nicolas viola

"FREUD MI HA CAMBIATO LA VITA" – STUDI DI PSICOLOGIA, ROCK E TATTOO. NICOLAS VIOLA, CAPITANO DEL BENEVENTO, SI RACCONTA A “CAMPIONI DEL MONDO” SU RADIO 2 – “HO AVUTO DIFFICOLTÀ NELL'APPROCCIARMI CON ALLENATORI, DIRETTORI SPORTIVI. QUESTO HA RAPPRESENTATO UN LIMITE PER LA MIA CARRIERA PERÒ GRAZIE ALLA PSICANALISI RIESCO A ESPRIMERMI MEGLIO. TORNASSI INDIETRO MAGARI PARLEREI UN PO' PIÙ CON MIO PADRE E OGGI AVREI QUALCHE TATUAGGIO IN MENO" – L’ANNATA INCREDIBILE DEL BENEVENTO, PIPPO INZAGHI E SULLA NAZIONALE – VIDEO

 

Dagonews

 

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A raccontare Nicolas Viola sono i tatuaggi. Sulla gamba sinistra campeggia Freud, che gli ha cambiato la vita. "La psicanalisi mi ha migliorato", racconta il capitano del Benevento a “Campioni del Mondo”, la trasmissione condotta da Marco Lollobrigida, su Rai-Radio 2. È un calciatore diverso dal cliché soldi-macchine-belle donne. Lui studia psicologia all’Università del Sannio. “Sono agli sgoccioli però per me è solo l'inizio: più si impara, più c'è da imparare. È un percorso di crescita che mi sta dando quella serenità in più per affrontare anche le partite”. Sul sopracciglio destro un altro tatuaggio, con la scritta Unwanted: “Non cercato”.

 

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“Noi calciatori siamo dei privilegiati ma se penso ai sacrifici che ho fatto per arrivare a questo tipo di vita…”. Viola viene da un paesino calabrese, Oppido Mamertina. Infanzia “dura”, gavetta, sacrifici. A 14 anni arriva la Reggina. Tutti i giorni, con il pullman, da Taurianova dove vive, a Reggio. “I soldi erano pochi, alle volte ho dovuto saltare la cena e il pranzo per potermi allenare. Quando sei giovane e cresci nelle difficoltà, diventi uomo molto prima”.

 

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Per raggiungere, e resistere, a certi livelli, spiega, “c'è bisogno non solo del fisico ma della testa”. E Freud a livello psicanalitico è stato “una svolta”, anche perché “vengo da una regione dove la mentalità è un po’ rigida, quindi ho avuto difficoltà nell'approcciarmi con allenatori, direttori sportivi. Questo ha rappresentato un limite per la mia carriera però, adesso che non vedo più immagini paterne o materne all'interno del campo, riesco a esprimermi meglio.Tornassi indietro magari parlerei un po' più con mio padre, mi confiderei un po’ più con lui e oggi avrei qualche tatuaggio in meno”. Ne ha tantissimi, molti sono dedicati ai suoi artisti d’Ispirazione. Bukowski, Andy Warhol, Salvador Dalì, Jim Morrison.

 

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Arte, rock e…Milan. “Vengo da una famiglia rossonera, in camera avevo i poster di Kakà, Gattuso e Pippo Inzaghi. Quando il mister mi ha chiamato per la prima volta e  mi ha detto “Vengo io ad allenarti”, per me è stata veramente un'emozione fortissima. Ricordavo il calciatore, però ho avuto una piacevolissima sorpresa anche sull’Inzaghi allenatore”.

 

La cavalcata dalla B alla serie A. “L’anno scorso è stata un’annata da ricordare mentre quest'anno siamo molto felici del percorso che stiamo facendo insieme". L’exploit contro la Juventus è il suggello a un campionato di alto profilo. “Vi salvate? Certo”. La nazionale? Sarebbe il coronamento di un sogno, un traguardo, anzi uno dei traguardi, perché una volta arrivati in azzurro poi non è che finisce il calcio, bisogna sempre andare avanti e migliorare. Io penso che se una persona continua a migliorare quello che fa poi può arrivare qualsiasi cosa. Mi piace sognare, mi alleno tantissimo ma penso anche al “dopo”, a quando finirà la carriera da calciatore, mi sono iscritto all’università per dare ai miei figli quello che non sono riuscito ad avere io da piccolo…”

 

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