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Eugenio Capodacqua Giuliano Foschini Fabio Tonacci per “la Repubblica”
Nel paese del doping capita che le medaglie abbiano un rovescio meno brillante del metallo di cui sono fatte.
Davvero a Pechino è stato solo oro, bronzo e sudore? È la domanda che l’inchiesta di Bolzano pone oggi alle uniche due medaglie italiane della squadra di atletica alle Olimpiadi del 2008, Alex Schwazer e Elisa Rigaudo, oro e bronzo nella marcia.
E soprattutto all’allora presidente del Coni, Gianni Petrucci, e a quel sistema che i Carabinieri, al termine di diecimila pagine di documenti, descrivono così: «Enormi sono le responsabilità politiche a carico di chi ha contribuito a creare un sistema anti-doping autoreferenziale e assolutamente incapace di fronteggiare il problema, tanto che l’unico baluardo contro l’illegalità dilagante nel mondo dello sport sembra essere la legge penale e coloro che l’applicano».
L’ORO DI SCHWAZER
Dice ora Alex Schwazer che sì, «mi sono dopato nel 2012, ma l’oro del 2008 è pulito, nessuno si azzardi a toccarlo». Eppure i magistrati non ne sono del tutto certi. Scrivono: «La serie dei dati raccolti dalla IAAF induce a sospettare che già durante la preparazione per i Giochi Olimpici di Pechino (e forse ancor prima), Schwazer sia stato sottoposto a trattamenti farmacologici o a manipolazioni fisiologiche capaci di innalzare considerevolmente i suoi valori ematici».
alex schwazer carolina kostner
Cos’è che alimenta il dubbio? Una perizia, firmata dal professore di ematologia Giuseppe D’Onofrio, al quale sono stati fatti esaminare i valori del sangue dell’atleta dal 2005 al 2008. «Il consulente ha rilevato valori elevati di reticolociti e bassi di emoglobina in data 20 agosto 2008». Due giorni prima della grande vittoria. «Sono compatibili con una perdita di sangue o una donazione nella settimana precedente».
Poi c’è l’intenso rapporto con il professor Francesco Conconi (il medico che, seppur assolto per prescrizione, secondo i giudici «sosteneva e incoraggiava gli atleti all’assunzione di Epo») iniziato nel gennaio del 2008.
Decine di mail sono lì a provarlo, i due si incontrano, Conconi gli controlla i valori ematici e le tabelle di allenamento. Il marciatore a febbraio di quell’anno acquista su eBay la famosa tenda ipossica per 4.100 dollari di cui parla anche la ex fidanzata Carolina Kostner, che, convocata dal Coni, ora dice: «Spiegherò tutto». È un dispositivo vietato in Italia, perché aumenta il trasporto ematico dell’ossigeno. Schwazer la usa sia al Centro federale di Saluzzo, sia nel ritiro di Livigno prima della gara olimpica.
Nel suo computer sono stati trovati due files, creati il 14 maggio 2008, denominati “introduzione gh” e “steroidi acquistare con Steroid”, a cui sono allegate pagine sull’ormone della crescita e sulla somatropina. Li ha acquistati? No. «Ma ciò conferma che era interessato alle caratteristiche di quei prodotti». Insomma, il ragazzo alla vigilia di Pechino «ha adottato lo stesso (apparentemente assurdo) piano, che poi ripeterà in vista di Londra».
IL BRONZO DELLA RIGAUDO
«Buongiorno sono Elisa Rigaudo, come può vedere dalla fotografia sono a ossigenarmi ai piedi del Monte Bianco (...) ho fatto gli esami del sangue e i valori sono i seguenti. Secondo lei quali tipi di lavori devo fare prima di partire? ». Mentre si preparava per Pechino, la Rigaudo, medaglia di bronzo della marcia, scriveva anche lei al professor Conconi.
Perché? I pm di Bolzano glielo hanno chiesto in un interrogatorio dell’agosto scorso. Inizialmente minimizza. «Ho conosciuto Conconi nel 2006, ma poi non l’ho mai più risentito...». Gli investigatori sono imbarazzati. Le leggono le sue email dell’estate del 2007 alle quali il medico, d’accordo con Sandro Damilano, allora commissario tecnico italiano di atletica leggera, aveva più volte risposto.
«In questo momento non sono più sicura di nulla... — ha dovuto ammettere lei, quasi in lacrime — Era Damilano che mi ha portato da Conconi... Lui che girava i miei dati al dottore, ma Conconi era molto più legato a Schwazer che a me, gli ha fatto anche i complimenti dopo Pechino...».
LE COMPLICITÀ
Eccole quindi le ombre sui nostri migliori atleti e sull’allora commissario tecnico. Ombre, al momento. Ma l’atto di accusa più interessante che Procura e carabinieri fanno è diretto all’intero sistema sportivo.
«È in atto — annotano nell’informativa il colonnello del Ros Michael Werner Senn e quello del Nas, Costantino Meloni — una depauperazione della Legge 376: è ragionevole pensare che proprio la persistenza dell’inevitabile conflitto di interessi tra “controllore” e “controllato” abbia almeno in parte agevolato le condotte investigate di doping sportivo».
Il cortocircuito alla base di quello che in molti chiamano “doping di stato”, materializzatosi proprio a ridosso delle olimpiadi di Londra del 2012 quando, scrive la Procura, «38 atleti o atlete avrebbero potuto essere squalificati per avendo accumulato almeno 3 missed test», cioè tre violazioni del regolamento che obbliga a informazioni tempestive sulla reperibilità. E invece il Coni ha fatto finta di non vedere: Galvan, Donati, Collio, Howe, Meucci, ci sono tutti.
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