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DAGOREPORT - SERVIZI E SERVIZIETTI: IL CASO ALMASRI E' UN “ATTACCO POLITICO” ALLA TRUMPIANA MELONI?…
“HO INIZIATO DA GIORNALISTA A 16 ANNI SCRIVENDO LETTERE INVENTATE PER 'CIOÈ'” – FABIO CARESSA RIVELA LA PIU’ GRANDE BOIATA CHE HA SPARATO: “QUELLA DELLA RAGAZZA CHE INCONTRA BONO VOX A TRINITÀ DEI MONTI, "UN PO’ MASCHERATO PER NON FARSI RICONOSCERE”. COME NO!? SE BONO IN QUEL PERIODO SI FOSSE PRESENTATO A TRINITÀ DEI MONTI SAREBBE STATO IL DELIRIO” - “E' CAPITATO IN ALCUNI PERIODI CHE MIA MOGLIE BENEDETTA PARODI GUADAGNASSE PIÙ DI ME, L’HO VISSUTA BENISSIMO” – E POI BISCARDI (“CON LUI MI IMBUCAI AI MONDIALI NEGLI USA”), IL CONSIGLIO AI NUOVI TELECRONISTI (“NON PUOI FARE LA CRONACA DELLA SERIE C PENSANDO CHE SIA LA CHAMPIONS”), SAN SIRO "DA RIFARE" E I PRONOSTICI SU SCUDETTO E CHAMPIONS…
Anna Gandolfi per corriere.it - Estratti
Fabio Caressa, è vero che la sua carriera di giornalista è iniziata con «Cioè»?
«Verissimo. Avevo più o meno 16 anni».
E come arriva al magazine culto degli adolescenti degli anni ‘80?
«A Roma studiavo al liceo classico e dicevo agli amici: vorrei scrivere. Qualcuno era nell’editoria, mi hanno indirizzato: cercavano giovani leve. Il mio compito erano le lettere. “Sono tal dei tali (erano quasi sempre firme femminili), ho incontrato il vip tal dei tali”. Tutto rigorosamente inventato».
La più grossa che ha sparato?
«Quella della ragazza che incontra Bono Vox a Trinità dei Monti, "un po’ mascherato per non farsi riconoscere”. Come no!? Se Bono in quel periodo si fosse presentato a Trinità dei Monti sarebbe stato il delirio. A modo mio inventavo storie. Comunque ho fatto anche interviste vere: la prima ad Alberto Fortis».
Fabio Caressa, 57 anni, è uno dei telecronisti più seguiti e amati dal pubblico. Voce di Sky dal 2003, è un romano a Milano «ormai da 34 anni». E sulla sua Milano ha pareri ben precisi, a partire da uno dei temi caldissimi con cui si apre il 2025: il futuro dello stadio Meazza. Entro febbraio Milan e Inter devono presentare il piano finanziario sulla nuova arena. «Cosa penso io? San Siro bisognerebbe rifarlo da zero. Anche a costo di abbatterlo. È bellissimo, ma antico. E oggi la priorità è avere impianti al passo con i tempi».
Partiamo dall’inizio. A Milano sbarca per Telepiù.
«Nel 1991, sul finire della Milano da Bere, portato da Rino Tommasi che è appena mancato: un maestro della cronaca sportiva e dell’uso dei numeri. La mia prima telecronaca è stata il Trofeo Luigi Berlusconi. Con i colleghi Marco Nosotti, Fabio Guadagnini e Giorgio Porrà abitavo al residence «Futura» di via Mecenate, allora frequentato in modo - diciamo - colorito. Lavoravamo e la sera andavamo a ballare: Beau gest, Lizard. Che tempi».
(...)
Oggi è perfettamente naturalizzato. Tema dibattuto in città è San Siro, che lei conosce benissimo lavorandoci spesso. Cosa farne?
«Ribadisco il mio parere: San Siro bisognerebbe rifarlo. Mancano i servizi e invece un impianto deve essere fruibile. Al Bernabeu ci puoi vivere una giornata intera, al Meazza no. Non ci sono dotazioni adeguate, ristoranti».
Rifarlo anche a costo di abbatterlo?
«Non sarebbe uno scandalo. Dicendo “gli stadi non si toccano” non si va da nessuna parte: la Roma dovrebbe giocare al Colosseo. In Italia c’è un enorme problema di impianti».
(...)
Difetti di Milano.
