MESSI IN RIGA - IER L’ARGENTINA HA CAPITO CHE LEO MESSI NON SARÀ MAI GRANDE COME MARADONA - DA QUANDO È MORTO TITO VILANOVA, IL SUO MENTORE, IL CAMPIONE DEL BARÇA È SMARRITO, SOFFRE, HA PERSO IL SUO TOCCO

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Emanuela Audisio per “La Repubblica

 

MESSIMESSI

Adios, pulce. Non gratti più, non irriti, non mangi corpi avversari. Vomiti in campo, piegato in due: hai conati, sputi mentre cammini, ti fermi, le mani sulle ginocchia, poi sul naso, spremi le narici per far uscire i liquidi, ti rimetti in piedi e ti asciughi la bava con la maglietta. Sei bianco come un cencio, anche il tuo sinistro è più fantasma di te. Cry for him, Argentina. Il male di vivere ti è piombato addosso e non se ne va. Sbagli gol facili, e spari al cielo anche l’ultima punizione.

 

Quella che una svolta squarciava le difese, e diventava arte. Eri una vertigine che ammaliava, un bambino che aveva voluto crescere, ora sei un uomo tramortito, e nessuno riesce a capire la tua malattia. Il Messi-Messia non c’è più. Il suo verbo sparisce. E’ il crepuscolo dell’ultimo dio rimasto in questo mondiale. Leo vomita in campo da più di un mese. Tensione, stanchezza, dolori? Per la prima volta quest’anno ad aprile ha visto la morte in faccia e sentito il respiro che si affievoliva, non era un libro, non era un film.

MESSI ARGENTINAMESSI ARGENTINA

 

Era il suo padre sportivo che se ne andava, Tito Vilanova, l’uomo che l’aveva visto arrivare ragazzo a Barcellona e che l’aveva cresciuto nelle giovanili. L’allenatore che gli aveva dato forze e fiducia, che l’aveva convinto a restare. Tito aveva un terribile cancro alla ghiandola parotide e non c’era più nulla da fare. A 46 anni sembrava un vecchio. Gracile e smagrito.

 

E Tito due giorni prima di morire aveva chiesto di voler parlare con un solo suo giocatore. Leo. Messi era andato a trovarlo per una cerimonia dell’addio privata e segreta. Non aveva pianto, perché a lui non riesce. Ma il giorno dei funerali, rannicchiato da una parte, era stato un fiume senza vergogna. Ora che era diventato papà di Thiago, perdeva il suo papà spagnolo. Quello che lo aveva protetto e che l’aveva fatto sentire a casa, lui così lontano dalla sua Argentina.
 

MESSI OLANDA ARGENTINAMESSI OLANDA ARGENTINA

Qualcosa in quel momento si è messo di traverso nella testa e nel cuore di Messi. Non è più stato lui, il sorriso birichino è scomparso, la gioia di dribblare pure. E come se avesse capito che la vita è carogna: ti regala amore, amicizie, abbracci e poi ti strappa tutto, quando vuole, decide lei supplementari e rigori. E allora non vale la pena di inventare,
inventare un futuro da profeta.

 

maradona dopo la sconfitta del brasilemaradona dopo la sconfitta del brasile

Dove fare la differenza a detta di tutti, di Maradona, di Kempes, dell’Argentina, di chi crede nella religione del calcio. Invece non ha mai messo paura. Non nella finale più importante, in quello che aveva predetto come il giorno più grande della sua vita. Se al generale Peron, da morto, avevano tagliato le mani, a Messi nella notte del Maracanà pareva avessero tagliato i piedi. Quando Schweinsteiger va ad abbracciarlo, non sembra nemmeno tanto disperato. Sta lì impalato, beve, si mette da una parte. Come se manco gli fregasse che in questa notte tedesca lui viene messo da una parte come oggetto smarrito e inutile.
 

Tito VillanovaTito Villanova

Era la sua ultima occasione per prendersi il mondo, per urlare a Maradona che la storia la fa il presente e non il passato obeso. Invece Leo è fermo lì, rimpicciolito da una malattia che non ha nome, da una ferita che continua a scavare dentro di lui e che gli toglie grandezza. C’era felicità nel suo essere un piccolo grande numero 10, con i piedi delicati, ma che sapevano tenere in equilibrio il mondo. La finale brasiliana toglie questa certezza.

 

Messi è da un’altra parte del campo, del calcio, in suo fuorigioco esistenziale. Ha 27 anni questa era la sua ultima possibilità per trovare un posto nel mondo e non solo nel grande Barcellona. Ne esce sconfitto. E’ stato premiato con il Pallone d’oro mondiale. Ne ha già quattro da mettere nelle stanza del figlio. Bravo fino a quando non arriva al mondiale, fino a quando il confronto diventa più ampio e più spietato. Poi molto polvere di stelle. Ora deve scendere dalla giostra. Questo era l’ultimo giro.