sono sballati, così come spesso il servizio. Lo spagnolo è vulnerabile quando non può — o non vuole — alzare il livello. Allucinazioni per Carlitos: «Ma come gioca questo? Ha cinquant’anni….». Nonno Fabio può farcela. Lo sa. Ma butta sei break point, e perde il primo set.
Peccato. Ma Fogna non perde mai il sorriso, con quella meravigliosa leggerezza da funambolo, da artista di strada. Alcaraz commette una marea di errori. Mentre la classe immobile di Fognini, come un Pirlo d’annata nel calcio, è travolgente. Conquista il secondo set al tie-break, stavolta all’ultimo set point dopo altri tre sprecati. Fabio alterna magie — volée, palle corte, tweener e rovesci magici — a sufficienza e doppi falli. Alcaraz reagisce nel terzo, ma Fabio lo travolge nel quarto.
Fino all’ultimo round. «Ma non meritavo di perdere il primo set, e purtroppo l’inizio del quinto è stato una m….». Perché Fogna, oltre a un tennis sublime, tradisce anche la stanchezza. All’ultimo set, perde cinque giochi di fila, dopo esser stato a un punto per aggiudicarsene almeno tre. In tutta la partita, sfrutta solo 5 palle break su 21. Ma il pubblico lo invoca. Lo adora.
E non solo gli inglesi: «Non avrei mai pensato di avere tanti italiani dalla mia parte, troppe emozioni oggi», ride, «forse non c’è modo migliore per chiudere il sipario a Wimbledon. Ma lo so che ripenserò alla partita di oggi e mi incazzerò… perché ho avuto la possibilità di vincerla e qualche rimpianto rimane. Non me lo aspettavo. Però ultimamente ho subito troppi infortuni, anche per colpa mia, perché non dovevo giocare a fine anno scorso. Ma mi assumo le mie responsabilità, come ho sempre fatto. Paradossalmente, se in passato quasi non mi allenavo ma ero molto competitivo, oggi mi alleno a bestia ma devo ammetterlo: non riesco a competere a questi livelli, nonostante oggi».
«Ma ho dato tutto, e sono orgoglioso di me. A differenza di mia moglie non ha avuto la bravura e il c... di vincere uno Slam», chiosa Fogna a suo modo, unico, «e sul futuro vedremo. Deciderò io, nessuno può consigliarmi». Come in un altro capolavoro sportivo e malinconico, la Solitudine del maratoneta di un altrettanto ribelle come Alan Sillitoe: «Io sono me stesso e nessun altro. Gli altri non sanno niente di me».