«L’area B mi sembra classista e sa un po’ di ponte levatoio che viene alzato dal castello: per lo smog sarebbero state meglio altre soluzioni. Inoltre oggi Milano non è una città che si possa definire sicura: dopo le 20 non puoi prendere la metropolitana. Vuoi il taxi? Non lo trovi. Ciò non va bene e lo dico da padre di tre figli di 22, 20 e 15 anni (Matilde, Eleonora e Diego, ndr) che vogliono uscire la sera ma poi sono in difficoltà».
Ha raccontato che a essere «politicamente corretto» sta imparando proprio dalle sue figlie.
«Assolutamente sì. Ne ho parlato anche nel podcast “Scomodiamoci” (Caressa è uno dei sei “maschi famosi” che hanno dialogato con l’attrice Carolina de’ Castiglioni, ndr) dedicato alla violenza di genere. Per la mia generazione certi atteggiamenti sono normali, certe battute sono simpatiche, fanno ridere, sono complimenti mentre per le mie figlie sono fastidiose. Da loro ho imparato, in questo ambito, che qualcosa che sembra innocuo per altri non lo è».
Come i fischi per strada.
«Non ho mai assistito a fischi verso le mie figlie, perché se accadesse non finirebbe bene. Lo so: ho detto una cosa “patriarcale”, Matilde ed Eleonora mi riprenderebbero. Ma ci sta».
A sua moglie Benedetta è successo?
«Chi fischia non finirebbe bene con Benedetta, ci penserebbe lei a metterlo a posto. È tostissima».
Nello stesso podcast ha parlato dei vostri stipendi. Benedetta guadagna più di lei?
«Dipende, va a periodi: spesso è capitato che lei guadagnasse più di me».
Da uomo come la vive?
«Benissimo. In famiglia entrambi partecipiamo alle spese e se è un periodo in cui guadagno di più io, mi faccio carico di più spese io, se invece guadagna di più Benedetta, se ne fa carico di più lei. È sacrosanto però c’è chi ancora si stupisce».
Vi siete conosciuti al lavoro.
«A Telepiù. Sposi nel 1999».
(...)
Niente partita, si guarda un film insieme: capita anche a casa sua?
«Io guardo il calcio. Anche a costo di finire da solo in una stanza».
Delle inchieste ultrà intorno a San Siro cosa dice?
«Non parlo di cose che non conosco a fondo».
Allora parliamo di cose che conosce. Tre pronostici secchi: chi vince la Champions?
«Potrebbero vincere l’Inter o il Liverpool».
Lo scudetto?
benedetta parodi, fabio caressa
«Se vincesse l’Atalanta - che investe sui giovani e sta facendo grandi cose grazie all’allenatore e alla società - farebbe bene al calcio italiano».
Il Mondiale dei club?
«Mah. Forse il Real Madrid».
Ai Mondiali per due edizioni la Nazionale non è arrivata. Ne risente il suo lavoro?
«Non è il mio lavoro il problema ma il fatto che così i giovani non si avvicinano al calcio».
A proposito di Mondiali: si è imbucato a Usa 1994?
«Imbucato no perché pagavo il biglietto. Ma sì, con Aldo Biscardi, non avevamo i pass. Tutti tranne uno: il mitico collega Gianni Federico che si presentava con un foglio bianco con stampata la sua foto, il Tricolore e la scritta “Italian special security”. Incredibilmente con quello andava dappertutto».
È vero che pensa alla metrica dell’Eneide quando fa le telecronache?
«Eredità del Classico. Ho smesso di usare le virgole e messo i punti. Serve musicalità».
È il pioniere della telecronaca emozionale: «Vogliamoci tanto bene» nel Mondiale 2006 è storia.
«L’ho detto: per me l’emozione è fondamentale».
Oggi in quanto a pathos è stato superato a destra.
«Servirebbe un po’ più di aderenza alla realtà. Concordo con Fabio Capello: non puoi fare la cronaca della Serie C pensando che sia la Champions».
Ci dica un pregio e un difetto di interisti e milanisti.
«Il difetto è uguale: quando ci sono loro lo stadio è bellissimo ma hanno una certa tendenza al mugugno, con i loro stessi giocatori a cui chiedono molto. Li senti: buuuuuuuuuuuuu».
Il pregio?
«Sono abituati a chiedere il meglio quindi sanno spingere la squadra».
(...)
L’ex sindaco di Bergamo Giorgio Gori è di famiglia (marito della cognata Cristina Parodi, ndr). Ci dica allora pregi e difetti degli atalantini.
«Quando si tratta di Atalanta tutta la città è con la squadra. Però certe volte, quando i bergamaschi parlano, io non capisco niente...».
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