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Estratto dell'articolo di Claudio De Carli per il Giornale
Cosa ho capito allenando in Premier? Forse vi deludo, magari vi aspettate che vi parli della mentalità dei calciatori o del loro modo di trascorrere la settimana. Invece no, nei miei anni in Inghilterra ho capito che due inglesi fanno un popolo, 57 milioni di italiani no. Un passo indietro, anni Sessanta.
Gli amici gli hanno dato un nomignolo, Er Pecione. In stretto romanesco ha il significato non così gratificante di uno che non sa fare bene il suo lavoro, un arruffone, una specie di impiastro senza talento tenuto in piedi grazie al padre, ma lui non ci faceva caso, era Er Pecione e chi se ne importa.
Quel giorno arriva al campo con la sua lambretta che gli hanno comprato per fare le consegne. Suo padre è il macellaio del Testaccio ma loro sono del rione San Saba, abitano al fianco della parrocchia, sempre Roma ma a sud, zona Circo Massimo. Il ragazzo frequenta come tutti l’oratorio e come ogni oratorio che si rispetti ha la sua bella squadra di calcio e lui ci vuole entrare.
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E non è stata solo fortuna ma certamente Helenio Herrera ha avuto la sua bella fetta di importanza nella sua carriera perché il San Saba si allena a pochi passi dal campo della Primavera della Roma e il Mago un giorno va a vedere i ragazzi che giocano a pallone, lo vede e ne resta colpito. Lo segnala ai dirigenti, provino alle Tre Fontane e questi gli trovano una maglia nel Dodicesimo giallorosso, una sorta di cantera romanista, ci resta poco, venti completi da calcio, una sacca piena di palloni nuovi di zecca e Er Pecione va a fare l’attaccante nella Primavera della Roma. Mica male, no? Ma giocherà dietro.
Otto anni nel Catanzaro poi smette presto e si mette ad allenare, due promozioni con il Cagliari, porta il Napoli in Uefa e la Fiorentina in A più una coppa Italia e una Supercoppa, va in Spagna e vince col Valencia una coppa del Re, passa all’Atletico prima di entrare in Premier League con il Chelsea che porta al secondo posto, vince una FA Cup e rientra da noi, Parma, Juventus, Roma e Inter dove non è mai facile per un ex juventino sfondare nei cuori della Nord, chiede perdono ma è Thiago Motta che gli mette il bastone fra le ruote: Eravamo partiti bene ma a gennaio Thiago all’improvviso ha deciso di andare al PSG, lo sapevo ma mi aveva promesso che sarebbe partito a fine stagione. Invece convince Moratti e se ne va. Senza di lui sono saltati i meccanismi a centrocampo, lui era l’orologio che faceva girare la squadra, le cose senza Thiago Motta non sono andate come speravamo e come sperava il presidente.
Va al Monaco, altra promozione in Ligue 2 e secondo posto in Ligue 1, allena la nazionale greca e torna in Premier al Leicester City dove per tutti compie il capolavoro della carriera, la favola. Vince la Premier, siamo nel 2016, diventa Sir Claudio, la Fifa lo premia allenatore dell’anno, entra nella Hall of fame del calcio italiano. Una stagione indimenticabile, pulita come un cielo senza nubi e una sola delusione, promette ai suoi giocatori di pagare una pizza per ogni partita finita senza reti ma rimane deluso, loro preferiscono gli hot dogs.
Poi ancora Nantes, Fulham, serie A, Roma, Sampdoria, in Inghilterra resta un mito lo ingaggia il Watford, in Italia è l’unico allenatore ad aver guidato dalla panchina la sua squadra nei quattro derby principali di Milano, Torino, Roma e Genova: Il derby è la partita più semplice, la città lo vive talmente che un allenatore deve solo fare quello che tiene tutti in riga e calmare le emozioni. Nove vittorie e un pareggio lo score dei suoi derby, imbattuto fino al 22 luglio 2022 quando a Marassi il Genoa batte 2-1 la sua Samp. Adesso è a Cagliari dopo aver vinto i play off e compiuto l’ennesima impresa, loro erano quattordicesimi a dicembre. Dov’è la notizia?
Questo signore non fa più notizia, la sua è una regola, niente di impensabile, zero costruzione dal basso, 4-4-2, dietro gente che mena, pressing esagerato, palla lunga e pedalare con quelli che sentono la maglia e chi vuole andare in Saudi League a carriera in discesa, bene, tantissimi soldi, contento per loro: Ho 71 anni? Sì, e da grande voglio fare l’allenatore, dicono che sono il più filosofico fra quelli in attività? Sono solo un sognatore. In fondo Leicester è come Cagliari, ci si sta bene, la gente al ristorante ti lascia mangiare in pace con la famiglia, puoi girare per la città e andare a fare spesa come uno qualunque, questo è il massimo che può chiedere un allenatore, respirare nelle vie del centro, sentirsi addosso l’afflato dei cagliaritani.
Il giorno della presentazione ha fatto quasi una promessa, ha detto che ama il calcio e non vede nessun buon motivo per lasciarlo, magari anche fino agli ottant’anni, lui non se li sente ancora addosso, qui a Cagliari naturalmente, saluti dall’impiastro.
claudio ranieri. 2claudio ranieri. 3claudio raniericlaudio ranieriTOMMASO GIULINI ACHILLE ONORATO CLAUDIO RANIERIfrancescoli claudio raniericlaudio ranieri. 4
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