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POG-VA? NO, RESTA QUA - COI 100 MILIONI DELLA COPPA LA JUVE PUÒ TENERE IL FRANCESE: PIU’ PROBABILE LA CESSIONE DI VIDAL - AD ALLEGRI, CHE GLI HA DATO DEL GIGIONE, POGBA RISPONDE: “NON E’ PRESUNZIONE, E’ SOLO IL MIO MODO DI ESSERE”

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Emanuele Gamba per “la Repubblica”

 

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Paul Pogba ha sorrisi un poco spenti, di recente. Turbamenti? Paure? Dolori? Semplici preoccupazioni? «Fisicamente mi sento meglio rispetto alle prime tre partite giocate dopo l’infortunio. Io sono pronto». Secondo l’Équipe, il fuoriclasse francese è destinato a sbriciolare sul mercato ogni record finanziario, se è vero (ma non è vero), come scrivono in Inghilterra, che il City sarebbe disposto a spendere 95 milioni e se è vero (come è vero), che alla Juve per il momento non bastano, non basterebbero.

 

È questo tourbillon di denaro che inquieta colui il quale in fondo è ancora un ragazzo in età evolutiva o sono semplicemente i pensieri, i primi pensieri d’ansia di un giovane inevitabilmente abituato alla spensieratezza, quella cosa che smette quando di colpo si diventa grandi? «Del mio futuro lascio che la gente ne parli al mio posto. Io al riguardo non ho mai detto niente, non ho mai detto che questa sarà la mia ultima partita con la Juventus. Magari sarà la mia ultima finale di Champions League, perché no?».

 

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No, non lo sarà. Pogba giocherà sempre in una squadra sul tetto del mondo, forse proprio il Barcellona: dicono sia la sua formazione preferita, di sicuro il suo manager Mino Raiola ha già intessuto degli intrecci con i catalani, nella prospettiva di un trasloco da realizzare non quest’estate ma nel 2016. Gli piacerebbe giocare con Messi, un giorno? «Non lo so», e questa non risposta somiglia a una risposta, tradisce una remora. «Del Barcellona mi piace il gioco. Mi piace vederlo giocare. Ma mi piacerebbe ancora di più vederlo perdere sabato».

 

È proprio perché esiste sabato, perché si è materializzato questo sabato che viene, che Pogba finirà per restare alla Juve un altro anno ancora. Il cammino in Champions League ha garantito alla Juventus un centinaio di milioni di introiti, più che sufficienti per non avere più bisogno di vendere. Il centrocampo cambierà comunque perché quasi certamente Pirlo se ne andrà negli Stati Uniti (a Miami da Paolo Maldini?) e perché Vidal verrà ceduto se se ne presenterà l’opportunità: non è una questione di soldi ma di ragionamenti, il cileno ha fatto fermentare dubbi attorno a sé (sulla sua professionalità, sulla sua disponibilità) e non è più giudicato essenziale.

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Arriverà a parametro zero Sami Khedira dal Real Madrid, avrà più spazio Sturaro, piace assai il belga Witsel dello Zenit («La Juve è un top club, siamo in contatto», dice il gigantesco ricciolone originario di Martinica), qualcuno insomma arriverà anche se Pogba non partirà, e purché si tolga quella smorfia dal viso. «Allegri mi ha criticato, ma io sono fatto così», dice commentando il “gigione” che gli ha dato l’allenatore. In francese si dice cabotin, è uno che ha un insano gusto per il superfluo.

 

«Quello di Allegri lo prendo come un consiglio, d’altronde anche altri allenatori mi hanno detto che dovrei essere più concreto. Ma quello è il mio modo di essere, non è presunzione, è giusto che io giochi il mio calcio. Qualche volta va bene, qualche volta va male, penso soltanto che io debba essere più concentrato. È chiaro che in una finale di Champions League si debba esserlo al cento per cento e per novanta minuti».

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È per quello che Allegri gli sta dietro, gli sta addosso, non lo molla un momento: la Juventus non può pensare di battere il Barcellona se Pogba non sarà e non darà il meglio di sé. «Io non lo faccio apposta, a rilassarmi. Ma quando un allenatore mi rimprovera è un bene, mi dà la sveglia, mi apre gli occhi, il suo richiamo mi tocca e voglio dimostrare che si sbaglia».

 

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Pogba non è chiaramente in discussione, per sabato. L’alternativa a lui sarebbe Pereyra, che è in condizioni molto buone e giocherebbe centrocampista, provocando l’arretramento di Vidal a mezzala. Ma sono congetture senza fondamento, Allegri non rinuncerà mai al suo talento più smeraldino né lui «alla partita dei miei sogni, la più importante che abbia mai giocato.

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Il Barcellona ha l’attacco più forte del mondo, tu puoi fare tutti gli allenamenti tattici che vuoi ma non saranno quelli a farti vincere la partita. Piuttosto può essere l’aggressività. O magari anche la fortuna». E un pizzico di concentrazione.