NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON…
Gianni Mura per la Repubblica
L' appuntamento con Francesca Piccinini è nella pausa pranzo (molto leggero) dopo l' allenamento con i pesi e prima di quello con il pallone, tutte insieme le ragazze dell' Igor. Ho deciso di partire da lontano. Da lei, da Buffon e da Carrara, dove sono nati. Lei in una frazione: Castagnola di Sopra. «È in alto, come dice il nome. Sulla strada per il cimitero». Tutt' e due nati in gennaio, lei il 10 lui il 28, ma del '78, un anno prima. Capitani della loro squadra e della Nazionale. «Alt, io non più da quando mi sono chiamata fuori, prima di Rio. Non ho condiviso alcune scelte del ct, le ho rispettate ma era chiaro che per coerenza potevo solo tirarmi da parte, e mi è costato molto perché la maglia azzurra dà una carica fortissima».
Si torna a Castagnola: «Gigi non posso dire di conoscerlo bene. Ho giocato a volley con Guendalina e Veronica le sue sorelle. Lui credo fosse già a Parma. Se io e lui abbiamo qualcosa in comune, Carrara a parte, è che molti ci giudicano stravecchi e bolliti. E non è vero: il mio corpo l' ho sempre trattato bene e mi sento più giovane adesso di quando avevo vent' anni».
Tornerebbe indietro, potendo?
«Mai».
Com' è arrivata alla pallavolo?
«Provando prima alcuni sport in cui non mi sono sentita a mio agio e nemmeno divertita. Danza, nuoto, pattinaggio, equitazione: tutti sport individuali, forse era scritto che mi adattassi meglio a uno sport di squadra. Ci ha provato anche mia sorella Chiara, giocava da palleggiatrice ma non le piaceva granché. In compenso Zoe, sua figlia, è la mia prima tifosa. Ha 10 dieci anni e si è fatta promettere che le lascerò tutte le mie scarpe».
Sono tante?
«Più di 200 paia, non so resistere alle scarpe. Le ho promesse a Zoe, basta che crescendo non superi il 41 di piede».
Da che famiglia proviene?
«Una famiglia molto unita a cui devo molta riconoscenza. Un giorno mia madre m' ha detto che in pratica sono stata allevata al telefono, educata al telefono, cresciuta al telefono. Mio padre Roberto, caporeparto in una fabbrica di mattoni. Mia madre Almarella, trent' anni alla Esselunga, ma negli uffici, non alle casse. Come per molte della mia generazione la spinta ad amare il volley è nata dai cartoni animati giapponesi di Mila e Shiro, sognavo di andare a giocare in Giappone. Infatti a 18 anni mi ritrovo in Brasile».
Che non è da buttar via. Dove?
«Al Paranà di Curitiba, Bernardinho mi voleva a tutti i costi. Un allenatore che ha vinto tutto. Sa chi è? Il padre di Bruninho che gioca a Modena».
Sì, grazie, fin lì ci arrivo. E come andò in Brasile?
«Le brasiliane mi accolsero bene, mi accettarono, anche perché non ero e non sono una piantagrane. Livello tecnico altissimo. Otto ore al giorno di allenamento Arrivammo seconde. Mi chiesero di restare ma mi era venuta la saudade al contrario. Niente cellulare, comunicazioni telefoniche intermittenti, faticose e soprattutto carissime. Così in famiglia eravamo tornati a scriverci lettere, sistema più romantico ma più lento».
È la sua sola esperienza all' estero?
«Sì. Piaciuta ma non ripetuta».
Non è un po' strano? Negli anni successive si vedevano giocatrici italiane in Turchia, in Russia.
«Le offerte sono arrivate anche a me, e in alcuni casi avrei guadagnato cinque volte tanto, ma le ho rifiutate».
Come mai?
«I soldi non sono la cosa più importante della vita. L' amore vale molto di più, e anche la serenità, il sentirsi bene in un gruppo».
Lei qui com' è messa?
«Molto bene. Non vedo l' ora di andare al mare in Sicilia con Gabriele, il mio fidanzato. Perché ride?».
Mi ha sorpreso la parola fidanzato, credevo non si usasse più.
«Posso fare due precisazioni, anzi due smentite?».
Ne ha facoltà.
«Sui social girano due voci. Prima voce: la Piccinini è incinta. Ma a me non risulta. Seconda voce: a fine stagione smetterà di giocare. Neanche mi sfiora l' idea. Un altro anno ad alto livello mi sento di giocarlo, e lo giocherò».
Nel 2005 Feltrinelli ha pubblicato un suo libro, intitolato "La melagrana", biografia e non solo. Non sono riuscito a trovarlo. Mi può spiegare il titolo?
«Mi paragono io alla melagrana, un frutto che esclude la fretta. Non è una mela o una banana, che puoi mangiarle anche camminando per strada. È un frutto che chiede calma e tempo. È dolce ma anche amaro, nella sottile membrana che avvolge i chicchi. Non va giudicato al primo impatto, superficialmente. È buonissimo, ma bisogna sapere come prenderlo. Qual era la mia immagine pubblica? Una ragazzetta carina e stupida che gioca piuttosto bene a volley».
Non si butti così giù.
«Mi lasci fare, so quello che dico. Forse avranno influito le foto per il calendario nudo, ma non credo. Erano foto classiche, ognuna ispirata da uno sport, per nulla volgari. Nel libro interiorizzo il discorso, parlo di agonismo, di silenzio, di paura, di responsabilità, di collaborazione, di rispetto, tutte parole che in ogni sport hanno un peso. Oggi c' è troppa frenesia, troppa voglia di accorciare i tempi.
Me ne accorgo sui campi. E c' è poco rispetto tra le più giovani e le più anziane. Torno a fare il discorso del rispetto perché molti hanno pensato che fosse rivolto alle mie compagne di Novara...
(...)
La vita che sta facendo lei, dopo aver vinto 5 scudetti, 6 Coppe dei Campioni, 1 Mondiale, 1 Europeo, 1 Coppa del Mondo.
"Perché mi diverto, mi piace giocare, forse non sono pronta all' addio. Una cosa bella dello sport è che trasmette gioventù. Fisicamente sto benissimo. Del resto i malanni più pesanti li ho avuti da giovane: una spalla usurata a 14 anni, e a 18 una vite nell' alluce sinistro, che mi faceva molto male. Il male è passato e la vite è rimasta. Non è un bel vedere».
Senza altri calendari in programma e tramontata la sfida con Maurizia Cacciatori su chi fosse la più bella del reame, non sembra grave.
«Quante risate ci siamo fatte io e lei, tutt' e due di Carrara, su questa faccenda del sex symbol. Che poi, dico io, a essere belle non c' è merito, il merito semmai è dei genitori. A essere brave il merito c' è. E quindi secondo me finivamo pari: Maurizia certamente più bella di me, ma nel volley più brava io».
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