GRATTA L'AMORE PER L'ARTE CONTEMPORANEA CHE HA TRAFITTO MOLTI CINESI E SBUCA IL LORO LEGGENDARIO SENSO DEGLI AFFARI PER FREGARE LE LEGGI DI PECHINO

Alessandra Mammì per Dagospia

Tempo fa il sospetto da parte degli americani che più che l'amore dell'arte a spingere molti cinesi sul mercato del contemporaneo fosse il loro leggendario senso degli affari, prese sempre più corpo. Soprattutto dopo che un accurato studio pubblicato da "Art Newspaper" dimostrò che qualcosa che non funzionava tra valori di import-export di opere che entravano e uscivano dalla Cina.

Così la Cnn cominciò a indagare per capire se il mercato dell'arte non fosse una copertura all'esportazione di capitali, grazie alle sue transazioni su oggetti dal valore oscillante e dal proprietario spesso opaco. Insomma la strada maestra per sfuggire da leggi molto restrittive che non consentono ai cittadini cinesi di far uscire dai confini cifre superiori ai 50mila dollari l'anno. Ma....

Primo scenario: un ricco cinese compra un'opera (antica o moderna) in patria e la porta fuori. Lì la rivende cash a un prezzo molto più alto e si mette in tasca il ricavato in valuta straniera.

Secondo scenario: lo stesso ricco cinese compra un'opera a prezzo gonfiato fuori dalla Cina attraverso un intermediario (agente sul mercato dell'arte) in combutta con lui. Poi l'intermediario intasca il valore reale e deposita il sovraprezzo in una banca offshore fuori dai confini.

Se la finanza bussa alla porta è facile per il ricco signore produrre la ricevuta del capolavoro straniero appena comprato, mentre è difficile per il governo dimostrare che lo ha pagato troppo. Soprattutto se è un'opera contemporanea di un artista lontano, occidentale, giovane, sconosciuto di quelli che all'improvviso da 500 dollari, passano a 500mila. E' il mercato bellezza....

 

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